Fuoco e fiamme.
Riflessioni sullŐincendio dellŐ11 giugno
di Luca Luongo
LŐincendio
che ha avvolto la cima del monte San Biagio dovrebbe farci riflettere in
maniera particolare. Se ogni anno, purtroppo, ci stiamo abituando al fatto che
una fetta del nostro territorio brucer collŐapprossimarsi della stagione
estiva, si pu dire che mai come ora lŐattacco paesaggistico-ambientale ed
economico alla nostra Comunit era stato tanto evidente.
LŐincendio
boschivo solitamente attribuito ai pastori, in cerca di nuovi pascoli. Ci
senzŐaltro era verosimile nel passato o pu esserlo tuttŐora
per particolari zone. Oggi, a Maratea, spero onestamente che si
faccia moltissima fatica a imputare a dei pastori
lŐincendio di una montagna che per met gi brulla e sullŐaltra met
porta in grembo un intero paese. Ma quale pastore
vorrebbe pascolare l? Su oltre 67 kmq, perch scegliere proprio il luogo pi vistosamente sbagliato?
Il fuoco che si alza da dietro il Cristo
Redentore, cammina nei resti della vecchia Maratea Castello e sfiora
LŐincendio
di ieri pare molto di pi una via di mezzo tra una prova di forza e un gesto
intimidatorio da parte di chi pu star certo che non sar mai punito. Oggi
pi che mai lŐimmagine dellŐanonimo pastore un comodo specchio per allodole,
utile solo a nascondere i veri responsabili. Dietro cŐ una logica perversa
di attacco gratuito, doloso e maligno il cui scopo ledere lŐintegrit del
territorio, con il turismo motore dellŐeconomia locale, la competitivit di una
Citt sul mercato turistico stesso e scatenare lŐintervento straordinario di
mezzi costosissimi. E responsabili di ci possono
essere molti perch, quel che peggio, diversi, perch
tali logiche, prese singolarmente, non sono tra loro concorrenziali. Insomma,
lŐincendio estivo esiste per lŐunica ragione per cui
nel nostro mondo esiste qualcosa: cio perch, in diversi modi, esso un buon
affare per diversi portatori dŐinteresse.
Vedere il
Cristo, la basilica e la vecchia Maratea avvolta dalle fiamme stato per tutti
noi un colpo al cuore. Per chi ama questo paese la cima del monte San Biagio lŐunico vero centro del mondo, se il mondo ne
potesse avere uno.
Fortunatamente,
sembrerebbe che non ci siano stati danni considerevoli e vistosissimi al patrimonio
monumentale. Fa riflettere in particolare il caso dei resti della vecchia Maratea.
Attaccati nel 1284, nel 1440, nel 1528 e nel 1806, bruciati in parte gi nel
1624 (ma fu un fulmine la causa quella volta), sono sempre l, in barba pure ai
terremoti, neanche fossero difesi dalle anime dei morti...!
Il merito
per ieri dei volontari della nostra Protezione Civile. Armati di solo
coraggio perch senza attrezzature antincendio degne di questo nome, sono
accorsi per primi e hanno difeso persino lŐimmateriale, la nostra Storia. Tutte
le famiglie di Maratea che hanno o hanno avuto un loro membro in questo corpo
devono esserne orgogliose, lo saremo anche noialtri, come Comunit. Uguale
ringraziamento vada ai Vigili del Fuoco.
* * *
Certo,
qualche appunto dobbiamo per farcelo. Quando
lŐemozione del pericolo passato sar scemata, dovremo ragionare se mantenere il
Cristo di Bruno Innocenti,
* * *
Su un
incendio che divampa robusto gi dalle ore 19:00 del
11 giugno e su un Canadair che arriva alle 10:50 del 12 giugno spero se ne
parler molto nelle sedi opportune. Ma speranza vana.
Fummo solo fortunati lŐanno scorso, noi marateoti ÔmarinaioliŐ,
quando gi allŐalba del 9 agosto i Canadair ronzavano sopra le nostre teste per
spegnere lŐincendio che minacciava le case di Marina.
é una
realt tanto evidente da non poter essere taciuta che la prevenzione degli
incendi boschivi non funziona. Si sprecano le segnalazioni e le telefonate, ma mezzi e personale non sufficientemente ben
sparsi sul territorio nazionale. Possiamo discutere fino a diventare verdi su
torrette di segnalazione poste qua e l nei monti e su nuovo personale (state
tranquilli: solo volontario!) da mettere negli anfratti pi remoti degli
Appennini. Pochissimi, e forse nessuno, degli Enti amministrativi italiani ha le
forze economiche necessarie per farlo, ammesso e non concesso che i
mezzi di cui parliamo siano veramente i migliori possibili.
E il
discorso perde ancor pi contatto con la realt quando si vuole che sia Maratea
stessa a dare lŐesempio e dotarsi da s di simili mezzi.
Ma Maratea non unŐisola.
La trappola di pensiero in cui almeno una intera generazione di noi marateoti caduta e in cui
sta lasciando cadere le successive che il nostro paese sia una monade,
unŐentit a s stante dal resto del mondo, che per sopravvivere al meglio delle
sue possibilit deve porsi fuori dal contesto politico-amministrativo che la
circonda. Ma chiudersi in questa trappola di pensiero fa la fortuna soltanto di
quegli avventurieri politici che, in campagna elettorale, riescono a porsi come
gli eroi della situazione che, con il loro sacrificio umano e professionale, si
dicono pronti a salvare
Invece i
nostri problemi hanno radici comuni con quelli del resto dŐItalia e del suo
Mezzogiorno. é solo allŐinterno di questi contesti che
possiamo sperare di trovare la forza di superarli.
E poi, nella realt, e
con un minimo di pensiero critico, possiamo veramente immaginare che a Maratea
si possano adottare soluzioni che gli organismi ammnistrativi di cui la stessa
Maratea fa parte non hanno le forze per implementare?
Se lŐincendio boschivo
veramente un business, cos come siamo portati a
immaginare, la soluzione per vederlo scomparire non pu che essere una: renderlo
antieconomico.
Facile a dirsi, certo. Ma come fare?
Queste righe non
possono offrire nessuna soluzione. E ci per il semplicissimo motivo che chi
scrive non ha la fortuna di averne una. Ma resta mia ferma convinzione che
soltanto inquadrando i problemi nel quadro pi grande e pi preciso possibile
si pu arrivare al livello di consapevolezza necessario per maturare un
pensiero di azione efficace. DŐaltra parte, questa operazione la cosa che si chiama, o si dovrebbe
chiamare, pensiero politico.