LA FARMACIA
di Emanuele Labanchi
“Ci sono luoghi – opera dell’uomo – ai quali il tempo che è trascorso ha dato un fascino, un’eleganza, una rigorosa completezza che nessun manufatto recente può eguagliare. Sono semplici abitazioni contadine, piccole chiese abbandonate e dimenticate dai fedeli, vecchi muri a secco di terrazzamenti disusati che ricoprivano le nostre più impervie colline – su cui continuano a crescere, stenti e contorti, ulivi e carrubi -; filari dritti e regolari di viti ancora sorrette dai pali di legno o dai tronchi degli olmi; case di campagna cadenti e solitarie, con finestre vuote dalle proporzioni perfette. E la loro bellezza non dipende solo dalla patina antica che li avvolge. Così era il negozio di Scoppetta: remoto, antico, nobile – se questo aggettivo si può usare per un oggetto inanimato”.
Così esordisce, con impareggiabile maestria, Sandra Puccini in un suo breve ed intenso scritto dal titolo “IL NEGOZIO”. Segue una mirabile descrizione del locale dove, grazie alla penna raffinata, rivivono Umberto Scoppetta, il proprietario, e poi il figlio Andrea e sua madre e le successive, tragiche vicende sino – ahimè - alla chiusura del negozio .
E conclude: “Quel negozio merita rispetto e attenzione: come se fosse un monumento – o una persona: anche se non è fatto di carne e sangue, pure, è un concentrato di ricordi e di vite vissute”.
Mi permetto richiamare qui le sue vibranti parole, fonte di rinnovata emozione per me, che sono stato un assiduo frequentatore del negozio dell’amico Andrea, per ritornare sul corso di Maratea, poco prima della piazza e ripetere:
Così era ed è la Farmacia Brando: remota, antica, nobile, stando a miei ricordi, prima con don Ciccio, poi con don Antonio e poi ancora con Domenico, benchè nel tempo e da ultimo “ferita dal fulmine come l’albero e lasciata senza foglie e senza grido”. Era ed è lì la Farmacia di Maratea nel Centro storico, sul corso Garibaldi, anch’essa, come il Negozio, anche se dal lato opposto, “poco prima della piazza, quasi a presidiarne l’accesso”. Al suo interno, ove si ritrovano immediatamente gli arredi originari, rimasti immobili, semplici ed austeri, con il loro profumo di antico, è possibile cogliere una persistente presenza, lieve e bonaria, in una sorta di continuità nel tempo e nelle generazioni.
Ora anche tu, Dott. Domenico, caro Domenico, ancor giovane, l’hai lasciata e lì, dove con il tuo lavoro, assicuravi una serena, quotidiana presenza a conforto di tanti, all’improvviso una mattina nessun farmaco ha potuto salvarti: ha cessato di battere il tuo cuore mentre, impotenti, i familiari e Maratea tutta, attoniti, ti si stringevano intorno. Subito e per più giorni l’intera comunità è apparsa come ferita, frastornata, smarrita ed il paese ha pianto mentre attraversavi per l’ultima volta il corso. Ho sentito qualcuno sussurrare: “Se ne va un’altra persona perbene”.
Entrandovi ora, non senza esitazione e commozione, vi trovo due ragazzi provati, con il volto segnato dal dolore e dalla tristezza: sono i tuoi figli, Francesco e Giuseppe, che con immensa gioia hai visto diventare Farmacisti. Hanno già raccolto il testimone, caduto dalle tue mani e, fieri, difendendolo amorevolmente, consapevoli del suo valore, lo stringono forte quasi in un abbraccio con il fratello Antonio e la loro mamma.
E’ vero, come da riflessione di Sandra Puccini per il Negozio di Andrea: ci sono luoghi “che nessun manufatto recente può eguagliare” e “che la memoria di un paese e la storia della sua gente, spesso, sono racchiuse anche – e forse più tenacemente – in posti come quello, che sono stati animati dalla vita di tanti uomini e abitati dalle consuetudini quotidiane”.
Tra questi luoghi, animati ed abitati, a Maratea c’è anche la tua Farmacia che “merita rispetto e attenzione: come se fosse un monumento – o una persona”.
Ciao Domenico, uomo semplice, mite ed onesto, volato via una mattina di maggio, dietro al banco, carico di anni e di ricordi, e tra le antiche e nobili pareti aleggia il tuo spirito, che si muove, schivo, lieve e silenzioso, proprio come facevi tu con passo leggero e voce sommessa.