Bello come una statua! Rappresentazioni statuarie di San Biagio a Maratea

Di Luca Luongo il, 07/05/2015 - 14:39

A Maratea esistono molte statue raffiguranti San Biagio.

Purtroppo, allo storico mancano i documenti che permettano di seguire, con cadenze precise, l’apparire nel panorama artistico cittadino delle varie statue.

La statua d’argento nel Santuario.

Non sappiamo quando di preciso, i fedeli di Maratea sentirono il bisogno di raffigurare il santo con un simulacro plastico. Secondo Carmine Iannini (1774-1835), rettore del Santuario dal 1804 all’anno della sua morte, «sulle prime si fece tutta di legno dipinto; cioè la testa e le mani, a color di carne: il busto a mettà: vestito di Camice color bianco, e piviale color rosso; e la mitra in testa di varj colori. Poi alla Statua si fecero la testa, e le mani di argento, e la mitra di Canavaccio d’oro, che si rinnovò; ed entrambe esistono ancora in Chiesa. Finalmente tutta di argento, con la mitra parimenti di argento si costruì. Avanti al petto però sempre la stessa Ciappa di ottone indorato, con dentro un pezzetto di tela, insuppata nel Sangue del Santo, vi è stata in tutte le vicende della Statua, e vi è attualmente. sempre com’è la Statua a mezzo busto; ma l’ultima è di una Vista tanto Maestosa, che non si affatto spiegare; e si discerne pure la diversità dell’argento, essendo quello della testa, e delle mani, perché più antico, assai più eccellente di tutto il rimanente. Sin da che la prima volta che si fece la Statua, di cui non se ne il tempo preciso, restò stabilito che la stessa vi fosse conservata sempre dentro la Santa Cappella, atteso teneva, come tiene nel petto la mentovata preziosa reliquia

La statua argentea, scolpita dal napoletano Domenico De Blasio nel 1709 per iniziativa di Domenico Mercadante, priore della Confraternita dell’Addolorata, ebbe vita piuttosto travagliata. Nel 1806 finì addirittura in mare! Sempre Iannini racconta di come, alla vigilia dell’attacco subito da Maratea da parte di un battaglione napoleonico il sindaco «Ill.mo Signor D. Carlo de Cesare, chiese la Statua di argento del Santo nell’anno 1806 la quale non restituita nella sua Santa Cappella; ma portata in Rada dell’Isola di Dino, e depositata su la Feluca di Pn’ Francesco Zaccaro, in dove per ordine del Governatore Tesoriere furono trasportati tutti gli argenti della Chiesa, per mettergli in sicuro, temendo di restare inviolati nel Saccheggio.» La feluca Minerva, però, la notte del 27 ottobre di quell’anno affondò durante una tempesta, e con essa finì in mare la  statua di San Biagio. La si ripescò qualche giorno dopo, mozza di alcuni pezzi che vennero sistemati momentaneamente con fogli di stagno. «I pezzi di stagno, surrogati in argento con tutta la manifattura, importanto circa docati 52. L’artefice l’Argentiero Mansueto Finamore di Rivello. […]. Vi si impegnarono giorni otto, e tanto l’artefice, che tre suoi Discepoli, furono da noi trattati, che soffrimmo la spesa di altri 9.50 per accomodarsi la mitra, che importò docati 18, de’ quali quattro ne diede la Ill.ma Signora D. Maria Saveria Calderano: tre le Figlie del Ill.mo Signor D. Vincenzo Barone, con alcuni pezzetti di argento: e carlini quindici si fecero per limosina per tutta Maratea inferiore

La risistemazione definitiva avvenne poi nel 1817, a spese del nobile Lorenzo Latronico, in scioglimento di un voto fatto al santo per il ritorno di suo figlio Raffaello, soldato nella campagna di Russia, e tornato a casa sano e salvo.


Poca pace però aspettava la statua! Un documento inedito da me studiato durante ricerche nell’archivio parrocchiale racconto che la notte «tra il 4 e 5 Febbraio 1873 Giuseppe Gallotti di D. Carlo, e D. Concetta Negri nativo di Maratea, e un tal Domenico Valinofi di Montemurro penetrarono nella Chiesa sfondando la lamia della Sacrestia, e rubarono la Crocetta nobile, l’anello Vescovile dalla Statua del S. Protettore che ancora era esposta a causa della Festa, […] altri oggetti di argento, staccarono il Crocifisso dalla Croce del Clero, e circa 200 Lire in moneta. […]. A confessione del Gallotti, mentre il Valinofi stava per alzare lo sciamarro di cui si servirono per sfondare la lamia, e fare a pezzi la Statua s’intese come tremar la statua e tutta la Chiesa, a guisa di quando fa il terremoto, furono presi da un panico e fuggirono, così non rubarono altro, avendo in mano tutte le chiavi e della Cappella, e di quando di prezioso è in Chiesa, […] la Crocetta e l’anello furono rifatti mercè l’oblazione spontanea della devota popolazione e se ne prese la cura il Sig. Raffaele Tarantini fu D. Biagio di Napoli, ed assai divoto del santo.»

Ma al secondo tentativo, un secolo più tardi il furto riuscì: era la notte tra il 27 e il 28 ottobre 1976.


La statua attuale, com’è risaputo, è una fedele replica dell’originale – in termini di impostazione formale della figura –, confezionata in argento dall’artista Romano Vio (1913-1984) poco tempo il furto della statua settecentesca, realizzata a spese dei fedeli di Maratea.   

Le statue di legno.

Due le statue di legno che raffigurano il santo degne di note. La prima, e più antica, è quella in legno colorato conservata nella chiesa di San Francesco di Paola, che raffigura il santo a figura intera, vestito da vescovo. La seconda, a mezzobusto ad imitazione della statua d’argento, è conservata nella chiesa dell’Annunziata. Su questa statua è opportuno però precisare non trattarsi più della statua realizzata per iniziativa di don Filippo Tarantini, sacerdote di Maratea, nei primi anni del XIX secolo; ma di una copia, di legno con la pastorale d’argento, realizzata nel secolo scorso.

La colonna del santo nel centro storico.

Quella posta sulla colonna del santo lungo il corso principale del centro storico. Venne scolpita nel 1758 da ignoto artista napoletano e portata a Maratea via mare.

Gennaro Buraglia (1831-1921), rettore del Santuario dal 1855 fino all’anno della sua morte, racconta che «detto simulacro fu portato nel nostro Porto dalla barca del Padrone Cataldo Iaccarini, dove arrivò al dì 24 Giugno 1758, festeggiato con fuochi di giogia e concorso dei cittadini. Il giorno 1.° Luglio si salì in città accompagnato da due Sacerdoti, da molti notabili ed immenso popolo. Ai 13 detto mese poi, dopo celebrata Messa solenne con panegirico nella Chiesa della SS.ma Annunziata, e benedetto dall'Arcip.e D. Francesco Antonio Vita Diodati, con immensa gioia di tutto un popolo plaudente, fu elevato sulla colonna a perenne luce e custodia della nostra città.»

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