A proposito di 8 marzo

UNA DONNA DA NON DIMENTICARE

 di Emanuele Labanchi

Si tratta di Lidia Po‘t, nata a Perrero (TO) il 26 agosto 1855, la prima donna in Italia a chiedere lĠiscrizione allĠAlbo Avvocati.

Si era laureata il 17 giugno 1881 a pieni voti presso la Facoltˆ di Giurisprudenza di Torino, con una tesi sulla condizione femminile in Italia e sul diritto di voto per le donne. Poi si era iscritta alla pratica forense, superando brillantemente al primo tentativo lĠesame di procuratore legale. A quel punto, come tutti i suoi colleghi uomini, inoltr˜ la richiesta di iscrizione allĠOrdine, non essendo previsto alcun esplicito divieto allĠiscrizione di una donna (le donne nel Regno dĠItalia non avevano il diritto di voto, era ancora in vigore lĠumiliante istituto dellĠautorizzazione maritale e mai nessuna prima di allora aveva osato accostarsi alla professione forense). LĠacceso dibattito allĠinterno del Consiglio dellĠOrdine si concluse in favore dellĠiscrizione, con 8 voti favorevoli e 4 contrari, poichŽ nessuna norma vietava alle donne lĠaccesso allĠavvocatura. E, tuttavia, lĠallora Procuratore Generale del Re denunci˜ lĠanomalia del caso alla Corte di Appello ed a nulla valse la tesi della giovane avvocata, che port˜ esempi di donne che, in altre nazioni europee, svolgevano giˆ da tempo legittimamente la professione forense. La Corte di Appello di Torino accolse le ragioni del Procuratore e ritenne che quello di avvocato fosse da considerarsi un ufficio pubblico e, in quanto tale, la legge vietava espressamente che una donna potesse ricoprirlo.

ÒLĠavvocheria  un ufficio soltanto da maschi e nel quale non devono punto immischiarsi le femmineÓ.

Con queste parole ed altre scritte dai giudici, tutti uomini, della Corte di Appello di Torino lĠavvocata piemontese venne cancellata dallĠAlbo degli Avvocati di Torino.

Lidia Po‘t non si arrese e, continuando a frequentare lo studio del fratello avvocato, present˜ un articolato ricorso alla Corte di Cassazione che, tuttavia, conferm˜ la decisione dei giudici della Corte di Appello, impedendole di esercitare la professione ma non di continuare a coltivare la sua passione per il diritto sino a specializzarsi nella tutela dei diritti dei minori, degli emarginati e delle donne.

Finalmente nel luglio 1919 il Parlamento approv˜ la legge Sacchi, che autorizzava ufficialmente le donne ad entrare nei pubblici uffici, ad esclusione della magistratura, della politica e dei ruoli militari. Cos“ nel 1920 Lidia pot ripresentare, con immediato accoglimento, la richiesta di iscrizione allĠOrdine degli Avvocati. AllĠetˆ di 65 anni torn˜ ad indossare la toga, che le era stata tolta tanti anni prima, e ad utilizzare il titolo di avvocato. Due anni dopo divenne presidente del Comitato italiano pro voto delle donne e riusc“ a vedere il frutto del suo impegno votando alle prime elezioni a suffragio universale in Italia nel 1946. Si spense a 94 anni il 25 febbraio 1949 dopo essersi battuta tutta la vita, da avvocato ma soprattutto da donna, per la definitiva vittoria, almeno in diritto, del sacrosanto principio di uguaglianza.

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