Maratea patrimonio dell’Umanità Unesco.
Di Luca Luongo 18/06/2015 - 19:57
Il 28 febbraio 2013 il prof. Francesco Sisinni lanciava ufficialmente l’idea di candidare Maratea come Patrimonio dell’Umanità per l’Unesco. L’iniziativa veniva accolta dall’Amministrazione Comunale guidata dal sindaco protempore Mario Di Trani, che nei mesi successivi chiedeva ed otteneva degli incontri con i responsabili dell’ufficio preposto del MiBAC di Roma. Lo scorso 16 giugno, si è di nuovo discusso dell’idea in una conferenza convocata dallo stesso Sisinni.
Ma Maratea può diventare veramente Patrimonio dell’Umanità?
Come si sa, l’organizzazione internazionale applica dei rigidi criteri per la selezione di questi siti. Essi devono soddisfare almeno uno di dieci criteri di selezione:
1. rappresentare un capolavoro del genio creativo umano
2. testimoniare un cambiamento considerevole culturale in un dato periodo sia in campo archeologico sia architettonico sia della tecnologia, artistico o paesaggistico
3. apportare una testimonianza unica o eccezionale su una tradizione culturale o della civiltà
4. offrire un esempio eminente di un tipo di costruzione architettonica o del paesaggio o tecnologico illustrante uno dei periodi della storia umana
5. essere un esempio eminente dell’interazione umana con l’ambiente
6. essere direttamente associato a avvenimenti legati a idee, credenze o opere artistiche e letterarie aventi un significato universale eccezionale (possibilmente in associazione ad altri punti)
7. rappresentare dei fenomeni naturali o atmosfere di una bellezza naturale e di una importanza estetica eccezionale
8. essere uno degli esempi rappresentativi di grandi epoche storiche a testimonianza della vita o dei processi geologici
9. essere uno degli esempi eminenti dei processi ecologici e biologici in corso nell’evoluzione dell’ecosistema
10. contenere gli habitat naturali più rappresentativi e più importanti per la conservazione delle biodiversità, compresi gli spazi minacciati aventi un particolare valore universale eccezionale dal punto di vista della scienza e della conservazione.
Non ci si potrà accusare di patria partigianeria, quando affermiamo che la nostra Maratea può realisticamente puntare a soddisfare non uno solo di questi criteri – il che già basterebbe alla proclamazione – ma, a nostro parere, a ben quattro.
Maratea offre, senza ombra di dubbio, un esempio eminente dell’interazione umana con l’ambiente: il nostro pensiero va, in particolare, all’antica Maratea Castello, le cui rovine svettano sulla cima del monte San Biagio. Quando le popolazioni del Mezzogiorno dovettero rifugiarsi sulla cima delle montagne, per sfuggire alla malaria delle riviere ed alle incursioni saracene, i nostri antenati crearono un capolavoro di urbanistica spontanea, con piccole casette a forma di torre che si alternato a palazzi bastionati, case palazziate e possenti mura di cinta. L’antica cittadina si aggrappa, cresce, spunta sui costoni di roccia senza soluzione di continuità con la pietra, si confonde con il monte, sembra quasi volersi mimetizzare sulla montagna per non interferire col paesaggio. Stesso discorso si può fare, senza problemi, per il Borgo, il nostro centro storico.
Maratea offre atmosfere di una bellezza naturale e di una importanza estetica eccezionale. Su questo punto non crediamo dover argomentare! La nostra costa non è semplicemente un capolavoro della Natura. Su questo lembo di Lucania sul mare Tirreno pare quasi che l’azione creatrice degli elementi abbiano voluto strafare: due distinte unità morfo-geologiche si scontrano e si saldano innanzi al nostro mare, una – a nord –, alta, ispida, con grandiose falesie, che quasi ricorda i paesaggi di Amalfi e Positano; l’altra – a sud –, delicata, con monti che quietano i loro versanti verso il mare e stendono selvaggi promontori sulle onde, creando quadri di suggestiva bellezza.
Maratea ha nel suo territorio esempi rappresentativi di processi geologici. Pensiamo al fenomeno di sackung in atto, da migliaia di anni, nella valle sottostante il centro storico. Come è noto, la valle di Maratea altro non è che una gigantesca frana – o, per meglio dire, una deformazione gravitativa profonda, come piace dire ai nostri amici geologi per essere più precisi –, che scivola lentamente verso il mare, e che lascia intravedere, anche a grande distanza, la linea di faglia ai piedi del monte Crivo. Questo fenomeno rarissimo, ha attirato ed attira da decenni geologici e studiosi da tutto il mondo nelle nostre contrade, che pubblicano numerosi saggi su questo fenomeno nelle riviste specialistiche.
Ultimo, e non chiudiamo con poco, Maratea contiene habitat rappresentativi e importanti per la conservazione delle biodiversità, tanto floristiche che faunistiche. Il territorio di Maratea non solo detiene un record, ospitando ben quattro SIC (Sito interesse comunitario), ma ospita anche le rarissime colonie della stupenda Primula Palinuri, un endemismo floristico che cresce soltanto da noi e sul Capo Palinuro, da cui prende il nome. Il falco pellegrino, sovrano incontrastato del nostro cielo, nidifica nei nostri più remoti boschi ed attira studiosi persino dall’autorevole università di Cambridge. Ma, soprattutto, l’isola di Santo Janni è l’habitat, unico al mondo, dove vive e prospera
Maratea, quindi, patrimonio dell’Umanità? È ovvio che per dirlo non avremmo bisogno di una carta bollata, sebbene di un così autorevole ente, ma un tale riconoscimento sarebbe per Maratea di un valore inestimabile.
Questa nostra terra, ultimo lembo di una regione per secoli «serrata nella miseria e nel dolore, negata alla Storia e allo Stato» (cito il solito Carlo Levi), non trova la sua redenzione soltanto in uno stupendo paesaggio a picco sul più incantevole dei mari, ma respira, pulsa, vive in ogni suo angolo, in ogni sua pietra, ed è madre, amabile e affettuosa, di tutti i figli che nei secoli l’hanno popolata. Perché, se pure Maratea non dovesse divenire patrimonio dell’Umanità, l’Umanità sarà sempre il grande patrimonio della terra di Maratea.