UN COMMOSSO 4 NOVEMBRE A EPISCOPIA
di Emanuele Labanchi
Era la poesia scritta dal Maestro Biagio Schettino di Maratea,
mio nonno materno, il 12 maggio 1923 proprio ad
Episcopia ed a lui ispirata da una bambina del luogo , cui la guerra aveva
portato via il babbo, volato l, per glinfiniti monti, pieni di neve e di
bufera e tra quei monti sparito una sera.
Erano presenti i figli di quella piccola orfana (Maria Molfese di Vincenzo), Bettina, Rosalba e Antonio Sofia
(nelle due fotografie), che custodiscono gelosamente loriginale di quella
poesia, scritta da un giovane maestro elementare, ragazzo del 99 al fronte
nella Grande Guerra ad appena 17-18 anni. Ed come, se in quel momento, fosse
stato presente anche lui che, da soldato, aveva conosciuto quei monti pieni di
neve e di bufera tanto lontani dalla sua Maratea, ove pot far ritorno.
Gli episcopioti ebbero modo di conoscerlo durante i quattro anni
del suo insegnamento nel loro paese, nel quale si fece subito apprezzare per le
grandi doti umane e per la passione nellimpegno scolastico, tanto che ne
conservano ancor oggi un bel ricordo. Da ultimo, il giovane Ten. Alberto Maria
Viceconte, Consigliere comunale, autore di Episcopia – Storia e storie,
ha voluto riportare nel suo libro uno stralcio delle Memorie di un Maestro,
scritte da mio nonno, relativo a I quattro anni di
vita magistrale ad Episcopia. Ed ancora, soprattutto
al giovane Tenente, che con passione si adopera per lasciare alle future
generazioni la conoscenza del passato, si deve il ricordo dellorfana e della
sua famiglia straziata dal dolore della guerra, comune a tanti, mai sopito, e reso
vibrante nellaria dai toccanti versi del Maestro Schettino, recitati dallAvvocatessa
Angioletta Pangaro Viceconte.
-DA PRIMI CANTI di Biagio Schettino -
L ORFANA DI GUERRA
Non piango, no: So ben che tu non vuoi
Babbo, poich, fidente, tra gli eroi
Volasti, in un mattin, senza ritorno,
Di lauro e di candor solo, adorno.
Sorrisi e amor: ti dicea la vita
Tra le carezze nostre e la fiorita
Casetta che, ospitale, t'attendeva
Se, stanco dal lavor, tu tornavi.
Fu breve gioia che ci tenne uniti!
Poi tu volasti l, per gl'infiniti
Monti, pieni di neve e di bufera:
Tra quei monti sparisti una sera!
Nei giorni sfiniti dal dolore,
Ch'era trafitto e addolorato il core,
Afflitta, a mamma, chiedea nel pianto:
Il babbo di', dov', che amavo tanto?
Ed ella, nel dolor,
gi fatta santa,
Al petto mi stringea, triste e
affranta.
La Patria, dicea, la Patria volle,
Amala , ognor,
ch il babbo cos volle.
E, l'amer, s, babbo, te'l
prometto,
Sulla via del ben t'imiter,
Ed arder, sempre, nel mio petto
L'amor pel babbo mio che ci salv.
-Episcopia, 12 maggio 1923-