PIETRE D'INCIAMPO
di
Emanuele Labanchi
Si
tratta di un'iniziativa dell'artista tedesco Gunter Demnig,
attuata in Europa gi dal 1992 e consistente in un piccolo blocco quadrato di
pietra (10×10 cm), ricoperto di ottone lucente, posto davanti la porta della casa nella quale ebbe ultima residenza un
deportato nei campi di sterminio nazisti: ne ricorda il nome, lŐanno di
nascita, il giorno e il luogo di deportazione, la data della morte.
In
Italia da tempo sono state e sono deposte "PIETRE
D'INCIAMPO" in un numero crescente di Comuni con l'obiettivo di dar vita
ad un inciampo emotivo e mentale, non fisico, per mantenere viva la memoria
delle vittime dellŐideologia nazi-fascista nel luogo simbolo della vita
quotidiana – la loro casa – , ma anche in altro luogo simbolo,
invitando allo stesso tempo chi passa a riflettere per non dimenticare.
Tra
le vittime, cui possono essere dedicate, vi sono anche 650.000 IMI (Internati
Militari Italiani) che, dopo l'8 settembre '43 e dopo la loro cattura, si
rifiutarono di continuare la guerra al fianco dei nazifascisti e scelsero
volontariamente la prigionia nei lager tedeschi, dove la maggior parte trov la
morte. Si trattava di giovani militari che dettero cos vita ad
una forma di Resistenza ancora poco nota, cui Alessandro Natta, che l'aveva
personalmente vissuta, ha dedicato un libro dal titolo "L'altra
Resistenza".
La
mappa rende evidente la scarsa diffusione di tali "Pietre dŐInciampo"
nel nostro Mezzogiorno, ove pur numerosi sono i casi per i quali possono
trovare idonea collocazione, per non dimenticare quanti
non hanno fatto pi ritorno al loro paese. Tra questi vi sono, come da ricerca
del Prof. Francesco Mandarano, anche tre soldati IMI di Maratea, per i quali mi
auguro si possa provvedere:
Brando Gennaro, classe 1916 – Giffuni Domenico, classe 1915 – Panza Giuseppe,
classe 1922.