Dal libro di Sergio De Nicola:
Maratea … parliamone ancora
Costabile Carducci
Storia dimenticata di un olocausto
Teresa Fiorenzano e Maria Paesano, intente a
lavare dei panni alla fonte, in quel
4 Luglio 1848, secondo la ricostruzione dei fatti di M. Mazziotti, non avrebbero mai
immaginato nel portare tra i cittadini di Acquafredda la notizia dello sbarco
di alcuni uomini, di avviare un processo di avvenimenti che avrebbero
consacrato alla storia Costabile Carducci.
Nato a
Capaccio nel 1804, convertitosi ad idee liberali,
Costabile Carducci partecipa ai moti del Cilento del 1828 repressi ferocemente
dal governo Borbonico.
Da allora
lo troviamo sempre attivo nei vari comuni del Cilento, della Basilicata e della
Calabria a tessere rapporti con questi esponenti liberali dei vari paesi, che
dovranno giocare poi un ruolo primario nelle fallite insurrezioni del 1848 e
che rappresentano l’ala più oltranzista e socialisteggiante
del movimento rivoluzionario.
Alla
notizia dei moti siciliani del gennaio 1848, dopo aver preso accordi necessari
con i comitati rivoluzionari di Napoli e Sicilia, Costabile Carducci si mette
alla testa di una nuova insurrezione Cilentana, mentre Ferdinando II° sotto la spinta popolare proclama quella costituzione, accolta
da grande giubilo di popolo, tanto da far scrivere al poeta Lucano di Senise,
Nicola Sole, allora residente a Potenza:
Tutta
la città pareva una sala da ballo, che aveva per volta il cielo, per danzatori
il popolo, per festa la redenzione italiana.
Eletto a Salerno, in seguito alla proclamazione della costituzione,
colonnello della istituita Guardia Nazionale e deputato della stessa provincia,
Costabile Carducci partecipa il 13 e 14 Maggio 1848 con passione alle adunanze
preparatorie di tutti i deputati delle province del regno Napoletano, e, dopo
il colpo di stato di Ferdinando II° (ritiro della costituzione), comincia a tessere
nuovamente le trame della cospirazione prima nel Cilento poi in Calabria, facendo
capo ai resti di quei circoli costituzionali attraverso i quali i liberali antiborbonici
si trasmettono gli ideali di libertà e di unità.
Lo vediamo
attivo nel Cilento, in Calabria, propugnatore di una guerra di movimento, fatta
di azioni ardimentose, l’unica possibile in una realtà dove
ancora la maggior parte del popolo, povera ed analfabeta, vede con diffidenza
il propagarsi di nuove idee di libertà e di riscatto sociale.
In questo
periodo, Costabile Carducci dimostra la sua indole di uomo di azione; sempre
in prima linea, convinto che non solo con le idee, ma principalmente con
l’esempio si accelera il processo maturativo delle masse.
E in ciò
il patriota di Capaccio ricalca il pensiero del Mazzini, che di fronte al
sangue versato da tanti patrioti, in seguito al fallimento di molte azioni
rivoluzionarie e in particolare dopo l’eccidio di Carlo Pisacane farà dire a
quest’ultimo, in un suo scritto rifate,
tentate, tentate sempre fino al giorno in cui vincerete, convinto che con
l’esempio ulteriori fasce popolari si aggreghino alla
causa della libertà.
D’altronde,
Carlo Pisacane, eroe a noi vicino, avvalorando indirettamente, anni dopo, i
principi che mossero l’azione di Costabile Carducci, crede fermamente
nell’importanza dell’azione come elemento di penetrazione delle idee di riscossa
quindi di aggregazione di ampi strati sociali alla
causa della rivoluzione; egli infatti è convinto che è perduto un popolo che insorge prima che sappia quali rimedi bisogna apportare
ai suoi mali.
Nè valgono all’epoca gli
inviti della moglie a distogliere l’eroe di Capaccio dal continuare la lotta, nè quelli di amici come il D’Avossa
che il 21 Maggio 1848 testualmente gli scrisse: ... accettando la preghiera di tua Moglie
ti dico: no, no, no, tu non devi ritentare la vita del rivoluzionario, la
quale, caro Costabile, non si fa mai due volte al mondo, e se si fa non riesce e poi cercando di colpirlo nei sentimenti più
cari gli scrive: .... ed invero in che
deplorabile stato non rimarresti tu ed tuoi miseri figli? Nudi, raminghi,
spezzati, avviliti.
Temerariamente però il Carducci, con l’intento di portare la
rivoluzione nel Cilento e in Basilicata, dalla marina di Praia a Mare, avendo
tra gli altri come compagni Raffaele Ginnari,
patriota di Maratea, si dirige verso Sapri, sicuro di trovare colà l’aiuto dei
liberali locali, ignaro però che le popolazioni del Lagonegrese e del Vallo di
Diano sono stati invece atterrite dal passaggio di numerose truppe regie.
Una tempesta però, il 4 Luglio 1848, trasforma questo drappello di ardimentosi in naufraghi sul lido di Acquafredda di Maratea, dove la popolazione istigata dal prete sanfedista e pluriomicida, Vincenzo Peluso, si organizza contro questo drappello di naufraghi attaccandoli a colpi di fucile.
Il
Carducci ferito, caduto nelle mani del Peluso, viene
poi da questi fatto uccidere a tradimento da un gruppo
di suoi fidati, fatti giungere da Sapri.
Con la
morte inizia un processo di revisione della figura
rivoluzionaria di Costabile Carducci, venendo messa in risalto la corposità
dei suoi ideali di libertà concretizzatisi nella continuità della sua azione
militante tessuta fittamente nel Cilento e nelle Calabrie.
Azione
militante, che insieme a quella espressa da tanti
altri patrioti, nell’arco di alcuni anni, creerà quel processo maturativo di
larghi strati popolari che permetteranno la leggendaria impresa dei Mille.
Giuseppe
Garibaldi, infatti, che, con mille uomini male armati, penetra nel vasto Regno
di Sicilia, come scrive lo storico Arrigo Solmi, vince il nemico e poi, con
nuove forze sempre modeste, traversa lo Stretto, resiste vittoriosamente alla
controffensiva meditata e preparata dal nemico, non è soltanto il condottiero
sapiente e fortunato di un piccolo esercito deciso alla vittoria e alla morte,
egli è l’esponente tipico di una forza ormai matura e irresistibile.
Alla
formazione di tale forza è incontestabile che Costabile Carducci ha dato il
suo contributo e qui si ravvisa la grandezza della sua sfortunata attività
rivoluzionaria.
Al vedere
il corpo martoriato del Carducci, la ferocia popolare, trasformata in pietà,
permette onorata ma dimenticata sepoltura all’eroe, nella chiesa della
Concezione in Acquafredda.
Nel 1901
l’isegnante Francesco Raeli
di Maratea con gli insegnanti di Acquafredda detta una lapide in ricordo del
martire, cementata però su una parete esterna della
Chiesa, come fa rilevare il Prof. Francesco Faraco, storico del luogo, solo il 24 ottobre 1923 per il
precedente veto della Curia vescovile dell’epoca.
Si deve
agli articoli ripetuti del Prof. Francesco Faraco se
l’impresa di Costabile Carducci è stata periodicamente ricordata.
Ora, a
distanza di centoquaranta anni dal martirio dell’Eroe, ci sembra quasi di udire
il sibilo di quelle scoppiettate che nel fendere l’aria, hanno scritto il nome
di Carducci nel libro imperituro della storia.
Da”Gazzettino del Crati”Settembre 1990
_____________
E. Aiello: Lucania 1860 - Laterza Bari -
1960.
M. Mazziotti: C. Carducci e
i moti del Cilento del 1848 - Soc. Editr. Dante Alighieri Roma - 1909.
O. Mosca: Vita di Pisacane - Atlante
Editrice Roma - 1953;
G. Guida: Il Lagonegrese
nel XIX secolo.
C. Pesce: Costabile
Carducci e il dramma di Acquafredda - Tipografia Lucana - Lagonegro 1905;
A. Solmi: Discorsi sulla storia d’Italia -
La Nuova Italia - Firenze - 1933.
V. Librandi: Il Ministro di Garibaldi - Un italo albanese fra gli artefici dell’Unità d’Italia - Gazzettino del Crati - N. 12 del 15.2.87.