A LAGONEGRO
UN OASI DI SPIRITUALIT DA
VALORIZZARE
di
quella del Convento di Santa Maria degli Angeli, dove sono stato lo scorso venerd con amici in
visita organizzata.
Per quanti, come me mai recatisi prima in quel
luogo, stata, per cos dire, una piacevole sorpresa nello scoprire unampia,
antica struttura con circostante terreno, affidata alla custodia e cura del
sig. Giovanni, che l si da tempo trasferito,
eleggendola a sua dimora, ed stato la nostra guida, sempre disponibile con
tutti i visitatori.
Vincenzo Fucci cos descrisse nel 1992 la bellezza
e limportanza di quello storico monumento unitamente allo stato di degrado e di precariet, nel quale allepoca versava, invocando un intervento di
rivitalizzazione:
IL COMPLESSO DI S. MARIA DEGLI ANGELI
A LAGONEGRO
Un monumento che parla al cuore degli
uomini
C' il silenzio
assoluto sull'antico complesso di S. Maria degli Angeli a Lagonegro. il silenzio dell'abbandono, del degrado che fa presto
diventare rudere.
Eppure sembra di sentire ancora nei
corridoi e nelle "celle" lo sgranare dei rosari, il lento e continuo
salmodiare di frati e di conversi che per secoli lo hanno abitato e lo hanno
animato con le preghiere, con le pratiche di piet, con tutto un insieme di
opere e di attivit rivolte alle comunit della zona. Purtroppo solo una
sensazione presto interrotta da voli di pipistrelli che hanno scelto le antiche
mura per nidificarvi e perpetuarsi. Richiamano alla realt.
Quello di S. Maria degli Angeli un
complesso monumentale entrato nella storia religiosa di Lagonegro e della zona
alla quale ha notevolmente contribuito con la presenza attiva dei suoi
abitanti. Dai Benedettini ai Cappuccini, attraverso i
secoli, tutti con la loro animazione hanno dato impulso anche alla vita civile.
Ed ha un valore anche sul piano
economico che non da poco, nonostante le condizioni in cui ridotto e
nonostante le gravissime spoliazioni che negli anni ha subito al suo interno.
letteralmente incastonato nell'ambiente
e la bianca facciata della chiesa - su cui campeggia, all'esterno, sopra la porta, un'antica maiolica con l'immagine della Madonna degli Angeli ed il simbolo dei Francescani - non attira l'occhio di chi transita sulla fondovalle del Noce perch un verde lussureggiante copre e quasi nasconde tutto. Solo l'inverno, con gli alberi spogli, lo rende ben visibile.Non c' nulla di particolarmente
maestoso o di particolare rilevanza architettonica perch un complesso che
apparteneva al quotidiano e dove la vita scorreva anche nella povert degli
ambienti.
Eppure c' qualcosa. Da questo
complesso emana un non so che di particolare, lo si
avverte dai muri sbriciolati, dagli intonaci scrostati, dai dipinti murali che
vanno scomparendo, dalle "volte" che crollano; ha il sapore del
mistero della storia, di una storia non pi ripetibile, di una storia che pare
si sia fermata con gli uomini all'esterno del complesso e che storce il muso
dinanzi al silenzio ed all'abbandono che oggi caratterizzano Madonna degli
Angeli.
Le sue origini si perdono nel tempo, lo si data tra la fine dell'VIII ed i primi del IX secolo.
La sua costruzione risale ai Solitari o Cenobiti, seguaci del Beato Niceforo, in fuga dai saraceni, che fissarono la loro
dimora proprio in contrada Montuoscio di Lagonegro.
Ebbero a loro capo prima S. Cristoforo e poi S. Saba.
Successivamente, intorno al 1000, pass ai Benedettini, che vi dimorarono a
lungo fino a che l'interno complesso pass ai Cappuccini. Proprio questi,
durante alcuni lavori, rinvennero verso la fine del secolo XVI "gli
istituti della regola benedettina strettissimi scritti a mano con carattere longobardo"
mentre in quello stesso periodo ed ancora dopo
ripetutamente venivano ritrovate sepolture di religiosi le cui ossa venivano
inglobate nei muri.
Da luogo di vita attiva, il convento di
Montuoscio diventato via via un eremo, un luogo di
raccoglimento e di preghiera. Lo sempre stato nell'alternarsi delle vicende
dei periodi storici che si sono succeduti nella zona, fino a quando intorno
agli anni '50 venne definitivamente abbandonato anche
dai Cappuccini.
E proprio i Cappuccini che lo
cominciarono ad abitare grosso modo nel 1536 e che
perci ne portano la fondazione a tale data, ritengono che si tratti del
secondo monastero francescano in Basilicata dopo quello di Potenza sorto
qualche anno prima, nel 1533.
Negli Stati dei Conventi Cappuccini del
1650 lo si riporta fondato intorno al 1560 con 17
celle oltre ai luoghi comuni di incontro e di culto. detto anche che vi
prendeva dimora il padre predicatore di passaggio da un paese all'altro della
zona dove veniva chiamato nei diversi periodi dell'anno.
Per secoli il convento di Montuoscio - dal nome della localit - o convento di S.
Maria degli Angeli stato un preciso punto di riferimento della religiosit
popolare ma anche preciso punto di riferimento per i valori che rappresentava e
testimoniava e frequentato luogo di studio per studenti di teologia, per
chierici e laici della zona.
Con suoi ospiti - e non sono mancati quelli illustri tra cui Mons. Nicola Molinari, Vescovo Cappuccino, del quale venne iniziata la causa di santificazione - il convento da sempre ha esercitato notevole influenza sulle comunit della zona - cristiane e non - che vi accorrevano sempre, specie nei giorni di maggiore festivit, per trovarvi alimento alla fede, conforto agli smarrimenti del quotidiano ma anche soltanto per trascorrere una giornata diversa dalle altre. In termini moderni potremmo dire che da sempre ha esercitato una funzione di luogo di relax, una funzione comunque benefica, a seconda dei bisogni di quanti lo frequentavano.
I Cappuccini lo hanno
sempre abitato e saltuariamente anche dopo il 1934 quando ebbero in donazione
una casa nei pressi dell'antica chiesa del castello nel centro abitato.
L'ultimo cappuccino di cui si ha memoria ai nostri
giorni, padre Berardino da Colliano, ancora ricordato da molti in compagnia
dell'asinello che gli era compagno nei suoi andirivieni tra il centro abitato
ed il convento dove si dedicava anche ai lavori agricoli.
Solo nel 1958 i
Cappuccini, accettando l'offerta di Giovanni Cantisani,
passarono nella sua abitazione di piazza S. Anna che poi lasciarono nel 1963
per entrare nel nuovo convento nella nuova zona di espansione nel centro
abitato, nel frattempo riattato.
Sino a qualche anno addietro, l'accesso
all'antico convento era assicurato esclusivamente da una "mulattiera"
non molto agevole che iniziava - ma inizia ancora -
dalla zona sottostante la stazione ferroviaria e che nei periodi forti
dell'anno era frequentata notevolmente da pellegrini e da semplici gitanti che
si recavano all'antico eremo.
Guidano all'antico convento, lungo la strada, 14 croci di legno
simboleggianti la via crucis mentre nel piazzale antistante la chiesa nel 1886
venne eretta una croce in pietra locale montata su due ordini di gradini. Col
decorrere del tempo, ma soprattutto per incuria degli uomini, sia le 14 stazioni della via crucis che la croce dinanzi la chiesa
sono andati pressoch distrutti. Pezzi della croce sono ancora abbandonati nel
piazzale in attesa che mani pietose cerchino di risistemarli.
Soltanto in questi ultimi anni un
comitato, volontariamente costituitosi per cercare di preservare l'antico
convento da altri guasti o perlomeno di limitarli e comunque per tentare di
ripristinare il ripristinabile, ha provveduto a sue
spese alla sistemazione di nuove stazioni della via crucis realizzate in ferro
da un artigiano locale.
Oggi il complesso raggiungibile con
una comoda strada, in corso di completamento, e l'accesso diventato agevole.
Si trattato di una realizzazione richiesta a gran voce dalla comunit sia per
raggiungere l'antico convento ma anche per agevolare possibilit di intervento.
Abbandonato dai
Cappuccini intorno agli anni '50, il convento stato "spogliato"
prima per esigenze dello stesso ordine francescano e successivamente da vandali
e ladri che hanno distrutto o asportato quanto di meglio vi era rimasto.
Non esistono pi nemmeno le briciole
dei grandi valori che vi erano conservati: dall'antichissima biblioteca,
patrimonio librario e ligneo, alle varie suppellettili, ai quadri sacri, agli
arredi sacri e non, tant' che oggi esistono solo le
mura che ancora resistono al tempo.
Eppure il convento ha superato nei
secoli i periodi pi bui tra cui le "soppressioni" a volte stabilite
per mancanza di rendite e le prime leggi di soppressione degli ordini religiosi
e dei loro averi del 1807.
Non cos avvenne con quella del 1861
tant' che nel 1866 i Cappuccini dovettero lasciare il
convento che nel 1874 venne posto all'asta pubblica dal demanio dello Stato. Fu
per riacquistato dallo stesso ordine che lo ha
posseduto fino ai nostri giorni, intorno agli anni '80, quando dai Francescani
venne trasferito ai beni della parrocchia di S. Nicola anche di Lagonegro.
Realizzato in calce e pietra, con il
suo stile asciutto, severo, dovuto certamente all'abilit ed
alla intelligenza costruttiva di "maestri" muratori della zona, con
la povert con cui si presenta, col silenzio e l'abbandono, il complesso di Montuoscio Chiesa e convento - fa malinconia, tanta
malinconia. Ma suggestiona.
Le sue mura sono impregnate di storia,
fanno storia anche esse e la loro severa austerit, la
loro nudit, si impone anche all'occhio pi distratto.
Pur nelle condizioni in cui si trova,
costituisce comunque un patrimonio di notevole entit e chi lo visita se ne
esce con un senso di sgomento, di vuoto, perla irrazionalit degli uomini.
Non ci dovrebbero essere dubbi sulla
necessit della conservazione dell'importante complesso: appartiene alla
storia, fa parte del patrimonio culturale che onora s il luogo in cui sorge ma
anche l'intera regione.
Perch allora non rivitalizzarlo
evitando che sia del tutto, pietra dopo pietra,
mattone dopo mattone, raso al suolo come tanti altri esempi che ci circondano?
Sarebbe un contenitore ideale per molteplici attivit che mancano di una loro
sede. E ce n' richiesta.
Rivitalizzazione significa anche
attivazione di processi produttivi e pu essere attivata stabilendo un rapporto
nuovo tra l'uomo e l'ambiente antico, un rapporto fruttuoso che veda l'uomo
protagonista.
Occorre, per, bloccarne il degrado,
prima che sia troppo tardi.
Testo di Vincenzo Fucci
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1992
Oggi non pi cos poich quellimportante
complesso stato poi oggetto di un significativo
intervento edilizio di recupero, s quasi da risorgere dalle sue rovine e da
riproporsi, immerso nel verde, a Lagonegro e nella zona con la sua silenziosa,
semplice maestosit.
L abbiamo trascorso
alcune ore seguendo la nostra guida, sia allinterno che allesterno del
Convento, lungo i corridoi, in Chiesa, presso le celle, ove possibile pernottare,
sino a ritrovarci nel refettorio per consumare insieme il pasto che ciascuno
aveva portato.
Certo, possibile solo immaginare la vita che l
conducevano monaci e frati di un tempo ma laria che si respira continua ad essere quella e tale da esortare alla spiritualit
Saranno pur sempre necessari periodici interventi
di manutenzione ordinaria e /o straordinaria, ma sar anche importante che i
competenti Organi e quanti abbiano a cuore quel luogo e quel risorto complesso monumentale si
adoperino per una sempre maggiore valorizzazione di un bene cos prezioso in
unarea, vera oasi di spiritualit.
Maratea 06 ottobre 2024 |
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