La vita comincia a cinquant’anni!

Considerazioni sul 50° del Cristo.

Inviato da Luca Luongo il Sab. 29/06/2015 - 18:53

 

Forse farà sorridere un ricordo personale. Nell’aprile del 2005 ero uno studente al terzo anno del liceo scientifico di Maratea. Alla mia classe (la ’89) venne imposto, durante una giornata di assemblea d’istituto, di comporre un grande poster di foto e notizie su Maratea. Lo intitolammo Conoscere Maratea, in omaggio ad un celebre libro del nostro preside, il prof. José Cernicchiaro (1949-2010), quel giorno assente. Io, che per una serie di meri accidenti di vita ero quello che si trovava ad aver collezionato più notizie sulla storia locale, avevo portato un po’ di libri da casa: tra questi, un libro di fotografie composto dal nostro concittadino Giovanni Lamarca (1912-1992). In questo libro c’erano tre belle foto del Cristo in costruzione. Le stampammo sul poster con una grande scritta: Quest’anno il Cristo compie 40 anni.

Dovendo poi presentare il lavoro al resto della scuola, andammo sul palco dell’assemblea a far notare la grande importanza della ricorrenza. Ma, tra professori e alunni, non gliene fregò niente a nessuno. La notizia lasciò tutti indifferenti. Fummo dei precursori incompresi?

Cosa il Cristo è.

Si è sempre attribuito a Stefano Rivetti (1914-1988) l’idea di sostituire la vecchia Croce Commemorativa sul monte San Biagio con un grande monumento al Cristo risorgente. Chi studia la storia marateota non ha motivo di dubitarne: sebbene il progetto fosse stato lanciato dalla Democrazia Cristiana nella campagna elettorale per le comunali del 1960, lo scultore Bruno Innocenti (1906-1986) stava lavorando ai bozzetti già da un paio di anni.

Innocenti era un ometto taciturno, eccentrico e geniale. La famiglia racconta che quando andò a vivere a New York si costruì da solo i mobili del suo appartamento recuperando legname abbandonato sulle rive dell’Hudson. Quando tornò in patria prese i mobili, li sfasciò e li buttò nel fiume.

Per realizzare la statua doveva prima risolvere tutta una serie di problemi ingegneristici e piegarli, per quanto possibile, alle necessità dell’arte. Prima progettò lo scheletro di cemento armato che regge la statua, poi la malta speciale di Breccia Medicea – e non marmo di Carrara come comunemente si dice! – che avrebbe composto la statua.

Per la postura della statua era indeciso. Innocenti aveva pensato di far stare il Cristo in piedi, con le mani alzate come a dire il Pater Noster e il capo piegato tristemente verso il basso. Poi pare fu Rivetti a convincerlo a cambiare posizione ed ispirarsi ad una celebre fotografia di Pio XII a San Lorenzo dopo il bombardamento del 1943.

Dal modellino di gesso Innocenti ricavò dodici formine gigantesche (scala 1:1) della statua definitiva e le fece trasportare a Maratea, dove già si era provveduto a costruire lo scheletro di cemento.

«Nel settembre del 1964 venne dato inizio alla gettata che fu terminata il 18 dicembre 1964. Da luglio a novembre del 1965 venne effettuato il lavoro di finitura con gli scalpellatori», annoterà semplicemente lo scultore sul suo diario.

Uscito fuori dall’ingombrante impalcatura, il Cristo si stropicciava gli occhi forse non come i bambini appena svegliati ma piuttosto per cercare di non vedere il disastro che un gruppo di pazzi scatenati – e miserabili conviventi – stavano perpetrando alla basilica di San Biagio, fino ad allora la chiesa più bella e ricca di Maratea e da allora ridotta ad un obbrobrio, derubata persino del pavimento originale. Un crimine, questo, che ancora – e chissà quanto ancora – urlerà vendetta a Dio e agli uomini.

In ogni caso, a stropicciarsi gli occhi sono stati pure tutti quelli che per i successivi cinquant’anni, nel vedere la statua, si sarebbero puntualmente chiesti perché mai Gesù Cristo venendo a Maratea si sia tagliato i capelli e spuntata la barba. Ma è Innocenti stesso che ce lo spiegò: «Ho inteso di attenermi a un linguaggio chiaro e il più possibile contenuto ed essenziale, perché, nelle dimensioni della statua, ritengo sarebbero stati controproducenti atteggiamenti e dettagli che avessero richiamato una realtà spicciola, contingente, minutamente reale

E però, Innocenti era anche un gran furbacchione. Se giudicava veramente troppi dettagli controproducenti, come mai la statua ha unghie, narici e palpebre così ben delineate? Il livello di dettaglio c’è ed è anche alto. Perché allora non l’iconografia classica di Cristo?

Da artista, Innocenti probabilmente voleva che l’opera parlasse da se. E il Cristo di Maratea parla con un simbolismo che mischia il viso di Apollo di una statua marmorea e candida (come quelle greche) con le sembianze di Cristo che cristianamente risorge dai morti: l’anima cristiana e l’anima classica del Sud Italia, terra di Santi ma antica Magna Grecia. Lo dicevo io che Innocenti era un genio!

Cosa può essere.

Lo scorso 14 giugno la comunità di Maratea si è raccolta ai piedi del Cristo per una celebrazione, religiosa quanto civile e istituzionale, condita con il ben noto momento dei “discorsi” delle varie personalità intervenute. Poi, in paese, c’è stato un concerto. A luglio, agosto, settembre e anche ad ottobre avremo altri eventi, inseriti tra gli altri del programma estivo.

Spero che anche uno solo di questi eventi riesca a lasciare indelebile ricordo a tutti i cittadini e gli ospiti di Maratea a eterna memoria di questa grande occasione.

Ma – pare doveroso pensare – dopo, cosa sarà? Spero non seguiranno altri cinquant’anni di sordina. D’altra parte, però, non si deve pensare di accompagnare per mezzo secolo il Cristo di Maratea con costosi (quanto artificiosi) eventi per ricordarci che lui sta lassù, sulla cima del monte. Una cosa del genere sarebbe veramente inutile. Il Cristo, infatti, non ha bisogno di eventi per renderlo degno di dirsi attrazione turistica. di feste inventate per festeggiarlo. Il Cristo di Maratea, mi pare, deve solo trovare il suo posto.

Il senso turistico finora dato al Cristo di Maratea, duole dire, è stato quello di gemello povero del Cristo di Rio de Janeiro. Ci siamo anche raccontati che il nostro Cristo è il secondo al mondo: sappiamo benissimo non essere così, basta pensare che lo stesso Cristo di Rio è solo il terzo, per altezza, di tutte le sculture su Gesù al mondo!

In realtà, il Cristo Redentore di Bruno Innocenti è molto di più. In una Maratea che si deve aprire al mondo come meta di turismo non solo legato alla balneazione, il Cristo appare – è il caso di dire! – come un’opera della Provvidenza. Il Cristo di Maratea, per volere del suo autore, rappresenta l’ideale (e forse unica al mondo) simbolo delle basi della cultura occidentale, ossia essere contemporaneamente simbolo della cultura cristiana e della cultura classica: rappresenta il Cristo nelle forme d’una statua di stile greco-romano. Per quanto semplice può apparire, battere questa strada – che è già lì, a portata di mano – con le dovute strategie mediatiche significherebbe rendere il monumento un simbolo culturale globalizzante, non solo per Maratea o per la Basilicata, garantendo alla nostra Città una visibilità forse incalcolabile.

Se poi vogliamo scegliere un giorno per riunirci ancora ai piedi del monumento, non credo necessario supplicare le autorità ecclesiastiche di darci un giorno per una festa del Redentore, che si voglia o no cozzerebbe con i ben più radicati festeggiamenti per il santo patrono Biagio. Che bisogno, d’altra parte, di trovare un giorno per una festa ad una statua di Cristo Risorto quando c’è già la Pasqua?

Legare la grande statua ad una festa che non solo esiste da secoli, ma che ha anche un bel ponte di giorni feriali ed è vicina alla festa di maggio per S. Biagio e, attraverso essa, a due passi dai primi tempi della stagione balneare, sembra un’idea così scontata che è stato forse da pazzi non averci finora pensato!

Ma, di certo, non siamo in ritardo. La vita, si dice sempre, inizia a cinquant’anni…!

Indice