Dare
un nome alla bellezza.
La
toponomastica delle spiagge di Maratea
INVIATO
DA LUCA LUONGO IL GIO, 22/10/2015 - 21:58
Il ravvivarsi del tema dell’istituzione di una area marina protetta lungo la costa di Maratea fornisce l’occasione per toccare un tema molto caro a chi scrive: la toponomastica territoriale.
Come si chiamano le trentuno spiagge che si aprono lungo l’incantevole
costiera di Maratea?
Da molti anni a questa parte questa domanda non ha avuto una risposta unitaria. Negli
ultimi decenni del secolo scorso la costa marateota è
stata protagonista di uno spettacolare sviluppo turistico, basato quasi per
intero sulla balneazione estiva.
Proprio in questo lasso
di tempo, per vari e complessi motivi, che possono andare dalla generica
circostanza della scoperta di un patrimonio che prima del grande turismo era
appannaggio più che altro dei pochi pescatori locali, a particolari accidenti
relativi a casi specifici (alcuni dei quali affronteremo di seguito), molta
della toponomastica è stata stravolta senza pietà, tanto sui cartelli stradali
e mappe informative che nel linguaggio colloquiale.
Con molta soddisfazione per chi si occupa
di salvaguardare la memoria e l’identità di questa comunità
c’è da dire che molto è stato fatto per correggere gli
errori del passato recente. Eppure, ancora qualcosa
c’è da fare. Il nostro contributo, grande o piccolo che sia, non ha altro obiettivo
se non quello di ridare a questi luoghi tanto importanti per la nostra comunità i nomi che i nostri padri hanno voluto, per potere
in questo modo, per così dire, riappropriarci del diritto di vivere in un
territorio che è nostro fin nei nomi.
ACQUAFREDDA
Anginarra.
È l’ampia spiaggia che si apre sulla
costiera presso la frazione Acquafredda, a nord della scogliere dove si vede sorgere l’hotel Gabbiano. Il
suo nome deriva dal termine dialettale anginu, che
significa “riccio”, volendo lasciare intendere che il luogo ne
era pieno.
Luppa.
È la spiaggia immediatamente a sud della
precedente. Il nome Luppa si incontra
anche altrove nella toponomastica del territorio marateota,
ma il suo significato non è noto.
Grotta della Scala.
È la spiaggia sotto Villa Nitti. Nei pressi si apre una grotta che le dà il nome.
Porticello o Portacquafridda.
È l’ampia spiaggia che si apre ai piedi del
costone roccioso che delimita a sud l’abitato di Acquafredda. L’ampia baia antistante è comodo rifugio per
piccole imbarcazioni, da cui il primo nome. In questo specchio di mare si apre
anche una bolla di acqua dolce, molto fresca, da cui
deriva il secondo nome della spiaggia e la denominazione della frazione stessa.
A questa spiaggia è legato anche il ricordo storico dello sbarco del patriota
Costabile Carducci del 1848.
Pietra Caduta e Marizza.
Sono due belle calette poste lungo la
rocciosa costa che corre innanzi alla spiaggia di cui sopra. La prima prende il
nome dalla scarpata pietrosa retrostante che di quando in quando lascia cadere
qualche pietruzza in mare. Per la seconda il toponimo è di difficile
interpretazione: non improbabile che sia una voce dialettale di cui si è perso
l’uso.
CERSUTA
Rena d’a Garrubba.
È un accenno di spiaggia sulla costa al di sotto del camposanto della frazione Cersuta. Nei pressi si apre la grotta della Provvindenza, scoperta per caso da un pastorello,
famosa per essere stata la prima fonte d’acqua potabile del villaggio. Il nome
significa alla lettera “arena della carruba”.
Renicedda o Renicedda du l’Africi.
È un accenno di spiaggia scogliosa sotto
l’abitato di Cersuta. Il significato del nome è
intuitivo. In alcune cartine, ancora oggi, è erroneamente annotata come
“spiaggia di Capo
Rena d’u Nastru.
È una spiaggia di modeste dimensioni che si
apre lungo la costa tra Cersuta
e il costone de l’Armu d’a Cirsuta,
sopra di cui esistono i ruderi della torre di “Apprezzami l’asino”. Si formò
grazie allo scarico, tramite nastro trasportatore, dei materiali di risulta dello scavo delle gallerie della linea ferroviaria,
da cui il nome. Qualcuno la chiama anche spiaggia dell’olandese, per via della
sua frequentazione, negli anni ‘50 del secolo passato, da parte di un sub dei
Paesi Bassi.
FIUMICELLO
Spiaggia di Fiumicello.
Pare non abbia mai
avuto altro nome. Insieme alla spiaggia che si apriva sotto le case del Porto,
è il luogo storico della balneazione di Maratea, frequentata già da metà
Ottocento.
‘Mpede
i Canne.
È una piccola lingua di sabbia posta a sud
dello stabilimento balneare “Le Pergole”. È chiamata anche, in vecchi
documenti, “Sotto le Monache”, poiché la zona a monte
era anticamente di proprietà delle monache salesiane. Di questa spiaggia la
tradizione popolare ricorda un triste episodio. Pare che, in qualche secolo
passato, una piccola cavità presso questa spiaggetta fu usata da alcuni banditi per nascondere il cadavere di un
giovane ragazzo, derubato ed ucciso. Ritrovato il corpo, la madre riconobbe il
figlio dalle scarpe. Disperata, vendette i suoi averi per far
fare la statua lignea della Madonna Addolorata nella chiesa a lei dedicata nel
centro storico.
BAIA DI SANTA VENERE
Cent’ammari.
È un piccolo accenno di spiaggia quasi
sotto la torre di Santa Venere. Il nome significa, alla
lettera, “i cento ami”, così detta perché la zona è ricca di scogli ed i
pescatori spesso vi perdevano gli ami.
Cala Tunnara.
È la spiaggetta sotto
la zona di “Mare Morto”, e spesso quest’ultimo viene usato erroneamente come nome della spiaggia.
PORTO
Spiaggia del Crivo.
È la spiaggia che oggi si vede chiusa tra i
moli del porto. Il termine crivo, piuttosto comune
nella toponomastica marateota, è il locale dialettale
per “clivo”. Dal 1992 è interdetta alla balneazione a causa del pericoloso
movimento franoso delle rocce sovrastanti.
FILOCAIO
Fùnnicu Réggiu.
Fino a pochi anni fa si poteva vedere
qualche carta turistica che storpiava il nome di questa spiaggetta
in un mostruoso “Forno Careggio”. Il nome, che
talvolta si trova anche scritto in forma italianizzata, cioè
“Fondaco Regio”, è un’importante testimonianza della storia di Maratea. Fino ai
primi del XIX secolo, la costiera marateota
era un importante punto di imbarco e sbarco di merci che venivano trafficate
tra
I Vranne.
È una grande spiaggia, più lunga che larga,
aperta nella costa verso Marina. È accessibile soltanto dal mare. Non è ben
chiaro il significato del nome, che potrebbe essere un termine dialettale
caduto in disuso per indicare qualche specie vegetale o altro.
MARINA
Cala Jannita.
È la spiaggia che nella cartellonistica
stradale viene indicata come “Spiaggia nera”, nome che
in realtà appartiene al principale stabilimento balneare qui posto. Il suo
nome, ripristinato nella stragrande maggioranza delle carte e guide turistiche
grazie anche, fa piacere scrivere, al lodevole impegno della proprietà del lido
“Spiaggia nera” – deriva probabilmente dall’isoletta di Santo Janni, che si
affaccia nello specchio di mare davanti questa spiaggia.
Ilicini.
Nella cartellonistica
e nel linguaggio comune si è scritto e si è presa l’abitudine di pronunciare
questo nome con una doppia che in realtà non c’è. Pare che quando venne qui stabilita un’attività turistica, il cartello
pubblicitario si scrisse con due “l” per un errore di comprensione causato del
fenomeno linguistico della geminazione consonantica, comune a molte parlate
meridionali, che porta a pronunciare alcune parole con le doppie anche quando
non ci sono (come ad esempio Eboli, Roberto, ecc.)
Il termine dialettale Ilice
sta per l’italiano “leccio”, e questo toponimo vuole indicare i piccoli alberi
di questa specie resi nani dalla salsedine.
Cala Vecchia.
È quella che nella cartellonistica
stradale è indicata come “spiaggia di Santo Janni”. Il nome è stato
ripristinato in tutte le carte e guide turistiche pubblicate
oggi.
Cala Grande o Cala di don Nicola.
È la spiaggia che nella cartellonistica
e nel linguaggio comune viene chiamata “spiaggia del Macarro”.
Il primo nome, di significato intuibile,
ricorda che questa è la spiaggia più grande della zona. Il secondo ricorda
l’acquisto fatto della spiaggia da parte del sacerdote Nicola Calderano a
cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.
L’attribuzione erronea è
nacque negli anni ‘70, per opera della neonata Azienda di Promozione
Turistica. Da diverse testimonianze orali raccolte, sappiamo che quando si
dovettero confezionare i primi depliant illustrativi e guide turistiche sulla
costa di Maratea, vennero intervistate parecchie
persone per conoscere il nome delle spiagge. Arrivate a questa, i due toponimi autentici
vennero giudicati non idonei al mercato turistico
(incredibile ma vero!) e venne quindi preso il nome “Macarro”,
toponimo che in realtà indica quella zona boschiva dove sorge l’antico frantoio
della famiglia Panza, attraversato dalla Strada Statale
18 dopo la contrada S. Giuseppe (dove ci sono le grotte di Marina, per
intenderci) e poco prima delle prime case della frazione, venendo da nord,
perché ritenuto meglio facilmente assimilabile da parte di villeggianti a
caccia dell’esotico.
L’uso del nome “Macarro”
per indicare la spiaggia è quindi un errore particolarmente grave, perché priva
un altro luogo del suo nome, sebbene si deve ricordare essere invece
inoppugnabile e legittimo il suo uso come nome proprio di uno dei due
stabilimenti balneari qui posti. Tra l’altro, negli ultimi anni qualcuno ha
voluto lanciarsi in spericolate spiegazioni storico-filologiche per
giustificare l’uso del toponimo “Macarro” in relazione a questa spiaggia. Si è argomentato infatti che il toponimo trarrebbe origine dal culto di S.
Macario Eremita, le cui reliquie sono conservate nella basilica di S. Biagio,
arrivate a Maratea, secondo antica tradizione, insieme a quelle del santo
armeno.
Ricculina o Ricculilla, L’abissu, ‘Mpede u Citru
o ‘Mpede u Citrinu.
Si trovano nella costa al
di sotto del complesso della cooperativa dei pescatori di Marina. La
prima è un piccolissimo accenno di spiaggia tagliato in due da un costone di
roccia. Il nome deriva dalle alghe qui presenti, a forma di riccio.
La seconda non è esattamente una spiaggia,
ma un punto della costa a strapiombo. L’ultima è una piccola cala, minuscola ma
di grande bellezza. Il suo nome viene
ricordato in due differenti versioni, la prima tramandata dagli abitanti della
frazione Marina col significato di “ai piedi del cedro”, la seconda dai
pescatori del Porto, che significa “ai piedi dell’arancio selvatico”.
Di recente è stata aperta qui un’attività
turistica col nome di Cala del Cedro. Vogliamo sperare che i gestori
dimostreranno di avere sensibilità verso la conservazione della toponomastica e
della memoria storica della nostra Maratea ponendosi in prima linea per evitare
che il nome della loro attività finisca per confondersi con quello della spiaggetta.
Calaficarra o ‘A Scala.
È la più piccola delle spiagge poste sotto
l’abitato della frazione Marina. Il primo nome è in realtà più che altro il
nome della zona, col significato di “spiaggia del fico”, e si può trovare usato
anche per indicare l’altra spiaggia più grande. Il secondo, molto raro e conservato
per lo più dagli anziani, ricorda l’esistenza di una antica
scala scavata nella roccia, distrutta da una mareggiata diversi anni fa.
A partire dagli ultimi anni del secolo
passato, non si sa bene per iniziativa di chi, si prese l’abitudine di chiamare
questa spiaggia “Marina piccola” e l’altra vicina, di cui sotto, “Marina
grande”, probabilmente con l’idea di scimmiottare le famose località di Capri.
Non risulta che tali nomi siano mai stati utilizzati
in guide o carte turistiche, ma sono sfortunatamente riusciti ad attecchire non
poco nella tradizione orale di Maratea (fatta eccezione, per ovvi motivi, nello
specifico caso della frazione Marina).
Santa Teresa.
È l’ampia spiaggia sotto l’abitato di
Marina, posta qualche metro più a sud della spiaggia di si
è detto sopra.
Porticello.
È un accenno di sabbia con molti scogli in
un’insenatura sotto le case di Marina.
Costa tra MARINA e CASTROCUCCO
Valle dell’acqua.
È una piccola spiaggia posta
nell’incantevole seno di mare che si apre sotto il promontorio della torre Caina. Fino al 1806 segnava il confine tra il territorio di
Maratea ed il feudo di Castrocucco.
Sotto l’orto.
È una lingua di spiaggia con poca sabbia e
molte rocce che dal promontorio della torre Caina scorre in direzione della Secca di Castrocucco.
È così chiamata perché anticamente l’immediato entroterra era coltivato.
Secca di Castrocucco.
Vera e propria «perla dentro la perla», è un insenatura di rocce, scogli e ciottoli di estrema
bellezza riparata dal mare da un isolotto, tozzo e coperto da un bel ginestreto, chiamato u Tuppu.
Nelle antiche cartine e, ancora oggi, in
alcuni documenti, viene chiamata anche “Marina di Castrocucco”. Era questo infatti
il piccolo approdo naturale di servizio per il castello ed il borgo dell’antica
Castrocucco, posti sul cocuzzolo che si alza alle
spalle di questo punto della costa.
CASTROCUCCO
‘A Gnola.
È la grande spiaggia che abbraccia tutta la
costa presso la frazione Castrocucco. Il significato
del toponimo non è noto.
***
Una certa retorica pretenderebbe di
accettare i “nuovi” toponimi come la naturale evoluzione della tradizione
popolare, ma è un qualcosa di assurdo, poiché la
toponomastica si evolve con l’evoluzione del territorio, o, in rari casi, per
determinazione legale . Ad esempio del primo, si prenda
il caso della “Darsena”, nei pressi della spiaggia di Cala Tunnara.
Il toponimo è di recente invenzione, nato per definire una trasformazione del
territorio: in questo caso, un piccolo approdo ricavato in una piattaforma
rocciosa per piccole imbarcazioni. Per il secondo, è utile ricordare che l’art.
4 comma 4 del vigente statuto comunale di Maratea recita testualmente che «la
modifica della denominazione delle contrade e frazioni può essere disposta dal
consiglio previa consultazione popolare», e mai niente del genere si è effettuato per la questione qui affrontata.
Ora, non parrebbe di fornire un contributo
completo sull’argomento senza almeno provare ad indicare una strategia mirata a
risolvere gli ultimi, e fortunatamente pochi, errori da correggere.
Il lettore più attento avrà già notato che
tutte le spiagge con i nomi “sbagliati” sono comprese nella fascia di costa tra
Filocaio e Marina. Ciò non avviene per caso. Il
villaggio, o frazione che dir si voglia, di Marina di Maratea
è sorto in tempi recentissimi: fino alla metà del secolo passato quella fetta
di territorio marateota non era che una distesa di
vegetazione, per lo più ad oliveti, con qualche casetta rurale qua e là.
Essendo ancora scarsamente abitata nel periodo dell’exploit turistico di
Maratea, la zona non ha avuto il tempo di fissare la sua identità, storica e
toponomastica, nella memoria popolare di chi la abitava, che, pertanto, non ha
potuto imporsi per difendere la tradizione.
Il principale veicolo
per la diffusione dei nomi errati è costituito dalla cartellonistica
stradale. Prendiamo ad esempio la tabella posta al bivio che dalla strada
statale imbocca la strada comunale che porta a Ilicini, Cala Grande e Cala Jannita:
quando venne confezionata, sui cartelli vennero scritti i nomi, dei lidi per
pubblicizzarli, usati per indicare le spiagge (es.:
spiaggia Nera, spiaggia Macarro, spiaggia Illicini, ecc.).
Si potrebbe ingenuamente pensare di
correggere i cartelli scrivendovi i nomi delle spiagge, ma ciò creerebbe grande confusione tra la parte della popolazione turistica
ed anche residente che ha conosciuto quei luoghi con i nomi “sbagliati”. Per di
più, ciò potrebbe addirittura danneggiare gli imprenditori proprietari dei lidi
lì posti, che non troverebbero più indicate le loro attività.
La soluzione quindi, a parere di chi
scrive, va ricercata nella direzione opposta. Per ripristinare l’uso della
corretta toponomastica senza andare ad inficiare le necessità della popolazione
turistica e gli interessi degli imprenditori, non bisogna far altro che
confermare alla cartellonistica stradale principale
il ruolo d’indicazione degli stabilimenti balneari, ponendo in luogo degli
attuali cartelli di indicazione topografica (scritta
bianca su fondo marrone) i cartelli di indicazione commerciale (scritta nera su
fondo giallo) con i nomi degli stabilimenti balneari (es:
lido spiaggia Nera, lido Macarro, lido Illicini, ecc.). Al contrario, nei pressi di ognuno dei
parcheggi delle spiagge, basterà porre dei cartelli
topografici con i nomi delle spiagge (spiaggia Cala Jannita,
spiaggia Cala Grande, spiaggia Ilicini, ecc.)
affiancati a repliche dei cartelli commerciali dei relativi stabilimenti
balneari (lido spiaggia nera, lido Macarro, lido Illicini, ecc.).
In questo modo, la corretta denominazione
delle spiagge si riaffermerà gradualmente tra la popolazione residente, tanto
per la spinta delle più giovani generazioni, che
assimileranno immediatamente la differenza tra toponimi e nomi dei lidi, tanto
per la graduale scomparsa dei nomi errati dovuta ai possibili cambi di
denominazione degli stabilimenti balneari stessi dovuti a cambi di proprietà o
altre cause.