Fuoco e fiamme. Riflessioni sullŐincendio dellŐ11 giugno

di Luca Luongo

LŐincendio che ha avvolto la cima del monte San Biagio dovrebbe farci riflettere in maniera particolare. Se ogni anno, purtroppo, ci stiamo abituando al fatto che una fetta del nostro territorio brucerˆ collŐapprossimarsi della stagione estiva, si pu˜ dire che mai come ora lŐattacco paesaggistico-ambientale ed economico alla nostra Comunitˆ era stato tanto evidente.

LŐincendio boschivo  solitamente attribuito ai pastori, in cerca di nuovi pascoli. Ci˜ senzŐaltro era verosimile nel passato o pu˜ esserlo tuttŐora per particolari zone. Oggi, a Maratea, spero onestamente che si faccia moltissima fatica a imputare a dei pastori lŐincendio di una montagna che per metˆ  giˆ brulla e sullŐaltra metˆ porta in grembo un intero paese. Ma quale pastore vorrebbe pascolare l“? Su oltre 67 kmq, perchŽ scegliere proprio il luogo pi vistosamente sbagliato?

 Il fuoco che si alza da dietro il Cristo Redentore, cammina nei resti della vecchia Maratea Castello e sfiora la Basilica-Santuario di San Biagio  inequivocabilmente uno sparo al bersaglio grosso. é uno sfregio, un attacco violento e progettato allŐimmagine di una intera Cittˆ, dei suoi abitanti e di coloro che vengono ospitati. In certi periodi dellŐestate sulla cima del monte salgono migliaia di turisti al giorno. Ci sono delle attivitˆ commerciali e quelli che sono considerabili come i tre simboli di Maratea, prima nominati. Da l“ facilmente il fuoco pu˜ passare Đ comՏ passato Đ ai Carpini, e quindi minacciare il centro storico con le sue case. Il pericolo per le vite umane o almeno per la proprietˆ privata, al di lˆ del paesaggio e del patrimonio artistico-storico,  evidentissimo.

LŐincendio di ieri pare molto di pi una via di mezzo tra una prova di forza e un gesto intimidatorio da parte di chi pu˜ star certo che non sarˆ mai punito. Oggi pi che mai lŐimmagine dellŐanonimo pastore  un comodo specchio per allodole, utile solo a nascondere i veri responsabili. Dietro cՏ una logica perversa di attacco gratuito, doloso e maligno il cui scopo  ledere lŐintegritˆ del territorio, con il turismo motore dellŐeconomia locale, la competitivitˆ di una Cittˆ sul mercato turistico stesso e scatenare lŐintervento straordinario di mezzi costosissimi. E responsabili di ci˜ possono essere molti perchŽ, quel che  peggio, diversi, perchŽ tali logiche, prese singolarmente, non sono tra loro concorrenziali. Insomma, lŐincendio estivo esiste per lŐunica ragione per cui nel nostro mondo esiste qualcosa: cio perchŽ, in diversi modi, esso  un buon affare per diversi portatori dŐinteresse.

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Vedere il Cristo, la basilica e la vecchia Maratea avvolta dalle fiamme  stato per tutti noi un colpo al cuore. Per chi ama questo paese la cima del monte San Biagio  lŐunico vero centro del mondo, se il mondo ne potesse avere uno.

Fortunatamente, sembrerebbe che non ci siano stati danni considerevoli e vistosissimi al patrimonio monumentale. Fa riflettere in particolare il caso dei resti della vecchia Maratea. Attaccati nel 1284, nel 1440, nel 1528 e nel 1806, bruciati in parte giˆ nel 1624 (ma fu un fulmine la causa quella volta), sono sempre lˆ, in barba pure ai terremoti, neanche fossero difesi dalle anime dei morti...!

Il merito per ieri  dei volontari della nostra Protezione Civile. Armati di solo coraggio perchŽ senza attrezzature antincendio degne di questo nome, sono accorsi per primi e hanno difeso persino lŐimmateriale, la nostra Storia. Tutte le famiglie di Maratea che hanno o hanno avuto un loro membro in questo corpo devono esserne orgogliose, lo saremo anche noialtri, come Comunitˆ. Uguale ringraziamento vada ai Vigili del Fuoco.

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Certo, qualche appunto dobbiamo per˜ farcelo. Quando lŐemozione del pericolo passato sarˆ scemata, dovremo ragionare se mantenere il Cristo di Bruno Innocenti, la Basilica-Santuario di San Biagio e i resti dellŐantica Maratea Castello avvolti nellŐincuria e nelle erbacce per nove mesi lŐanno sia, primo, la maniera pi dignitosa in cui possiamo custodire i nostri simboli e tesori; secondo, dovremmo riflettere su quanto la cura dei luoghi sia fondamentale nella prevenzione del rischio.

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Su un incendio che divampa robusto giˆ dalle ore 19:00 del 11 giugno e su un Canadair che arriva alle 10:50 del 12 giugno spero se ne parlerˆ molto nelle sedi opportune. Ma  speranza vana. Fummo solo fortunati lŐanno scorso, noi marateoti ÔmarinaioliŐ, quando giˆ allŐalba del 9 agosto i Canadair ronzavano sopra le nostre teste per spegnere lŐincendio che minacciava le case di Marina.

é una realtˆ tanto evidente da non poter essere taciuta che la prevenzione degli incendi boschivi non funziona. Si sprecano le segnalazioni e le telefonate, ma mezzi e personale non sufficientemente ben sparsi sul territorio nazionale. Possiamo discutere fino a diventare verdi su torrette di segnalazione poste qua e lˆ nei monti e su nuovo personale (state tranquilli: solo volontario!) da mettere negli anfratti pi remoti degli Appennini. Pochissimi, e forse nessuno, degli Enti amministrativi italiani ha le forze economiche necessarie per farlo, ammesso e non concesso che i mezzi di cui parliamo siano veramente i migliori possibili.

E il discorso perde ancor pi contatto con la realtˆ quando si vuole che sia Maratea stessa a dare lŐesempio e dotarsi da sŽ di simili mezzi.

Ma Maratea non  unŐisola. La trappola di pensiero in cui almeno una intera generazione di noi marateoti  caduta e in cui sta lasciando cadere le successive  che il nostro paese sia una monade, unŐentitˆ a sŽ stante dal resto del mondo, che per sopravvivere al meglio delle sue possibilitˆ deve porsi fuori dal contesto politico-amministrativo che la circonda. Ma chiudersi in questa trappola di pensiero fa la fortuna soltanto di quegli avventurieri politici che, in campagna elettorale, riescono a porsi come gli eroi della situazione che, con il loro sacrificio umano e professionale, si dicono pronti a salvare la Comunitˆ dalle malefatte del cattivo di turno, precedente amministratore o lontano deputato, a cui sono attribuiti, giocoforza, i problemi del presente e del passato di questo piccolo mondo sotto vetro.

Invece i nostri problemi hanno radici comuni con quelli del resto dŐItalia e del suo Mezzogiorno. é solo allŐinterno di questi contesti che possiamo sperare di trovare la forza di superarli.

E poi, nella realtˆ, e con un minimo di pensiero critico, possiamo veramente immaginare che a Maratea si possano adottare soluzioni che gli organismi ammnistrativi di cui la stessa Maratea fa parte non hanno le forze per implementare?

Se lŐincendio boschivo  veramente un business, cos“ come siamo portati a immaginare, la soluzione per vederlo scomparire non pu˜ che essere una: renderlo antieconomico.

Facile a dirsi, certo. Ma come fare?

Queste righe non possono offrire nessuna soluzione. E ci˜ per il semplicissimo motivo che chi scrive non ha la fortuna di averne una. Ma resta mia ferma convinzione che soltanto inquadrando i problemi nel quadro pi grande e pi preciso possibile si pu˜ arrivare al livello di consapevolezza necessario per maturare un pensiero di azione efficace. DŐaltra parte,  questa operazione la cosa che si chiama, o si dovrebbe chiamare, pensiero politico.

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