LA CEMENTIFICAZIONE DELLA VALLE DI MARATEA

 di Emanuele Labanchi

 

Richiamo qui la lapide commemorativa dell'apertura di una strada agevole per accedere alle "acque" da Maratea inferiore (quella superiore era al Castello) verso la valle. E ubicata in via za Pagana angolo lato strada del Palazzo Siciliani. L'iscrizione, ormai appena leggibile e probabilmente sconosciuta ai pi che non vi fanno caso, testimonia lo stato della viabilit all'epoca (1771) e l'importante suo miglioramento, grazie alla spianatura di un antico sentiero e realizzazione di un pi comodo percorso che portava alle ACQUE e quindi a Campomulini e ad una zona ricca di sorgenti, di orti, mulini, frantoi (Sorgimpiano, San Basilio, Cavalero, Santa Maria) e con poche case di campagna.

Poterono allora incrementarsi le attivit agricole e artigianali nella verdeggiante valle (si rinvia in merito al pregevole opuscolo "Ad Aquas a cura dell'Associazione "Amici di Maratea"-2016).

Bene! La situazione descritta rimasta sicuramente tale per i secoli successivi almeno fino ai primi anni cinquanta-sessanta del 1900 e la valle, ricca di acqua, dette per lungo tempo un notevole contributo allo sviluppo della Maratea inferiore, oggi Centro storico. Tanto pot verificarsi soprattutto a seguito della migrazione della popolazione dalla parte superiore (Castello) verso la parte inferiore. Vi fu una lenta migrazione comunque rispettosa dell'ambiente e della pi vicina, fertile valle, nella quale rimanevano gli antichi fabbricati, per lo pi rurali, abitati e curati insieme agli orti ed ai giardini di pertinenza. Erano raggiungibili attraverso sentieri o stradelle proporzionati alla natura del luogo ed alla modesta presenza di abitazioni in terreni destinati prevalentemente all'agricoltura ed, in parte, alla pastorizia.

Oggi, e da qualche tempo, non pi cos! Per avere un quadro chiaro e completo basta affacciarsi dal piazzale don Domenico Damiano al Castello per esclamare: C'era una volta la valle di Maratea!

Si intravede distintamente un mare di case sparse di qua e di l sin sotto il monte Cerrita, costruite in barba all'antico esempio del borgo a monte ed in assenza di una qualsiasi logica nella disordinata prospettiva di una Maratea nuova e diversa dal Centro storico. Pochi orti e giardini sopravvivono e le antiche abitazioni progressivamente, per la maggior parte, sono state sostituite da ville con nuovi residenti "estivi" in vacanza. Sono stati ristrutturati dal Comune alcuni mulini e frantoi naturalmente con attuale diversa destinazione. Sono comparse anche le piscine in un contesto in cui appare stravolta del tutto la verdeggiante valle di un tempo. Essa ora percorribile in lungo ed in largo ma solo attraverso piccole strade carrabili che sarebbe preferibile utilizzare a senso unico, in considerazione della loro minima larghezza, come realizzate in passato senza la previsione del notevole sviluppo edilizio. I vecchi sentieri sono quasi del tutto abbandonati.

Le acque superstiti sono esse stesse, per cos dire, disorientate dinanzi a siffatto irrispettoso stravolgimento dei luoghi.

Cui prodest? Direbbero i latini.

A chi giova? Diciamo noi.

Dove finita la valle rigogliosa che avevamo ricevuto dai nostri avi?

Quale valle lasciamo o intendiamo lasciare a chi verr dopo di noi?

E' possibile ancora ed in qualche modo porre rimedio con opportuna pianificazione urbanistica, anche se tardiva, in modo da rapportare degnamente il Centro storico alla nuova realt abitativa caoticamente in espansione sotto i suoi occhi tra il monte San Biagio ed il monte Cerrita?

E' ancora possibile progettare una idonea viabilit rapportata al volto nuovo della valle o, tra un mare di case sparse, dovremo ormai continuare a percorrerla in auto, anche a nostro rischio e pericolo, attraverso un dedalo di inadeguate viuzze, tutte a doppio senso di circolazione?

Mentre pensiamo a Maratea possibile patrimonio Unesco, adoperiamoci per salvaguardare opportunamente il nostro meraviglioso territorio con le sue peculiarit.

Quanto accaduto, lentamente ma inesorabilmente, nella valle negli ultimi cinquanta-sessanta anni sotto gli occhi di tuttie certamente non depone bene.

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