UN VESCOVO, FIGLIO DI MARATEA… DIMENTICATO

 di Emanuele Labanchi

Si tratta di Giovanni Battista (o Giambattista) Labanchi, nato a Maratea il 12 febbraio 1677, figlio secondogenito di Antonio, barone di Castrocucco, e di Francesca Greco. Dopo gli studi universitari a Vienna, fu sacerdote e poi Vescovo di Oria in provincia di Brindisi dal 1720 al 1745, dove si distinse per il suo impegno contro il potere feudale e contro il potere e gli abusi del clero sulla popolazione locale. Come prevedibile, non ebbe per questo vita facile e, pur amato dal popolo, fu vittima dell’astio del feudatario Michele Imperiale, che riuscì a fargli abbandonare la città anche con l’intervento del Papa Innocenzo XIII. Il Vescovo nativo di Maratea e, per così dire in qualche modo scomodo, trovò finalmente, dopo un lungo peregrinare, accoglienza a Mesagne dove, anche qui amato dai poveri e dai deboli, morì il 23 luglio 1746. La Città conserva ancora una via che porta il suo nome. Nel suo paese natale, il ricordo di questo figlio illustre è affidato ormai, oltre ad un quadro con suo ritratto custodito nella Chiesa dell’Immacolata, ai soli cenni negli scritti di don Domenico Damiano, Josè Mario Cernicchiaro e Vincenzo Perretti, sensibili ed appassionati ricercatori delle “radici” anche attraverso gli Archivi diocesani. Fiero del mio antenato, sento, per quanto mi è possibile anche attraverso queste poche righe, potendo la sua vita in quel tempo lontano e più difficile del nostro costituire ancora un mirabile esempio, di non doverne spegnere il ricordo in una comunità a volte superficiale, distratta, piuttosto incline al solo presente, sino a rischiare di dimenticare la sua storia e di diventare “come un albero senza radici”. Basta, del resto, poco per dare segnali in senso contrario, come è stato di recente in occasione delle giornate dedicate al Cardinale Casimiro Gennari ma non bisogna fermarsi ed è giusto perseverare lungo questo cammino, magari apponendo finalmente una targa-ricordo nel centro storico di Maratea presso la casa natale di don Casimiro, posta poco più a monte dell’attuale Hotel “La Dimora del Cardinale”.

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