Ritratto
di un paese in terra di Lucania.
Questa Maratea quando se ne vanno gli yachts
di Mario Trufelli, in La
Discussione, anno X, 25 novembre 1963, pag. 15.
sottotitolo: Gli uomini guadagnano
poco; le donne cercano di accrescere le scarse risorse familiari intrecciando
corde vegetali per lattracco delle barche. Lavorano dallalba al tramonto; ma
i mercanti, approfittano della loro disorganizzazione, pagano 70 metri di corda
duecento lire.
Con le prime piogge di ottobre il paese torna ai suoi abitanti.
Ora cՏ poca gente in giro per le stradette anguste, dalle porte delle case si
affacciano le donne, e intorno non si sente che il chiasso dei bambini, le loro
voci. A vederlo cos, mentre appare quasi allimprovviso, dopo che la nazionale
si snodata a curve e giravolte, lasciando dietro di s una lunga teoria di
montagne, sembra un paese addormentato, calmissimo, chiuso nella sua quiete di
sempre.
Maratea un paese stupito dalla sua stessa
notoriet.
Siamo caduti come in un giuoco
da qualche anno a questa parte, e ancora non ci siamo abituati, dice un vecchio
insegnante, che ogni estate, con larrivo dei primi bagnanti, abbandona il
mare, il paese, e si rifugia in campagna, in una delle tante villette sparse
nella valle del Coccovello tra nudi spuntoni di
roccia. una maniera per difendersi da un clima di novit che a molti non congeniale, un modo come un altro per non scendere a patti
con una campagna pubblicitaria che in questi ultimi tempi ha portato il nome di
Maratea nelle agenzie turistiche e nelle redazioni dei giornali.
Maratea, per il momento, esso un paese come tanti,
angustiato da tutti quei problemi comuni a molti centri della Lucania: uno
degli impieghi dellattuale amministrazione comunale stato quello di costruire
o completare i servizi igienici nel centro abitato.
Per secoli il paese ha trovato nel mare lunica
strada per correre lavventura dellespatrio. Pi del sessanta per cento dei maratei ha valicato loceano: lAmerica del sud, in modo
particolare, ha conosciuto il sacrificio di questi abitanti, la loro nostalgia
tenace. Emigranti per vocazione, strapparono lacrime di commozione al vecchio Zanardelli,
che nel 1902, durante una visita in Basilicata, volle assistere alla partenza
di alcune famiglie, che andavano allestero.
La maggior parte degli emigranti, per, non ha resistito
a lungo fuori di casa; se qualcuno ha perso il vecchio indirizzo, tutti gli
altri lo hanno conservato gelosamente.
Siamo stati giocati dalla nostalgia – confessa un marinaio,
che negli ultimi quarantanni della sua vita ha girato il mondo a bordo di navi
mercantili. – Vede, io potevo restarmene a New York, che so, a Rio,
Buenos Aires dovunque sono andato ho avuto di che vivere discretamente: ma
ogni volta che mi mettevo a pensare che mi venivano i
dubbi, gli scrupoli. Sentivo che avrei potuto correre il mondo su di una
vecchia barca scassata per molti anni ancora, ma che quando si sarebbe avvicinato
il giorno di stendere le gambe, questo era meglio farlo qui, dove sono nato.
La morte qui forse qui anche pi semplice.
Molti hanno fatto come lui, sono tornati per
ritrovare lemozione di tante cose, badi votate, qualche
volta, per met della vita. I negozi, i bar, dei pochi ristoranti familiari che
si incontrano nel centro abitato e lungo la strada che
porta alla marina, sono la testimonianza di questo legame al paese, i
proprietari sono gente di qui che tornata dallestero con qualche soldo
guadagnato con molta fatica; un pretesto, in fondo, per finire in pace la
propria esistenza.
Facciamo parte anche noi del turismo locale, dice con orgoglio
bonario un grasso pizzaiolo che ha alzato linsegna del proprio esercizio nella
piazzuola del paese. Un turismo minore, certamente, che fa parte, pi che
altro, del colore locale; che non contrasta con quel gruppo di donne, ormai familiare
a chi frequenta le spiagge di Maratea, che sulle porte delle case, in faccia al
mare e assai di frequente di ricaccia i mariti sempre pi scoraggiati, con le
reti vuote, costruiscono con mani le fortissime lunghe funi di erba: un piccolo
commercio popolare che qui si tramanda da generazioni. Le corde vegetali, che
servono per la pesca delle cozze e per lattracco dei barconi, arrivano, di
qui, fino a La Spezia. Non esiste una vera e propria
organizzazione, con donna lavora per conto proprio; si alza con le primissime
luci dellalba, sale in montagna a raccogliere lerba, la batte a lungo per
ammorbidirla, poi comincia a intrecciarla. Lavora cos fino al tramonto. Non siamo riusciti a fare la cooperativa – si
rammarica Rosalia di Flora, che ha gi superato i sessanta anni –, adesso
avrei il mio libretto e la mia pensioncina. A lavorare cos, chi
pu, se ne approfitta.
Ne approfittano i mercanti che acquistano i rotoli
di corda a prezzi irrisori e li spediscono con pochi contratti, alle
cooperative di pescatori nelle varie citt di mare. Passano ogni sera a
ritirare la merce. Sessanta metri di corda, secondo un baratto nel quale la
volont delle fornitrici condizionata dal bisogno di vendere, vengono pagati duecento lire: la libbanara,
la donna che li ha intrecciati, vi ha lavorato pi di tre ore.
Il turismo ad alto livello, riservato a pochi, che
si sviluppa tra Santa Venere e Sapri, non ha toccato per nulla questo mondo
malinconico, angustiato ancora da vecchi problemi. Gli yacht, che battono
bandiere nobiliari, si fermano al largo, tra unacqua limpidissima, spiati da
lontano dai ragazzi che affollano la riva, dai castelli diroccati e dalle
torrette saracene, che guardano la costa da secoli. Maratea entrata un poco
nel mito per il suo mare, per le grotte conservano, intatto, il fascino di vicende
leggendarie: come se davvero tra uninsenatura e laltra si possono ancora scoprire
i rottami di qualche vascello corsaro, o trovare resti di bivacchi saraceni.
Possiede unorrida bellezza laspra gola dove sfocia
il canale Mezzanotte, magnifica e la veduta della precipite e tormentata parete
delle Grive, suggestiva la spiaggetta di
Fiumicello: e Punta Cina, tutta protesa sul mare
aperto con torre cinquecentesca di pini e le rocce, e ancora solitaria,
selvaggia.
Sono le cose che restano a farci compagnia quando lestate ci
muore intorno, quando il sole ci lascia a novembre, dice, con un pizzico dironia,
il vecchio insegnante. Per tre mesi allanno, da novembre
a tutto gennaio, Maratea, che situata fra due monti altissimi, non vede la faccia
di sole.
Ed questo un motivo di pettegolezzo scherzoso da
parte degli abitanti dei paesi vicini, che si tramandano
il detto: paese senza sole, donne senza amore. Eppure, questo nascondersi
alla luce di feste il paese nei tempi in cui, in queste zone, infestavano i
saraceni.
E tra i saraceni abbiamo ereditato la passione per
il mare, il gusto per lignoto, commenta il vecchio insegnante, che ricorda ancora
i tempi quando il vapore si fermava al largo per
rilevare gli emigranti, che fuggivano dalla povert, dalla cultura, nella
speranza del meglio.
Maratea 25 novembre 1963 |
Mario Trufelli |