Sotto la chiesa il tempio crepa, sopra la chiesa il tempio campa

 

 

Luca Luongo

 

Tutti gli appassionati di storia locale hanno sentito dire che la chiesa di S. Biagio sarebbe sorta su un tempio pagano dedicato a Minerva. Addirittura, la montagna si sarebbe chiamata, nell'antichit, Monte Minerva. Com' nata tradizione?

La Basilica negli anni '30

La tradizione della "Dea del Mare".

Prima di approfondire la questione del tempio, dobbiamo fare una premessa. Per comprendere il contesto, dobbiamo ricordare che, almeno a partire dalla fine del Seicento, gli scrittori marateoti diedero avvio alla tradizione storiografica secondo cui Maratea sarebbe nata all'epoca della colonizzazione della Magna Grecia.

La prima traccia di questa tradizione si trova in un'opera teatrale. Si intitolava Il Trionfo della Fede o il Martirio di S. Biase, scritto alla fine del XVII o allinizio del XVIII secolo da un poeta marateota di cui non stato perpetrato il nome. Dellopera sopravvivono solo dodici versi della quattordicesima scena del primo atto, trascritti nel 1723 dal parroco Gaetano Ventapane (1695-1745). Dicevano:

Dallantica Citt di Velia distrutta / Poche leghe distante in Riva al Mare Ove al Settentrione termina il Lido / La Calabria felice / Erge sassaso Monte altero il Capo / Quasi toccar col Sole, cui rendombra / Prima tra glaltri che le stanno in giro / Coronata di mura ha la cervice / Che fan mobilitade in cui primate / Par che le baci e che ladori / Onde sembrando ella / la Dea del Mare, Maradea sappella.

Il Monte San Biagio Visto dal mare

Possiamo perdonare lingenuit etimologica allanonimo drammaturgo che, in forza della licenza poetica, ha potuto non dirci quale fosse il popolo che battezzasse il proprio paese con un nome met in una lingua e met in unaltra.

La fortuna della tradizione.

Oggi gli storici sono portati ad escludere che la comunit e la personalit urbana di Maratea siano nate nell'evo antico. Le ricerche archeologiche condotte sinora sul nostro territorio portano a pensare che l'area insediata, nell'antichit, fosse la costa. Sulla cima del monte le tracce concrete di vita iniziarono solo nel IX o X secolo, all'epoca, cio, della riconquista bizantina.

Ma la derivazione, seppure parziale, del nome di Maratea dal greco piacque molto ai marateoti colti del Settecento. Giustificava la pretesa di antichit comune a tutte le cittadine del Mezzogiorno, i cui eruditi si inerpicavano nei pi svariati voli pindarici per raccontare come il loro paesello nascesse allepoca della Magna Grecia.

La Basilica vista dall'alto

La filiazione di Maratea da Velia, per, non ebbe successo. Forse ai marateoti colti del Settecento di-spiaceva lidea che la loro fosse la figlia duna citt pi antica.

Ecco allora arrivare Paolo dAlitti (1676-1728) un dottore con il pallino della storia. Dalla sua penna usc il primo libro (o, quantomeno, il pi antico giunto sino a noi) sulla storia di Maratea.

La sua origine, e fondazione incerta – scrisse in questo libro – ma per congetture devesi giudicare antichissima; non essendo credibile, chil suo vasto tenimento fosse stato disabitato, e deserto; tanto pi essendo marittimo.

Maratea figlia dei (primi) Greci.

A prima vista, il ragionamento non fa una piega. Ma il dottor DAlitti doveva spiegare perch i fondatori di Maratea scelsero di posizionarla sulla cima dun monte e non, come tutte le antiche citt della Magna Grecia, in riva al mare.

Chi erano costoro? Perch scelsero quel sito? DAlitti diede questa risposta:
Non poterono esser altri, che gli Enotrii, i quali furono i primi Greci, che dallArcadia vennero in Italia, dicessette et prima della guerra Troiana, impadronendosi di questi paesi, ove abitavan gli Ausonii; e tutto ci perch gli Enotrii, secondo il loro costume, edificavan le Citt in luoghi alti per loro sicurezza, e bont dellaere; ed in talmodo edificarono Maratea su leminenza del Monte.

I profani potrebbero apprezzare lingenua fantasia di DAlitti che, da buon figlio del suo tempo, datava lantichit sulla base dei poemi omerici. Ma i conoscitori della storiografia antica avranno riconosciuto il testo da cui DAlitti attinse: era il libro II delle ωμαϊκ ρχαιολογία (Antiquitates Romanae) di Dionigi di Alicarnasso, testo molto in voga alla sua epoca.

In ogni caso, questa versione dellorigine dellantica Maratea Castello fin col diventare tradizionale. Tutti gli storici locali successivi, fino a tempi recentissimi, la fecero propria.

La Basilica - Anno 2023

Il monte Minerva.

La lunga premessa assolutamente necessaria per comprendere come la tradizione del tempio di Minerva sia nata e abbia potuto prosperare.

Lorigine precisa di questa tradizione non chiara. Il primo accenno pare trovarsi nellIstoria generale del reame di Napoli scritta da Placido Troyli (1688-1757) e pubblicata nel 1749.

Qui detto che il monte su cui giaceva Maratea Castello era un tempo consegrato a Minerva. Questantica dedicazione del monte non si trova per in alcuno dei lavori composto da scrittori marateoti nello stesso secolo. Solo nellOttocento il parroco Iannini riport anchegli che la montagna fosse un tempo dedicato alla Favolosa Dea Minerva.

Non possibile capire se Troyli riport una tradizione gi circolante in Maratea o se piuttosto fu Iannini, che aveva certamente letto lIstoria (la cita nel suo manoscritto), a inserire nella storiografia locale questo elemento, che Troyli deriv da chiss dove.

La Basilica

Il tempio di Minerva.

Un dato per emerge con chiarezza. Come avranno notato i lettori pi attenti, nessuno dei due autori sopracitati leg il nome della montagna alla presenza di un tempio pagano.

Il tempio di Minerva apparve per la prima volta in un volume pubblicato nel 1954 e scritto dal parroco Domenico Damiano (1891-1969).

Collandare del tempo – scrive questo autore – con la trionfale avanzata del Cristianesimo, col progredire della Fede e dellarte, il sunnominato tempio di Minerva, rimasto gi da anni come un gigante condannato allisolamento, al silenzio e al disfacimento, fece sorgere lidea di una rinascita, ma sotto unaltra insegna: sotto il vessillo della Redenzione! La Croce di Cristo gi da sei secoli in marcia per il mondo, elevata sugli altari e sulle torri, doveva scintillare anche sulla vetta di questo Monte, sugli avanzi di quel tempio che da pagano diventava cristiano.

Damiano quindi anche il primo ad affermare che lantica struttura fu poi riadattata a chiesa cristiana e che proprio questa divenne lodierno santuario di S. Biagio.

Un incredibile caso.

A prima vista sembrerebbe di trovarci davanti a un esempio di mito stratificato, scaturito nel solco di quella moda storiografica, affermatasi a partire dalla fine del XVII secolo, che riconduceva ogni antichit paesana allepoca classica o magnogreca e completatosi in tempi molto pi recenti, grazie alla bella prosa di un sacerdote che, con un po di fantasia, trasformava la storia dellorigine del santuario nellennesimo esempio della vittoria del Cristianesimo sul paganesimo.

Eppure, le cose potrebbero essere pi complesse e, dal punto di vista della ricerca, ben pi interessanti di cos.

Secondo gli archeologi, la presenza di un tempio antico sulla cima del monte San Biagio potrebbe essere non solo possibile ma addirittura probabile, poich spesso che i templi costieri venivano costruiti sulla sommit di monti la cui sagoma costituiva un preciso punto di rifermento per i naviganti. E non cՏ solo questo ragionamento a supporto di questa probabilit: nelle vicinanze del santuario, e precisamente durante il restauro dei bastioni superstiti di Maratea Castello, furono rinvenute due monete romane.

Il monte San Biagio

Ovviamente pochi rinvenimenti sporadici non dimostrano alcunch riguardo alla presenza di un tempio sulla cima del monte. Ma, tenendo presente questi ritrovamenti, acquista ancor pi interesse un passaggio dellarticolo di Antonio Barolini apparso sul Corriere della Sera nel 1968. Il giornalista, che visit la basilica durante i lavori di restauro di quegli anni, a fianco duna intervista al parroco Damiano scrisse che sotto lattuale tempio di San Biagio esistono una necropoli cristiana con chiesa di culto (probabilmente del secondo o terzo secolo) e i resti di un antecedente tempio pagano, dedicato a Minerva.

Strano ma vero, questa testimonianza stata finora completamente ignorata dagli studiosi locali. Senza dubbio ci stato dovuto alla difficolt di recuperare la fonte giornalistica.

Va da s che se quanto affermato fosse vero, si tratterebbe di una tra le pi importanti scoperte sulla storia dello sviluppo del Cristianesimo sul territorio di Maratea e nel golfo di Policastro. Ciononostante, per quanto affascinanti le parole Barolini non bastano a certificare, al di sopra dogni dubbio, la reale esistenza del tempio di Minerva. Il giornalista potrebbe aver semplicemente interpretato male le parole del Damiano o averle riportate in maniera fuorviante.

Resta il fatto che la cima del monte finora non stata oggetto di scavi sistematici, nonostante la sua indubbia valenza archeologica. Soltanto con moderni studi condotti sul campo potremo arrivare a una conclusione inequivocabile sulla questione.

Maratea 24 maggio 2023

Luca Luongo

 

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