Dal libro di
Sergio De Nicola:
Maratea
parliamone ancora
Maratea
ieri
Civismo e operosit in una comunit lucana
Scopo di questo scritto indagare
sulle cause socio-economiche che, nellarco
del tempo, hanno dato alla comunit di Maratea uno sviluppo originale
nellambito di gran parte della regione e delle collettivit limitrofe.
Indagine,
questa, di particolare importanza per capire loriginale continuit di oggi
nello sviluppo socioeconomico della nostra cittadina.
Nel divenire di questa comunit ha
giocato, nel corso del tempo, un ruolo importante il fatto
che Maratea, sin da tempi remoti, ha goduto di privilegi di varia natura,
tra i quali quello elargito nel Giugno del 1428 dalla Regina Giovanna II
DAngi, secondo il quale, mai Maratea dovesse essere ceduta in
feudo ai signori ma rimanere sempre in diretta dipendenza della casa
regnante.
Tale privilegio la
comunit di Maratea ha, sempre gelosamente difeso fino alla fine del regime
feudale. Lapprofondimento di questa privilegiata realt
politico-amministrativa la chiave per capire la complessa e articolata realt
della Maratea di oggi, nei suoi pregi e nei suoi difetti, ma che comunque ne ha
fatto sempre un punto di riferimento per il progresso della nostra area. Basta
analizzare la situazione economica di gran parte della Lucania, o meglio
ancora, di comunit viciniori, per capire come un diverso passato abbia
generato negli ultimi decenni una diversa filosofia di sviluppo al di l dellapparente appiattimento dato dalla
generalizzata diffusione dei beni di consumo e omogeneizzazione delle
abitudini.
Tra il XVIII e XIX secolo, miseranda
era la condizione della maggior parte delle aree lucane. Esse erano mal
collegate tra loro, gestite da feudatari come aree solo da sfruttare, adibite prevalentemente
alla monocoltura cerealicola, a pastorizia e a riserva di caccia. Per la
scarsit di strade e conseguentemente per lo scarso sviluppo del commercio, la
produzione che si diversificava dalle
indicazioni date dal feudatario non aveva prezzo, e nessuno aveva interesse a
stimolare tale produzione per cui leconomia era ridotta allosso.
Nella storia dei popoli della Lucania di G. Racioppi testualmente
si legge: Se in qualche parte le derrate avanzassero al bisogno, non
potevano correre la dove il bisogno era maggiore e avrebbero fatto pro al
consumatore e al produttore. Questo inveterato sistema di previdenza a corta
vista rovinava le finanze del comune e affamava le popolazione.
Quando si aveva un cattivo raccolto, la
fame diveniva indicibile; si legge in un bollettino della Commissione Feudale: Gli
abitanti sono ridotti a tale miseria che per non avere grano, la maggior parte
di essi mangiano erbe per la campagna e ne sono morti pi di quaranta per non
avere di che mangiare.
In questa realt diveniva drammatico il
sistema della tassazione; il contadino, oltre agli esosi tributi che doveva
pagare in natura e in denaro al feudatario, doveva pagare anche le decime agli
ecclesiastici, i tributi statali, permettere una vita decorosa al governatore,
allagente del feudo ecc. sicch poco avanzava alla famiglia per il
vitto, gli indumenti, la legna, il fitto del tugurio.
Tale realt retributiva vigeva anche
nel feudo confinante di Tortora (oggi cittadina in provincia di Cosenza), dove
una comunit tassata fino allindicibile, non poteva nemmeno immaginare di
iscrivere nel proprio bilancio somme per lassistenza sanitaria ai
poveri, per la nettezza del paese, per suppellettili scolastiche e per altre
elementari esigenze della cittadinanza. Anzi, spesso, con il sistema
della tassazione per colletta, il contadino era costretto a pagare le tasse per
lo stato e per gli usi civici non in maniera proporzionale ai propri beni. Il
feudatario riusciva spesso, con cavilli, a far pagare ai contadini anche quello
che era di sua spettanza, cos come accadde intorno al 1743 nel vicino feudo
confinante, allorquando il Duca Vitale dimostr che i
Suoi possedimenti erano allodiali, ossia non tassabili.
Privato di tutto, il contadino, si
rivolgeva ai monti frumentari che gli facevano prestiti molti onerosi
ipotecando, quindi, anche il suo lavoro futuro.
Da questa realt socio-economica non
poteva che scaturirne un quadro sociale drammatico: la denutrizione, lassenza
di consapevolezza delle pi elementari norme di igiene,
da cui malattie e mortalit infantile, e lanalfabetismo di massa creavano uno
stato di abbrutimento costante delle popolazioni, rendendo particolarmente
traumatico il distacco tra il signorotto ed il contadino.
Le classi intermedie erano appena
rappresentate e solo per quel poco che potevano essere utili per evitare il
degrado e il tracollo degli equilibri nel feudo e quindi per quel poco che lo
stesso signorotto auspicava. Spesso era lo stesso feudatario, che mandava a sue
spese qualche figlio di contadini a studiare, per farlo poi tornare nel suo
feudo a curarne gli interessi e a mantenerne stabili gli equilibri.
Nel 1743, per portare un esempio a noi
vicino, il tessuto sociale di un feudo con
noi confinante e gi preso a riferimento, era rappresentato da: bracciali,
massari di campi, bovari, mulattieri, due sartori, un fabbro ferraro, molto esiguo il numero dei professionisti, mentre
risulta ben folto il collegio dei sacerdoti.
Questa era sostanzialmente la realt
socio-economica di gran parte della regione e di comunit viciniori alla fine
del feudalesimo; Questa realt sociologica, sotto forme diverse, persister
nella prima met dellottocento, allorquando la
societ potr sostanzialmente essere divisa in due caste: i proprietari -
galantuomini - e i contadini - cafoni - mentre continuer ancora ad
essere assente il ceto medio.
Stando cos le cose era naturale che lo scontro in certe zone tendesse a
radicalizzarsi per lodio insito di colui che niente ha e si considera vittima
e oppresso contro quello che ha.
Il galantuomo dar al contadino, di
norma, un salario ridotto a quel tanto che gli possa essere necessario
per continuare il lavoro, n la situazione cambier con lunit dItalia,
quando ai vecchi padroni si sostituiranno i nuovi, ben peggiori dei precedenti
come ben evidenzia M. Viterbo: i feudatari nuovi, sol perch si erano
degnati di acquistare con qualche centinaia di
migliaia di lire interi latifondi, si erano sostituiti agli antichi, per senza
il loro retaggio e le loro tradizioni, senza i loro obblighi sanciti dalle
consuetudini.
In questa realt non si verr a creare
un nuovo contadino, quello che sarebbe dovuto venir fuori da una nuova riforma
agraria, ma ne verr fuori la figura romantica di un
Carmine Crocco, del ribelle istintivo, di colui che vorr ad ogni
costo fare e farsi giustizia.
Molto diversa da questa drammatica
realt era la situazione di Maratea; come gi detto, essa non aveva conosciuto
il regime feudale, venendo quindi ad essere
sgravata da tutti quegli oneri ad esso inerente, anzi aveva goduto di numerosi
privilegi come quelli che garantivano ad ogni cittadino di Maratea: le
esenzioni di qualsiasi dogana o gabella per qualunque cosa avessero venduto e
comprato in ogni parte del regno, lesenzione da ogni decima per i pescatori
dovunque avessero esercitato il. loro mestiere e il permesso di pascolo, nel
territorio demaniale, senza alcuna tassa - 22 novembre 1496 - Federico
DAragona.
La coscienza di tale condizione
privilegiata, port i marateoti nel 1530 alla corte di Napoli per ottenere la
soppressione del contratto da poco stipulato tra il plenipotenziario di Carlo V
col conte Carafa al quale si cedeva in
feudo tutta la cittadina di Maratea e ricomprando nella stessa occasione per
6000 scudi gli stessi privilegi che i regnanti precedenti avevano concesso.
Questa libert economica era chiaro, che nel corso dei secoli, generasse una societ
composita e diversa da quella di altre aree. Nel 1786 Maratea risultatitolare di una dei quattro ripartimenti in
cui suddivisa la regione, aumentano il grado di
alfabetizzazione e le strutture per listruzione e la sanit, migliora il
sistema dei traffici in cui i marateoti sono gi abilmente esperti.
Da ci si evidenzia gi la sostanziale
diversit di sviluppo tra la comunit di Maratea e quella del feudo gi citato,
il quale presentava nel 1743, un quadro, come abbiamo visto, socio economico
del tutto diverso, per non parlare di vaste aree della regione lucana.
Nel 1734 Maratea, per opera di Giovanni
de Lieto, si attrezzava di un Ospedale per i poveri infermi e
in seguito a donazione di un tale Diomede Montesano di un Monte di
Piet p Poveri Vergognosi.
Nel 700 si aveva ancora a Maratea un
teatro con un magnifico palcoscenico, con due ordini di palchi p Nobili e con una platea spaziosa, agiata e comoda
per la Popolazione.
La presenza di ordini religiosi, nei
vari monasteri, non era di aggravio per la collettivit, ma anzi per i continui
lasciti, essi garantivano istruzione alla giovent locale, educandola oltre che
al sapere, al gusto e allarte, perpetuando e facilitando, quindi, quellopera
di amalgamazione sociale, caratteristica dello sviluppo della nostra societ.
Daltronde la libera attivit commerciale, aveva creato a
Maratea, oltre al grande possidente, anche tanti e tanti piccoli proprietari;
questi diversificando la produzione, non
solo si garantivano il necessario per la propria famiglia, ma il di pi veniva
barattato o venduto nei comuni vicini.
In C. Iannini si
legge: Quantunque vero sia ancora che (Maratea) non produce n generi cereali a sufficienza per la popolazione in
numero di circa anime 5.000, (...) non di meno vero altres che, non
derivando la felicitazione di una popolazione allabbondanza di un genere solo,
ben vero da molti, con uno o con pi dei quali, procurare si puole e commodamente quello
che manca; ne siegue, che in Maratea in
Basilicata i suoi naturali sono al sommo felici,
contenti e beati7 e altrove lo stesso autore, nel parlare
dellabbondanza dei prodotti della terra, ribadisce come gli stessi venivano
largamente venduti nei paesi vicini.
Maratea era ancora il territorio di
transito per merci in arrivo o in partenza e il contatto con gente proveniente
da altre aree, come sempre stato, facilitava lo scambio delle idee favorendo
levoluzione dei costumi della collettivit locale.
Limportanza di tale attivit
commerciale era lo spunto per proporre nel 1858, dalle colonne della
Rondinella, giornale Napoletano, la costruzione di un porto commerciale nel
comune e in rapporto a tale attivit troviamo sul
territorio buone locande con ottimi letti ed attenti servi.
In conseguenza di tale attivit, C. Iannini, ottimo testimone della realt di Maratea tra il
700 e l800 scriveva: La moneta
in commercio a Maratea tra tutte le classi della popolazione, quale moneta
negli altri paesi si ritrova solo presso i ricchi proprietari.
Con la moneta
molti riuscivano a studiare per cui abbastanza cospicua sar la
presenza sul territorio di professionisti di varia umanit, e con essi si verr
a completare quella larga fascia sociale, raro esempio nella regione, detta
appunto Ceto medio, che servir ad attutire il contrasto tra
il nobile, il povero e il clero, e far della comunit di Maratea una societ
laboriosa e pacifica.
Proprio la presenza di un largo ceto
medio, sempre presente, eviter che a Maratea si vengano a creare quei motivi
di odio e di rivolta che abbiamo visto
presente nelle altre aree precedentemente prese in esame, ma anche sar
lelemento che far confluire sulla linea di un costante progresso tutte le
attivit delle varie componenti sociali.
Intorno al 1880 a Maratea vi
furono scuole comunali oltre che scuole private,
si continuarono a migliorare i servizi sociali e la viabilit, e a cavallo tra
l800 e il 900 abbiamo la comparsa di circoli ricreativi con sale di biliardo e
listituzione di una banca cooperativa.
Siamo ancora allinizio del secolo,
quando dopo alterne vicende, veniva aperto
listituto de Pino, Matrone Iannini per
leducazione delle ragazze.
Tale istituzione fondata nel 1730, era
stata quasi sempre adibita alla formazione
delle giovani ragazze di Maratea, e a tale scopo G. Murat, volendo riordinare nel suo regno listruzione
pubblica delle giovani, concesse allistituto il convento del Rosario,
appartenente prima della Repubblica Partenopea ai Padri Minori Osservanti, 16
luglio 1810.
Nel 1867, il 6 ottobre, tale istituto veniva riconosciuto come ente morale non colpito dalla
legge di soppressione del 1866.
Trovo questa ultima
annotazione storica di particolare importanza perch espressione di una certa
attenzione rivolta alla educazione e formazione delle giovani, non certo comune
nelle nostre aree.
Leducazione di tanti decenni,
snodatesi con armonia, tra tanta attivit e tanti interessi ha fatto della
comunit di Maratea, una comunit educata al gusto del bello, pronta ad
amalgamare il vecchio col nuovo, in un divenire continuo di progresso,
testimonianza questa, di una societ, nel corso dei decenni, sempre dinamica e
viva, non scheletrita da una emigrazione di
massa, n abbruttita da ristrettezze economiche, pur presenti, in taluni
periodi e in determinate fasce sociali. A tale comunit si deve la conservazione e linnesto nella realt di oggi
di un centro storico, gioiello di architettura spontanea, dove ci che
conta, pi che il singolo edificio latmosfera globale che si lentamente e
sapientemente creata 6 in armonia e in dialogo
con il paesaggio, nella luce di una costante e serena evoluzione storica che si
evidenzia nella stratificazione edilizia, con le sue torri, con i suoi
campanili, con i suoi monumenti e con la sua silenziosa umanit; a tale
comunit si deve la conservazione del nostro patrimonio costiero e di tutto il
territorio, mai deturpato, per il passato da espressioni architettoniche
indiscrete, e oggi da grossi fenomeni speculativi, cos come accaduto nei
paesi vicini.
Nel 1957, questa comunit, caratterizzata
da tale non comune senso di civismo, in concomitanza allarrivo di un
imprenditore industriale del nord, fu presentata come una comunit di
primitivi, nemici, come tutti i meridionali del sole e dellacqua,
dellaria aperta e della natura, a cui preferiscono
quella del caff dove si aggrumano come mosche e dove
i vari cittadini, per una fame di generazione, presentano scavati, sotto gli
zigomi, due buchi.
Traspare da quegli articoli il
preconcetto secolare e sprezzante di una mentalit post-unitaria, incapace
di recepire il patrimonio storico altrui, e
la mentalit vanesia di chi, volle essere presentato, alla comunit nazionale,
quale novello Vasco da Gama, scopritore di lande
desolate e incivili.
E con lindustriale vengono anche le
prime industrie, e con i primi stipendi vengono anche le prime beffe e le prime
speculazioni a cui la nostra societ, pulita
come il suo sole e il suo mare non era abituata. Ma questa
storia dei nostri giorni, piena di speranze e delusioni, tutte metabolizzate
e superate con dignit e saggezza antica.
Dalla storia del passato abbiamo visto,
come levoluzione della nostra collettivit si svolta senza particolari
traumi, necessario che tale processo organico continui nel futuro, e che ad un progresso economico ed evolutivo dei costumi,
corrisponda una evoluzione mentale e culturale, onde evitare, come capitato
altrove, la lievitazione di quei fenomeni violenti conosciuti come espressione
di disadattamento alla vita di oggi.
compito dei futuri amministratori
fare in modo che levoluzione di domani sia in rapporto, cos come per il
passato, con le capacit recettive e culturali della gente, per continuare a
farne i protagonisti e non gli spettatori della loro storia.
Ed proprio questa preoccupazione che
mi ha spinto ad analizzare da un punto di vista socio economico loriginale
evoluzione della nostra collettivit, raffrontandola con aree Lucane e con il
vicino insediamento di Tortora, a noi confinante e posto in analoghe condizioni
geografiche, senza spirito di campanile e senza nulla voler togliere a quella
civilt contadina sviluppatasi pienamente altrove.
Questo protagonismo di secoli, un
dato di fatto che chi ci amministra deve tenere ben presente, consapevole che
si pu essere sudditi anche perch emarginati dalla
dinamica evolutiva della storia.
Questo scritto, a mio giudizio, deve
rappresentare linizio di un modo nuovo, e non cronistico, di leggere nei fatti
della nostra comunit, deve rappresentare linizio di un metodo nuovo di
analisi, perch dallo studio analitico delle proprie origini e delle realt
contemporanee, si possono costruire concreti programmi di sviluppo futuro.