Nuovi
appunti sulla chiesetta della Madonna degli Ulivi
INVIATO
DA LUCA LUONGO IL VEN, 05/08/2016 - 15:08
Esattamente
un anno fa pubblicavo degli Appunti storici sulla chiesetta della Madonna degli Ulivi, lavoro che ho ripreso e rivisto lo scorso maggio
per essere pubblicato sul nuovo Il Giglio di San Biagio, riportato alla
vita per lodevole iniziativa del nuovo parroco di S. Maria Maggiore, don Luigi.
È quello un lavoro di ricerca condotto
principalmente sui documenti inediti che ho avuto la
fortuna di poter visionare, negli scorsi anni, nell’archivio parrocchiale di
Maratea e in varie biblioteche di Roma. È senza dubbio vero che il lavoro di
ricerca sui documenti è imprescindibile: deve però essere supportato dalla
ricerca sul campo, salvo accorgersi – com’è successo a me oggi – di aver
scoperto ciò che era nascosto ed essersi lasciati sfuggire l’ovvio!
Stamattina, durante la funzione religiosa a
cui ho assistito, ho per la prima volta notato la
strana fisionomia dei resti dell’affresco che copre la parete
del presbiterio.
Nei libri dedicati alle chiese di Maratea e nei capitoli dedicati a questo eremo, così come nelle schede ministeriali che ho
potuto vedere, si parla degli affreschi del Pantocratore (nell’abside), della
Madonna col Bambino, di S. Caterina d’Alessandria e dell’altra Madonna non
meglio identificabile (ai suoi lati), ma quasi mai – salvo mi sia sempre
sfuggito – del fregio superiore.
La cosa notabile sono
le tracce di una sovrapposizione di due pitture di epoche e stili diverso. La prima,
meglio visibile, pare della stessa epoca di un altro dipinto (una finta nicchia
a destra della porta d’ingresso) e sembra rappresentasse
due angeli che reggono una grande nuvola o un grande telo, sopra cui,
probabilmente, era raffigurata la «Imago Beata Verginis»
di cui parla la visita episcopale del 1601.
Al margine destro del frammento a
sinistra, invece, si scorge, sotto la pittura più moderna, un fregio più
semplice, con una banda bianca a contorni rossi che – sembra – corresse anche sulle pareti laterali del presbiterio.
Il fatto in sé
stesso non sembrerebbe meritare molta attenzione. Il punto è che, se queste
ipotesi potessero passare l’esame di uno storico
dell’arte – quale io non sono – riuscirebbero a spiegare un
piccolo mistero nel
quale si incappa quando si va a studiare, come feci io un anno fa, la storia di
questa chiesa: perché nei verbali delle visite episcopali e nei documenti dal
XVII secolo in avanti non si parla mai degli affreschi ora visibili? La
spiegazione sarebbe che, in epoca posteriore al 1601, un lavoro di restauro ha
interessato la chiesa – sicuramente ben più antica di
quattrocento anni – e che in questi lavori è stata creata una pittura che ha
coperto le tracce di quelle precedenti, rinvenute nell’epoche successive. Se
così fosse, la mezzaluna superiore della nicchia che ora appare, bianchissima,
sopra l’abside, e che serviva a conservare la statua della Madonna – la «imaginem ex
rilivio
[sic] dicti B. V.»
di cui parla la visita del 1678 – sarebbe stata creata
quando la pittura del Pantocratore era già acefala (altrimenti non si
spiegherebbe la sua posizione) e quindi coeva a questa nuova decorazione.
Sono però solo ipotesi. Spero
che queste righe possano interessare alla questione persone più
qualificate a cui offro, nei limiti delle mie capacità, le informazioni già in
mio possesso per aiuto.