IL MATRIMONIO "ITALIANO"
di Emanuele Labanchi
Forse era ora di un punto fermo, dopo tanto clamore suscitato dalle
trascrizioni disposte da alcuni Sindaci (tra questi Ignazio Marino a Roma) di
matrimoni contratti all'estero tra coppie omosessuali di cittadini.
Mentre appaiono comprensibili le diversità di pensiero e di
proposte sull'argomento ed il Parlamento continua a tergiversare in ordine ad
una disciplina legislativa delle "Unioni civili", è intervenuta a far
chiarezza, per quanti ancora non lo sapessero o fingessero di non saperlo, una sentenza
del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, resa il 26 ottobre 2015 dalla
terza Sezione che, in poche parole, ha detto che per il matrimonio
"italiano" ci vogliono un uomo ed una donna.
Il Consiglio di Stato ha precisato che il matrimonio contratto
all'estero tra cittadini italiani omosessuali costituisce nel contesto delle
vigenti norme nazionali un "atto abnorme -nel senso etimologico latino di
atto fuori dalla norma-", perché manca la differenza di sesso tra gli
sposi che nel nostro sistema di regole è condizione di validità.
Ne consegue ovviamente che tutti gli Ufficiali dello Stato civile
non possono trascrivere il relativo atto nel rispetto della vigente normativa
in materia "ed in coerenza con la concezione del matrimonio che discende dalla
millenaria tradizione giuridica e culturale dell'Istituto, oltre che
dall'ordine naturale costantemente inteso e tradotto in diritto positivo come
legittimante la sola unione coniugale tra un uomo ed una donna".
Il Consiglio di Stato si è, infine, pronunciato per l'annullamento
delle trascrizioni eventualmente disposte dai Sindaci di matrimoni contratti
all'estero tra coppie omosessuali di cittadini.
Una diversa disciplina del
matrimonio in Italia con una chiara scelta politica rimane, dunque, riservata
esclusivamente al nostro Parlamento.