U vroncu mi talìa

di Aldo Fiorenzano

I marinai del porto raccontavano spesso una storia incredibile e raccapricciante. Al largo di Maratea si pescava e si pesca tuttora il merluzzo col sistema delle coffe di profondità denominate pulanghisi, Questa è una pesca che si pratica a 200, 300 anche 400 metri di profondità, nel buio eterno e nel fondo fangoso. Al largo del porto il fondo del mare non è piatto ma presenta delle depressioni chiamate fossate dentro le quali vivono parecchie specie di pesci tra le quali anche i merluzzi.

Un giorno, un pescatore siciliano si era recato a pescare i merluzzi insieme al proprio figlioletto di 6 o 7 anni che lo aiutava, remando, a togliere le coffe che aveva calato in mare la sera precedente. Tutto procedeva normalmente quando ad un certo punto si accorse che nella lenza c’era un grosso pesce che combatteva con grande forza. Subito iniziò ad impartire al figlio, con fare concitato, direttive a raffica: rema avanti! ferma... ferma! indietro! fermo! passami u ganciu! moviti! non ti movi! Alla fine stremato riuscì a mettere a bordo un enorme gronco di lunghezza superiore a 3 metri e del peso vicino al mezzo quintale. Soddisfatto se lo guardava e lo avvolgeva a mo’ di corda sopra il pagliolo della barca, poco distante dal ragazzo che soddisfatto e divertito commentava col padre le fasi della cattura. Il gronco per un bel po' di tempo se ne stava immobile a respirare in modo affannoso per smaltire l’enorme fatica fatta nel tentativo di liberarsi dall’amo.

Nel frattempo il padre continuava a togliere le coffe pescando ora un merluzzo, ora una musdea, ora un occhiobello, ora un cagnolo, tutti pesci di fango che sono ottimi da mangiare. Ad un certo punto il bambino notò che l’occhio del gronco non era più socchiuso e spento ma ben aperto e vigile; preoccupato disse al padre: Pà u vroncu mi talìa (papà il gronco mi guarda). Il padre diede uno sguardo distratto al gronco e, continuando a togliere le coffe, disse al figlio di non preoccuparsi e di continuare a remare. Dopo un poco il bimbo si accorse che il gronco era molto interessato a lui e che muoveva la testa nella sua direzione. Ancora più preoccupato ridisse al padre: Pà u vroncu mi talìa. Ancora una volta il padre diede uno sguardo al pesce che si era un po' srotolato ma non destava sospetti di aggressione e ridisse al figlio di remare e di non curarsi del gronco. Fatto sta che ad un certo punto il gronco si alzò come fanno i serpenti, si avvolse intorno al ragazzo e si gettò in acqua scomparendo velocemente nell’abisso portandosi con se l’inerme e incredulo bimbo. Nemmeno il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo che il padre si ritrovò sulla barca completamente solo. Immediatamente volse lo sguardo nel punto dove il gronco si era immerso ma, tranne piccole bollicine che lentamente emergevano, non vide più nulla. Non seppe dire quando tempo restò a guardare sgomento il mare, ma passò il resto della poca vita che gli restava a sperare che gli restituisse ciò che gli aveva così incredibilmente preso.

 

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