Premessa.
La domanda di Marchesini.
Un
mesetto fa circa – e mi scuso per il ritardo – Gian Carlo
Marchesini, amico di Maratea e spesso presente su questo sito con le sue Pillole, leggendo lĠestratto qui
condiviso del mio lavoro Divo Blasio si chiedeva come mai Maratea abbia costruito la
sua identit storica su un personaggio come Biagio di Sebaste
e non su uno come Nitti. Pi genericamente, la domanda che Marchesini si poneva
era: Çchi decide la natura, la storia,
lĠidentit di una comunit?È.
La
risposta pi semplice, ma al tempo stesso pi completa,
che la Storia a disegnare
lĠidentit di una comunit. Identit che e resta perennemente una
rappresentazione: cio non una serie di caratteri reali che distinguono una
persona da unĠaltra diversa per lo specioso motivo dĠesser nata in un altro
luogo del mondo, ma unĠastrazione in cui un uomo, quale membro di un gruppo
sociale, si riconosce in un determinato (per quanto lungo) periodo della vita.
Tale astrazione viene disegnata in base al sentire e al giusto dellĠepoca.
Il
legame tra Maratea e S. Biagio, cos come lo conosciamo ora, si cementato alla fine del XVII secolo, la stessa epoca della
formazione della nobilt del paese. Come suggerivo nel cap. V del lavoro (non
compreso nellĠestratto presente su questo sito), probabilmente furono gli
stessi nobili a creare la festa di maggio cos come sĠ conservata negli ultimi
325 anni. La storia dellĠarrivo delle reliquie del santo a Maratea ha sopperito
alla mancanza di un vero e proprio mito fondativo della
comunit perch, per il sentire dellĠepoca, il fatto che un santo la scegliesse
come luogo del suo eterno riposo e mistico ufficio nobilitava in maniera
irreversibile la terra marateota agli occhi del mondo cristiano (lĠunico civile
per la cultura del secolo). E lĠessere il santo gi morto allĠepoca di tale
scelta non faceva che sottrarre lĠevento a qualunque banale logica mondana.
La
permanenza novecentesca di Francesco Saverio Nitti, seppure statista e
meridionalista di primissimo piano, non pu neppure essere paragonata, fosse
non altro perch il valore di Nitti, a differenza di qualunque santo, non pu
appoggiarsi al background di valori
di unĠistituzione radicatissima come la Chiesa Cattolica.
Attualit e limiti del
meridionalismo di Francesco Saverio Nitti.
Francesco
Saverio Nitti (1868-1953) non stato semplicemente un paffutello uomo politico
di Melfi che un giorno compr casa ad Acquafredda. Fu il padre del
meridionalismo scientifico e una delle migliori menti di questa Nazione.
La lettera a Roux.
Riassumere
il pensiero meridionalista di Francesco Saverio Nitti richiederebbe lĠattenta
lettura di una imponente mole di scritti e dati raccolti se lo statista
melfitano non avesse riassunto le sue riflessioni in un solo breve e incisivo
testo.
Si
tratta di una lettera destinata al suo editore, composta il 15 aprile 1900,
posta a moĠ di introduzione a uno dei suoi libri.
Prima dellĠUnit.
Nitti
non pose mai in dubbio il valore morale e materiale dellĠUnit nazionale. ÇLĠItalia dal 1860 ad oggi ha compiuto
progressi meravigliosi: nessun paese forse ne ha compiuti tanti nello stesso
periodo [...] Dal 1860 ad oggi lĠItalia
e cresciuta del 44,40% per popolazione; ma la ricchezza generale si e forse
triplicata. Non avevamo nulla e abbiamo dovuto fare tutto. Abbiamo ricostruito
oltre 13 mila chilometri di ferrovie, una grandissima rete di strade; abbiamo
creato un esercito e una marina, che, se non ci hanno dato la vittoria militare,
hanno almeno contribuito potentemente a cementare lĠunit e non ci fanno essere
isolati e indifesi nel mondo. Prima del 1860 non era quasi traccia di grande
industria in tutta la penisola. La Lombardia, ora cos fiera delle sue
industrie, non aveva quasi che lĠagricoltura; il Piemonte era un paese agricolo
e parsimonioso, almeno nelle abitudini dei suoi cittadini. LĠItalia centrale, lĠItalia
meridionale e la Sicilia erano in condizioni di sviluppo economico assai
modesto. Vi erano intere province, intere regioni, quasi chiuse a ogni civilt.
LĠItalia nuova ha dato 50 mila scuole elementari e 1.000 scuole secondarie a,
un paese in cui il popolo era a un livello intellettuale bassissimo [...]. LĠItalia lĠunico paese che nella storia
della civilt dia lĠesempio di una vera resurrezione, dopo una servit e una
decadenza di secoli. La Grecia, la Spagna non han saputo risorgereÈ.
Queste
parole bastano a dissipare ogni accostamento tra Nitti e il revisionismo
risorgimentale, men che mai quello che oggi si accompagna collĠaggettivo
neoborbonico. Anzi, fu lo stesso Nitti a mettere in guardia contro simili
derive: Çnoi, che siamo nati dopo quel tempo, non ricordiamo quanto poco
valessero quelle cose che ora con troppa leggerezza si esaltano. Il solo male
vero che ha lĠItalia odierna la poca fiducia in s stessa: poich ella
ingrandisce a torto il passato e non vede con serenit il presenteÈ.
Il Mezzogiorno dopo lĠUnit.
Ben
diverso fu il giudizio di Nitti sulle politiche del nuovo Stato unitario nei
confronti del Mezzogiorno.
A
suo parere, ÇlĠunit
dĠItalia non poteva esser fatta se non con il sacrifizio
di alcune regioni, soprattutto del Mezzogiorno continentale. Questa grande
zona, mentre, allĠatto della costituzione del Regno, portava minori debiti e
pi grande ricchezza pubblica, dalla sua situazione geografica era messa alla
pi grande distanza dal confine. La conformazione dellĠItalia – che non
ha riscontro in nessun paese dĠ Europa – determinava, in un primo
periodo, grandissimo esodo di ricchezza dal Sud al Nord.
LĠItalia del Sud era il reame, il
reame per eccellenza come dicevano gli storici: lĠItalia del Nord era divisa in
molti Stati e ognuno di essi avea istituzioni
proprie. Queste ultime furono conservate con cura; e quando erano meschineĠ
furono ingrandite. Il Sud perd il suo esercito, la sua burocrazia innumerevole
e povera: e vide in pochi anni, quando la ricchezza non era cresciuta, crescere
smisuratamente le imposte.
Tutto stato fatto senza
malevolenza; stato effetto, anzi, di necessit.
Il confine spostato potea permettere che, come nel 1859, fossero nel Sud quasi
100 mila soldati?
I bisogni imperiosi degli anni che
seguirono il 1860 rendevano necessario aumentare lĠentrata. Si poteva adottare
il regime fiscale di Napoli, cosi blando e cos disadatto, a un paese in
trasformazione?
La burocrazia meridionale era
borbonica: si potea non licenziarla quasi in massa?
La unit era da compiere e le
guerre dovevano farsi al Nord.
Come non provvedere la Lombardia,
il Piemonte, la Liguria, il Veneto di strade, di ferrovie, di forti? Dinanzi
alla necessit suprema della difesa non possibile discutere.
Vi era differenza nei debiti
pubblici, differenza grande nei patrimoni di ogni Stato; ma nel momento dellĠentusiasmo,
nella gioia del sogno realizzate non era strane fare i conti?
Quando i capitali si sono
raggruppati al Nord, stato possibile tentare la trasformazione industriale.
Il movimento protezionista ha fatto il resto, e due terzi dĠItalia hanno per
dieci anni almeno funzionato come mercato di consumo.
Ora lĠindustria si formata, e la
Lombardia, la Liguria e il Piemonte potranno anche, fra breve, non ricordare le
ragioni prime della loro presente prosperitÈ.
Tra
lĠaltro, Nitti si dedic a uno studio certosino - seppure tuttĠora ci manchino
le esatte fonti da cui attinse i dati - sulla spesa pubblica dei primi anni del
Regno dĠItalia, da cui dimostr che, contrariamente a quanto si pensava alla
sua epoca, lo Stato avesse speso di pi al Sud. Uno di questi dati, quello
riguardo il patrimonio degli Stati preunitari, stato reso celebre da un
malinteso montato dal revisionismo: ne ho parlato in un altro articolo.
Ma
Nitti non ritenne che ci fosse avvenuto per attuazione di un disegno o
progetto politico del Nord ai danni del Sud, n, tantomeno, a causa di unĠinferiorit
di razza (oggi si direbbe: di mentalit) degli stessi meridionali: ÇsenzĠombra dĠ ironia
– non il caso, n io vorrei – il Nord non ha colpa in tutte ci:
la sperequazione presente che ha messe a cos diverse livelle regioni delle
stesse paese, stata frutto di condizioni pelitiche e storiche.
Ma il Nord dĠItalia ha gi
dimenticato: ha peccato anche di orgoglio. I miliardi che il Sud ha dati, non
ricorda pi: i sacrifizi compiuti non vede.
Qualche autore ha detto perfino che
in Italia vi sono razze superiori e razze inferiori. I meridionali appartengono
piuttosto a questĠultima categoria. Esiste una scienza, anzi una mezza scienza,
che prevede senza difficolt lĠavvenire dei popoli e che sa dire chi sia capace
di progredire e chi non. Questa mezza scienza si diletta a dire che i
meridionali sono un ostacolo a ogni progresso; che persino ogni reazione viene
dal Mezzogiorno.
Ora bene che la verit sia
detta: essa render lĠItalia settentrionale mono orgogliosa e lĠItalia, meridionale
pi fidente.
Quando si sapr ci che questĠultima
ha date e quante ha sacrificate, sia pure senza volere e senza sapere, la
causa, dellĠunit avr molto guadagnatoÈ.
La
dualit economica italiana, quindi, per Nitti quella che propriamente si dice
un prodotto storico: la conseguenza di una serie di eventi che al loro accadere
non davano alcun segno, in tutto o in gran parte,
delle loro implicazioni ed effetti.
La politica nel Mezzogiorno.
Tantomeno
potevano provvedere il futuro i politici meridionali.
Su di essi il giudizio di Nitti impietoso: Çpresi individualmente spesso
valgono moltissimo; insieme, pocoÈ.
ÇLĠItalia meridionale - scrisse ancora -
unitasi incondizionatamente, era a un livello intellettuale molto pi basso
della Toscana e di tutte le regioni dellĠItalia settentrionale. A causa di un
dominio secolare si notava allora, si nota, tuttavia, un grande contrasto tra
la morale pubblica e la morale privata. QuestĠultima, soprattutto dal punto di
vista, familiare, pi elevata, in generale, che in qualsiasi altra terra dĠItalia.
La prima era – e chi pu negare che spesso sia? – molto scadente. I
governi assoluti avevano proibito quasi ai cittadini di occuparsi di politica:
e spesso la politica voleva dire corruzione o sopraffazione.
é innegabile che politicamente i
meridionali hanno rappresentato un elemento di disordine. Le loro
amministrazioni locali vanno, dĠordinario, male; i loro uomini politici non si
occupano, nel maggior numero, che di partiti locali. Un trattato di commercio
ha quasi sempre per essi meno importanza. Che non la permanenza di un delegate
di pubblica sicurezza. Concordi nel chiedere una legge speciale, un sussidio,
sovvenzioni per danneggiati politici spesso immaginari, sono discordi in ogni
grande opera collettiva [...]
Politicamente lĠItalia meridionale assente. é stata troppo conservatrice, n
liberale, n radicale: apolitica. é stata troppo tormentata, ha troppo dato,
ha troppo sofferto. Vorrebbe avere un poĠ di equilibrio e di assetto; la
possibilit di respirare e di vivere.
Nel 1860, soprattutto dopo il
1876, lĠItalia meridionale stata considerata il paese destinato a formare le
maggioranze ministeriali. I prefetti quasi non hanno altra funzione che di fare
le elezioni. Un ex-ministro raccontava alla Camera, avergli un prefetto
dichiarato essere arbitro delle elezioni, poich poteva mandare tutti i sindaci
della sua provincia in carcere.
Si speculato da ogni partito
sullĠignoranza e sul dolore. Dove bisognava tagliare il male, si e incrudito.
Intere regioni sono state abbandonate a clientele infami.
Cos il paese meridionale, che ha
visto seguire in politica, in dogana, in finanza, in amministrazione lĠindirizzo
pi opposto ai suoi interessi, e diventato scettico. Pur di non pagare met
dellĠimposta fondiaria, rinunzierebbe a met dello Statuto. Si considera il
Mezzogiorno come una Vandea legittimista, come il baluardo delle istituzioni; e
invece non e n fedele, n infedele, indifferente. I Borboni erano molto
amati dal popolo, che essi volevano ignorante e felice: lĠanno prima che
andassero via, facevano viaggi trionfali. E pure perdettero il regno da un
giorno allĠaltro. I paesi che non fanno politica, sono i pi rivoluzionari: gli
odi covati nel silenzio, le dominazioni cieche, son quanto di pi
rivoluzionario si possa immaginareÈ.
Per,
Nitti non cade neppure in semplificazioni. Non esistono baroni cattivi che
ostacolavano (e ostacolano) consapevolmente lo sviluppo delle regioni
meridionali. Anzi, Çi proprietari del Sud
[sono] costretti spesso a fare una vita
che gli operai di Milano non accetterebberoÈ.
Assodato
che lĠItalia tutta un Paese naturalmente povero (e qui Nitti risent del
pensiero di Fortunato), neppure si poteva dire che i meridionali fossero pigri
e indolenti.
ÇIo sono nato nella Basilicata, nella pi
povera terra del Mezzogiorno, e il ricordo di essa, pure nella lontananza, mi
nellĠanimo. Gli abitanti di quella regione sono ritenuti abili, poich alcuni
di essi sono stati prefetti, altri ministri: si dicea
che molto avessero avuto dallo Stato. Ma tutte le volte che ho traversata
questa terra, triste, solenne, povera, io mi son chiesto: in che cosa ella
stata abile? Questa parola, che una lode e unĠoffesa, questa parola, che si
pronunzia con stima e con diffidenza, in che cosa ha meritato? Avevo sentito
dire in Lombardia che i meridionali non pagano, e negli occhi e nel cuore ho
ancora lĠimmagine di centinaia di famiglie discacciate dalla terra, perch non avean potuto pagare le imposte; avevo sentito dire che non
lavorano, e le povere plebi rurali avevo visto lavorare fino allĠesaurimento,
come in nessun luogo del mondo; avevo sentito dire che esiste una borghesia che
nasconde i risparmi, e non vedevo che debitori insolventi, persone le quali si
raccomandavano alle banche e ai pochi ricchi per non essere espropriate. Mi
avevano detto infine che i figli della borghesia avessero invaso le
amministrazioni pubbliche: e pur nellĠesercito io ne ho trovato meno che non ne
diano quelle regioni le quali odiano il militarismoÈ.
Il limite di fondo del pensiero
nittiano.
La
via additata da Nitti per uscire da questo circolo vizioso fu lo sviluppo
industriale, cio quello che nei suoi anni stava trasformando lĠItalia
settentrionale, oltrech un nuovo posto del Mezzogiorno nella coscienza
politica nazionale: Çquando nellĠItalia
meridionale non saranno mandati i peggiori funzionari, ma i migliori perch lĠopera
loro pi difficile; quando le forme attuali di parassitismo saranno
combattute e non aiutate, o non sar considerato il Mezzogiorno come il campo
di conquista di ogni condottiero, qualche volta di ogni avventuriero
parlamentare; quando si agevoler la, formazione della ricchezza e nessuna
nuova imposta verr a deprimerla; allora si aiuter la trasformazione
industriale del Mezzogiorno e il problema sar risolutoÈ.
Parole
e bellissime e che anche noi, nel 2020, potremmo facilmente condividere.
Eppure,
al termine di questo excursus, emerge il limite di fondo
del pensiero nittiano, la cui influenza posteriore evidentissima proprio
dalla condivisibilit e attualit delle sue parole.
Nitti
cade in contraddizione quando riconosce che lĠarretratezza del Mezzogiorno un
prodotto storico - e come tale figlio di innumerevoli
cause intervenute nei lunghi, se non lunghissimi, tempi della Storia -, quindi
non riconducibile a scelte politiche sbagliate n, implicitamente, allĠassenza
di scelte politiche giuste (caso mai queste, data lĠindeterminabilit del
futuro, possano mai esistere) e poi addita soluzioni di matrice politica.
In
questo senso, il Nitti uomo e politico del suo tempo, coinvolto col suo Partito
Radicale nella lotta politica contro il Partito Liberale (che ebbe le sorti dĠItalia
in mano per i primi anni di Unit) emerge sul Nitti meridionalista.
Certo,
proprio della politica e dei politici presentare s
stessi e il proprio lavoro come in grado di intervenire strutturalmente nella
societ e nella sua economia. Ma politica e uomini politici sono anchĠessi
prodotti della Storia e figli del proprio tempo, n diversamente pu essere la
loro azione.
Cos
come la nostra vita, la Storia non conosce le ragioni di questa o quella ideologia, n si conforma ai dettami della scuola
economica pi in voga al momento.
Per
quanto sia ragionevole (e sacrosanto) pensare che lĠazione di un governo,
nazionale o locale, possa incidere e debba giocare le sue carte per intervenire
sui destini di un popolo o di una comunit, non tocca mai dimenticare che
quella pluralit di eventi interconnessi che pigramente chiamiamo Storia ha ed avr sempre lĠultima
parola: intimamente e personalmente, chiunque avesse fatto programmi
particolari per questo 2020 lo capisce perfettamente...
Luca Luongo