Storia de ÒUna luce dal mareÓ.
Una luce dal mare torna in scena! Lo spettacolo itinerante/trekking culturale nato
allĠinterno di un progetto del Servizio Civile presso il Comune di Maratea del
2018 verr ripreso nei giorni di sabato 11 e 18
settembre prossimi.
Il sabato precedente, 4 settembre,
lĠattrice Giulia Maestri reciter il testo dello spettacolo, da lei stessa
scritto, in un reading pensato per coloro che non potranno
affrontare la lunga escursione. Venerd
3, invece, Francesco Fontana
presenter insieme allĠoriginale gruppo di rievocatori la ripresa del progetto
al Giardino delle Arti presso lĠex convento dei
Cappuccini.
LĠidea di rievocare lĠarrivo
leggendario delle reliquie di S. Biagio a Maratea non nuova. Effettivamente, gi il far sbarcare
la statua dĠargento del santo al Porto altro non che
una forma (neppure troppo) celata di tale rievocazione. La prima volta avvenne sabato 5 maggio 1979, primo giorno della prima festa di maggio con il nuovo simulacro, quello
realizzato da Romano Vio. LĠevento stato ripetuto
nel 1982 e nel 2009.
Non stupisce
che questa prima forma di rievocazione coinvolse la statua dĠargento del santo.
Ho scritto nel mio libro Divo Blasio (acquistabile su Amazon) come la statua abbia
presto assunto un ruolo equivalente alle Sacre Reliquie nei riti di culto
marateoti.
Poco meno di ventĠanni dopo – almeno per quel che ne so
– prese per la prima volta corpo lĠidea di teatralizzare quella leggenda
che, almeno dagli ultimi anni del XVII secolo, si tramanda
in Maratea. Francesco Sisinni, sindaco dal 1995 al
1997, ne accenna brevemente nelle sue memorie, edite questĠanno,
dal titolo Et in Arcadia ego. Io devo
quel poco che so della cosa allĠamico Gaetano
Cauteruccio, scomparso nel 2019. Ogni tanto mi raccontava di quando gli era stato
proposto dal sindaco Sisinni di ricreare la scena
dellĠarrivo delle reliquie a Santo Janni (con
tanto di nave!) e il trasporto del sacro tesoro fino al monte San Biagio. Ma, mi diceva sempre Gaetano, lui declin gentilmente
lĠinvito, non sentendosela di farsi carico di un progetto cos maestoso.
LĠidea rest nellĠaria di Maratea
negli anni successivi.
Come un virus (questo per benefico) attese gli ospiti giusti
dove replicarsi e diffondersi. Li trov nei
ragazzi del Servizio Civile del 2018 presso il Comune di Maratea. I giovani Arianna Cantisano, Silvia Carlomagno,
Edda Chiappetta, Giulia Maestri, Francesco Monterosso
e Martina Napoli, coordinati e guidati dal tutor di progetto ing. Angelo Licasale,
idearono e realizzarono la prima
edizione de Una luce dal mare,
andata in scena il 6 maggio 2018.
Purtroppo non
potetti esser presente a quella rappresentazione. Ero impegnato con un mio
spettacolo, Spoiler!, che nel luglio di quello stesso
anno portai in scena anche a Maratea. Ma cercai di
seguire tutto lo svolgimento dellĠevento attraverso i vari canali che la
tecnologia ormai ci offre. In particolare, da allora vidi e rividi pi volte il
lunghissimo video che Mario Lamboglia, direttore de LĠEco di Basilicata, realizz per la sua
testata.
La drammaturgia scritta da Giulia
Maestri non ha la pretesa di essere una fedele riproposizione storica. N potrebbe averla: la storia della traslazione delle reliquie di San Biagio che ci stata raccontata dai nostri padri
e nonni, infatti, una leggenda. E nonostante
si dica che Òle leggende sono le storie
dei tempi che non hanno StoriaÓ, solo uno storico tremendamente ingenuo si
fiderebbe ciecamente di una leggenda!
Il racconto della nave che
trasbordava le reliquie del santo armeno verso
lĠItalia e che si
ferm, misteriosamente e sovrumanamente, lungo la costa di Maratea, lasciando
qui il sacro tesoro, esiste almeno dalla
fine del XVII secolo. Se ne trova traccia nellĠatto di istituzione
della moderna festa di maggio, scritto nel 1695.
Paolo DĠAlitti (1676-1728), sacerdote e primo storico di Maratea di
cui abbiamo traccia, nel suo libro Della
vita e del martirio di S. Biagio (edito nel 1729) racconta di Çcome una nave,
la quale conducea [sic] la cassa con dentro il sacro tesoro, passando a vista dĠessa Citt [di
Maratea] coĠl mare in calma, e lĠaria serena, da incognita remora
si conobbe trattenuta, o pure perch turbandosi di repente il mare, non dava
luogo a partirsi tentarono pi volte, ed in varie maniere i Nocchieri, e
Marinari di proseguir il viaggio; ma riuscite inutili le prove tutte, perdendo
invano il tempo, n sapendo assegnar ragione
naturale, ricorsero a quella sopra naturale; onde devotamente prendendo il
corpo del Santo, lo deposero in terra. Appena ci eseguito, si vidde [sic] la
nave libera dalle catene, e veloce a proseguir il cammino. Tentarono di
riprendersi nuovamente la cassa, e di nuovo si vidde
immobile la nave, o pure di nuovo si conturb il mare. Conoscendo dunque la
volont del Santo, la riposero in terra, consegnandola aĠ
Cittadini di Maratea. Erano questi accorsi al lido dirimpetto alla nave spinti
dĠaver di notte visto da quella uscir una luce, che tuttĠil
convicino [sic] illuminava, onde accorti per domandarne, intesso da
i Naviganti quanto successo, e lieti di tal nuova, presero il Venerabile
deposito e lo condussero nella padria [sic]È.
Questa
quasi del tutto simile alla storia giunta sino a noi. Ma
cĠ un dettaglio non trascurabile che la differenzia: DĠAlitti non specifica in che punto della
costiera di Maratea si fosse fermata la nave.
Solo sessantĠanni dopo, un altro sacerdote, Domenico Lebotti (1729-1797), avrebbe scritto una pi ricca versione
in cui lĠevento dello sbarco collocato
sullĠisola di Santo Janni.
Da allora lĠisola diventata uno dei
due cardini fondamentali della leggenda. LĠaltro, ovviamente, era e rimase la
cima del monte, dove sorgeva la vecchia Maratea Castello. Dal 1932, poi, sullĠisola svetta una
croce, posta nel luogo dove successive superfetazioni
della leggenda collocavano il primo lembo di terra marateota toccata dalla
cassa con le reliquie.
Ecco quindi che sul finire del XVIII
secolo i punti di arrivo e di partenza del nostro viaggio sono ormai fissati.
Arriv poi il momento di collocare in
unĠepoca precisa la traslazione. Ci avrebbe pensato Carmine
Iannini (1774-1835), anchĠegli sacerdote. Con
lungo e astruso calcolo, egli vede
nellĠanno 732 il pi probabile momento dellĠarrivo delle reliquie di San Biagio dallĠOriente a Maratea. La data sarebbe diventata canonica ed entrata nella leggenda grazie a Gennaro
Buraglia (1831-1921), che negli
oltre sessantĠanni della sua cura del santuario la impose ai fedeli come la data certa e sicura della traslazione.
Sino alla met del XX secolo, la
leggenda aveva tre grandi protagonisti: le reliquie, i marateoti e gli armeni.
Dal racconto
di Iannini in avanti, si specificava che a
trasportare le reliquie blasiane da Sebaste sarebbero stati dei cristiani armeni fuggiti alle
persecuzioni iconoclaste. Alcuni di loro sarebbero rimasti a Maratea e dato origine alle famiglie di cognome Armeno e Armenia prima e
poi Marini-DĠArmenia.
Una lapide ottocentesca nella basilica al Castello ricorda questo fatto
leggendario.
Dalla fine del secolo scorso, invece,
qualcosa cambiato. Agli armeni sono
succeduti dei nuovi protagonisti: i monaci basiliani.
I monaci basiliani sono entrati nel patrimonio dĠidee della storiografia
locale grazie alle opere di Jos M. Cernicchiaro (1949-2010). Questi nel 1988 fece propri alcuni spunti delle ricerche di Biagio Cappelli
(1900-1991) e, soprattutto, lĠinterpretazione di queste data dal ricercatore
Orazio Campagna. Nel 1956 il Cappelli pubblic un importante studio, nel quale
sosteneva che localizzazione del Mercurion (una regione monastica in epoca bizantina) non
andasse cercata, come fino ad allora avveniva, nella
Calabria meridionale, ma in prossimit del corso del fiume Mercure-Lao.
In un lavoro successivo, lo studioso provava a definirne i confini, indicando
come limiti la cittadina di Morano Calabro a sud e Maratea a nord.
Gli elementi
forniti da Cappelli furono utilizzati da Campagna, nel 1982, per riscrivere la
storia dei paesi tra Palinuro e Bonifati inserendovi lĠelemento ÒbasilianoÓ come preponderate e
fondamentale.
Da questo
guazzabuglio di libri, opuscoli, citazioni e rimandi (a dire il vero piuttosto
confusi), i basiliani divennero un appoggio percepito pi realistico degli armeni su cui appoggiare il probabile
fondo di veridicit della leggenda.
Il tutto, per, si basa su due grandi
malintesi: il primo
, come detto, che la leggenda e rimane una leggenda;
il secondo, quasi tragicomico, che allĠepoca delle lotte iconoclaste i monaci
basiliani non esistevano: nel mondo
bizantino non esistevano ordini monastici, i basiliani sono unĠinvenzione della cancelleria di papa Innocenzo
IIIÉ!
Tuttavia estremamente probabile che quello che oggi il territorio di Maratea nellĠalto medioevo fosse abitato da eremiti di cultura italo-greca. E sono proprio questi i personaggi attraverso cui ci muoveremo, con Aram, il nostro protagonista, nel lungo spettacolo dellĠ11 e 18 settembre. Chiss, magari tra quarantĠanni ci sar anche questo personaggio nella leggenda che racconteremo ai nostri nipotiÉ!
Maratea 1
settembre 2021
Luca Luongo