Processioni tra sacro e profano.
L’INCHINO
di Emanuele Labanchi
Con il termine “inchino” si indica un atto di riverenza, consistente nel piegare il
busto abbassando il capo e, talvolta, accennando ad una genuflessione. Si
tratta di un atto di ossequio, di saluto, di omaggio,
di commiato, che si fa chinando il capo (inchino leggero) o curvando le spalle
(inchino profondo). Naturalmente è l’uomo ad “inchinarsi” dinanzi a ciò che
storicamente sia ritenuto meritevole di tanto, sia di
natura divina che umana. È un gesto usuale per Papa Francesco che lo ha fatto
dinanzi alla folla già al momento della sua prima apparizione al balcone di piazza San Pietro e lo fa con tutti come lo ha fatto dinanzi
a Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, con la richiesta di
benedirlo e pregare per lui.
E, tuttavia, l’inchino è venuto di recente, in modo diverso, simbolico e purtroppo tragico,
alla ribalta della cronaca nella vicenda della Costa Concordia all’isola del
Giglio, dove l’allora Comandante Francesco Schettino ritenne di farlo con
avvicinamento esagerato e pericoloso della grande nave all’isola in segno di
saluto agli abitanti, ai turisti ed ai passeggeri, magari anche attraverso
l’uso della sirena (è il cosiddetto “inchino”, come lo chiamano i marinai).
Sennonchè l’inchino, pur dopo la recente invettiva contro la “ndrangheta” di
Papa Bergoglio nella piana di Sibari,
si perpetua anche in alcune processioni religiose in Campania, Calabria,
Sicilia, ove si è ritenuto che l’atto di riverenza potesse essere rivolto si a Dio, alla Madonna o al Santo di turno ma anche al boss locale
ed alla sua famiglia con il coinvolgimento della statua portata in processione.
E così ad Oppido Mamertina,
la Madonna, sorretta da tanti fedeli e seguita da una moltitudine di persone, ha
reso omaggio con sosta dinanzi alla casa di Giuseppe Mazzagatti, anziano Capoclan già condannato all’ergastolo per omicidio ed
associazione a delinquere di stampo mafioso (e meno
male che i Carabinieri si sono subito allontanati dal corteo). Anche a Palermo la
statua della Madonna si è inchinata dinanzi alla casa-covo di
Alessandro D’Ambrogio, luogo ritenuto un simbolo di Cosa Nostra ed a
Porto Empedocle San Calò si è inchinato davanti la casa del boss Messina.
Purtroppo episodi simili si ripetono, forse da
troppo tempo ed ormai sempre più spesso, tanto da far intervenire prima o poi drasticamente le Autorità, civili e/o religiose, competenti
CHE SQUALLORE!
Il mio pensiero va a Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino ed alle tante vittime della mafia, della “ndrangheta”, della
camorra, organizzazioni capaci di strumentalizzare,
direttamente o indirettamente, anche le cerimonie religiose sino alla pubblica
esternazione, a destra ed a manca, addirittura di “inchini” del sacro dinanzi
al profano, sì che quest’ultimo possa mischiarsi e
confondersi con il primo sino a primeggiare su di esso.
La cosa è intollerabile e forse il caso
di richiamare alla mente origine e significato dei termini:
“Sacro” (dal latino “sacer”) è ciò che è connesso, più o meno
intimamente, con la divinità, con la religione e con i suoi misteri, e perciò
impone un particolare atteggiamento di riverenza e di venerazione (è
contrapposto a “profano”).
“Profano” (dal latino “profanus - “ pro fanum”), è ciò
che sta fuori dal sacro recinto”, fuori e non dentro, estraneo
o contrario a ciò che è sacro e religioso.
Se le processioni, con uscita dal
“sacro recinto”, devono contribuire alla descritta, grave confusione tra sacro
e profano, forse è meglio che siano vietate, come pure è accaduto, o che, comunque, non si facciano manifestando così il giusto
primato della sacralità e della spiritualità sia all’interno che all’esterno
del Tempio, o al limite si tengano secondo modalità, percorsi, soste in cui sia
visibile l’unico inchino possibile durante una processione religiosa: Quello
dell’ uomo dinanzi al sacro ed al divino.
E pazienza se ci saranno meno processioni…!
A tutti AUGURI di Buon Natale e di un sereno
2015!