I tesori che Maratea rischia di perdere:

la mostra archeologica di Palazzo De Lieto

 

Ieri 7 ottobre, sulla web radio che da 9 anni il maestro Franco Rizzo manda avanti e porta altro lustro a Maratea, il prof. Francesco Sisinni ha presentato il suo lavoro Maratea. Appunti di storia, una monografia che tutti noi amanti della storia locale aspettiamo con curiosit di poter leggere.

Nellintervento alla radio, il prof. Sisinni non ha potuto – e tutti conoscendo la sua personale storia, non possiamo sorprendercene – esprimere il suo disappunto per la tuttora perdurante situazione della mostra archeologica di Palazzo De Lieto.

Mi lasci lo sfogo – ha detto, testualmente, Sisinni a Rizzo – perch da Direttore Generale [del Ministero dei Beni Culturali, n. d. r.] feci acquistare Palazzo de Lieto, lo feci restaurare per destinarlo a museo del territorio. E non pu essere soltanto Pinacoteca Angelo Brando! Ben venga la pinacoteca, ma compatibilmente con ci che dice della nostra origine.

 

Sul fatto (la mostra archeologica non stata aperta questa estate e se nՏ paventato lo smantellamento) ho gi dedicato un intervento su questo sito lo scorso agosto: lo potete leggere qui.

La sensibilizzazione al tema mi pare fondamentale per la Comunit tutta di Maratea, per cui questa pu essere loccasione per ricordare, ancora una volta, quali tesori archeologici (e parliamo solo dei reperti non monumentali) rischiamo di far tornare a poltrire in freddi scatoloni in chiss quale magazzino.

 

I reperti di Grotta Lina.

I reperti pi antichi esposti a Palazzo De Lieto non sono dorigine antropica. Sono, invece, reperti ossei di quella che fu la fauna del territorio di Maratea nel Pleistocene.

Tra il 1988 e il 1995, un gruppo di ricercatori delle universit La Sapienza di Roma e Federico II di Napoli trov questi reperti nella Grotta Lina, presso Marina di Maratea. Nel corso di migliaia di anni, qui si ammucchiarono le ossa degli animali che popolarono il territorio nellalternanza dei periodi glaciali e interglaciali. Al periodo pi freddo risalgono i resti di orso delle caverne (Ursus spelaeus), stambecco alpino (Capra ibex), leone delle caverne (Panthera leo spelaea) e lupo grigio (Canis lupus). Nel graduale miglioramento climatico resistevano esemplari di orso grigio (Ursus arctos) cervo nobile (Cervus elaphus), cervo gigante (Megaloceros giganteus), capriolo (Capreolus capreolus), daino (Dama dama), volpe rossa (Vulpes vulpes), cinghiale (Sus scrofa) e uro (Bos primigenius). Ai picchi di clima caldo risalgono i reperti di leopardo (Panthera pardus), iena maculata (Crocuta crocuta) e non meglio identificati rinocerontidi (genere Stephanorhinus).

 

Le ceramiche de La Timpa.

Il tozzo promontorio del La Timpa, sopra il Porto, come noto, ospit un insediamento indigeno entro capanne abitato a pi riprese dal Neolitico fino al III secolo a.C.

I reperti qui trovati non sono mai stati esposti ed hanno sempre dormito dentro degli scatoloni in un magazzino del nostro Centro Operativo Misto B.A.A.A.S.

In questo caso raramente si va oltre il frammento, eppure tra essi si trovano diversi pezzi interessanti che, in casi simili in giro per lItalia, sono stati con successo esposti affiancati da tabelle e infografiche integrative per mostrarli al pubblico per come dovevano apparire integri.

 

I reperti di necropoli.

Come tutti gli archeologi ci insegnano – e pi prosaicamente, come il grande pubblico della mia generazione ha imparato crescendo insieme ai film della saga di Indiana Jones – i reperti pi spettacolari vengono ritrovati nelle tombe e nei siti di sepoltura (le necropoli, appunto). Ci avviene per lintuitivo motivo che, essendo sepolti integri, si conservano meglio.

Sul territorio di Maratea, sfortunatamente, stata individuata soltanto una necropoli. Si trova a Castrocucco, precisamente laddove ora sorge la cooperativa Pietra Bianca.

Gi nel 1926, in circostanze definite fortuite da un giornale dellepoca, vennero rinvenuti dei tintinnabula (giocattoli) in piombo, reperti che per non si trovano pi a Maratea (pare siano nei magazzini del museo archeologico di Reggio Calabria); poi, in uno scavo del 1980 sono state individuate alcune tombe alla cappuccina (cio chiusa con tegole e coppi a due spioventi), intorno alle quali cerano frammenti di materiali del IV e V secolo d. C.; successivamente, nel 1996, emersero altre sepolture che i ritrovamenti fittili hanno permesso di datare al IV e III secolo a. C.  Tra queste, la cosiddetta tomba 20, ha restituito un corredo di una decina di reperti: un lebes gamiks, quattro skyphos, una lekythos, una lekanis, una hydria e una una epichysis. La tomba apparteneva a una donna, che fu arsa al momento della deposizione: i reperti, infatti, hanno conservato la colorazione rossastra assunta dopo la pira funebre.

Questi reperti sono stati gli unici ad uscire dagli scatoloni per lampliamento della mostra avvenuto nel dicembre 2017, come evento collaterale al Capodanno Rai ospitato a Maratea.

 

Ancore e anfore.

Ultimi, ma pi celebri, sono i reperti finora unici al centro della mostra, quelli trovati nei fondali intorno allisola di Santo Janni.

Sullisola, come ampiamente noto, esisteva un centro ittico per la produzione di certe salse, tra cui il famoso garum, e tuttintorno allisola le navi che venivano a caricare il prodotto ogni tanto perdevano le ancore e qualcosa del loro carico.

I ceppi dancora in piombo, seppure di scarno pregio artistico, sono un vanto storico per Maratea, che grazie ad esse ha il primato di ospitare nel suo mare il pi ricco sito archeologico subacqueo del Mediterraneo.

Le anfore sono state finora esposte soltanto in copia, in un esperimento di museo tattile, creato probabilmente per sopperire al mancato finanziamento della mostra dei reperti reali, i quali hanno bisogno delle teche allarmate.

 

Il futuro della mostra.

Nei pannelli informativi della pinacoteca, ospitata al piano superiore di Palazzo De Lieto, non viene spiegato espressamente il motivo della mancata chiusura al pubblico della sottostante mostra archeologica.

In un pannello, per, si trova scritto che

 

andrebbe attrezzato il piano terra, per farne uno spazio polifunzionale dove allestire mostre temporanee, fare concerti, tenere conferenze, proiettare film, assistere a spettacoli di teatro e di danza. Senza queste attivit un museo, piccolo o grande che sia, non ha futuro. Linteresse per le collezioni permanenti va rinnovato anno per anno con rigorose attivit culturali. Sono queste le azioni concrete che fanno di un luogo preposto alla conservazione di opere darte un luogo aperto e inclusivo, la casa della cultura di tutti, capace di attrarre e suscitare interesse innanzitutto tra i giovani ed essere punto di riferimento delle tante associazioni culturali del territorio non solo di Maratea, ma dellintera area del Lagonegrese.

 

Stando a queste parole, pare di caprie che la legittima speranza di vedere in Palazzo De Lieto la futura sede di un museo di ampio respiro, cio uno dei pi concreti volani per la diversificazione e destagionalizzazione dellofferta turistica di Maratea, voglia essere disattesa dagli attuali dirigenti della struttura.

Senza dubbio, si tratterebbe un clamoroso autogol per Maratea e il Lagonegrese che – spero – sar evitato con la lucidit, il dialogo e lintelligenza necessaria da parte di tutti gli attori istituzionali, economici e della societ civile della Comunit.

 

Diversamente, lidea poi di rendere Palazzo De Lieto luogo di conferenze e proiezioni e spettacoli, poi, difficile da valutare. Personalmente credo poco agli spazi polifunzionali: il rischio quello di snaturare le cose. E poi, Maratea una realt che merita di avere i giusti spazi per le giuste cose: il teatro a teatro, il cinema al cinema, le conferenze nelle giuste sale. Le paranze lasciamole ai pescivendoli!

 

CՏ bisogno di operare, per, alla svelta: i tesori darcheologia, per loro stessa natura, ci ricordano come, in fondo, ci vogliano ben pochi giorni per fare un secolo!

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