Dal libro di Sergio De Nicola:
Maratea … parliamone ancora
Il
Beato Angelo d’Acri
sconvolgente esperienza di fede e di
emozioni collettive
Dalle
luminosità delle sue contrade, dalle sue numerose chiese, dai suoi conventi
sparsi sul territorio, si è sempre levato collettivamente a Maratea l’inno
della fede: inno di speranze appena sussurrate, inno
appagatore di ansie c tormenti.
Tra questa
collettività hanno sostato alcuni religiosi, raro esempio di virtù cristiane.
Trovo giusto che nel raccontare di
Maratea, al di là delle proprie convinzioni di fede, anche di essi si parli,
avendo alcuni inciso particolarmente sulla religiosità del nostro popolo.
Vi è ancora
chi con commozione ricorda la serva di Dio Suor Maria Teresina Zonfrilli, figura introversa e meditativa che più volte ha soggiornato, negli anni venti, nell’ex convento dei Cappuccini,
dimora delle Suore di Nostra Signora al Monte Calvario; o le ispirate omelie di
don Pirro Scavizzi, di cui è in corso la causa di
beatificazione, tenute nel convento De Pino, fra le stesse Suore, nel 1955.
Particolare
importanza, però, ha significato per Maratea nel settecento la presenza della
figura del Beato Angelo d’Acri cappuccino: personaggio semplice, suscitatore
di emozioni e di esperienze di fede collettiva, protagonista di una ampia fenomenologia miracolistica, tanta da suscitare
verso la sua persona la venerazione di tutto il popolo, che non ha esitato
globalmente a dichiararlo santo.
Il Beato
Angelo, al secolo Luca Antonio Falcone (1669-1739), ha largamente esercitato
tra il popolo di Maratea la sua capacità di predizione e di operare guarigioni
miracolose; durante le omelie e funzioni religiose, andando in estasi, lo si vide elevarsi dal suolo, operando quel fenomeno largamente
conosciuto in parapsicologia col termine di lievitazione.
L’insieme di
tali fenomeni rea1izzò nel popolo di Maratea quel processo che, partendo da una esperienza emozionale individuale, si condensò poi collettivamente
sulla persona che predicava, che profetizzava, che manifestava esperienze
estatiche, creando le basi per un culto di massa profondo e duraturo.
Dopo il quaresimale del 1712 partecipò più volte negli anni seguenti a missioni popolari e,nel 1736, il frate calabrese predicò un secondo quaresimale a Maratea nella parrocchia di Santa Maria Maggiore, ospitato nel locale convento dei Cappuccini.
Il padre
Bernardo da Marsico, abitante all’epoca nello stesso convento, nella sua
deposizione giurata del 17 novembre 1745, testualmente si esprime: Essendo venuto nell’anno 1736 il servo di
Dio Padre Angelo d’Acri a predicare il corso quaresimale,
sentivo la fama di esso tra il popolo, che l’acclamava per Santo, vedendolo
andare in estasi ed altri prodigi; fu invitato a fare una predica al Castello
in onore di San Biase, nella chiesa ove di continuo suole scaturire la santa
Manna (ma il fenomeno non si vicava da oltre
sessanta anni). Vi
andò esso servo di Dio e nel mentre predicava andò in estasi, e nello stesso
tempo si vide miracolosamente, da tutto il popolo, scaturire
Il
cappuccino frate Celestino da Ferrandina, anch’egli
presente in Maratea, tra l’altro testimonia: La signora Caterina Remida, dopo essere stata
più mesi invalida a camminare, fu portata da altre donne alla presenza del suddetto
servo di Dio il quale, segnandola col solo segno della Croce, la prese con le
mani e le comandò che avesse camminato, come di fatto seguì e in quello stesso
istante camminò liberamente e sciolta d’ogni male e stiede
bene; nel qual portento io Padre Celestino ero presente.
Suor Chiara Maria Seconda, professa e portinaia nel convento
delle Religiose Salesiane, racconta la predizione del Beato Angelo della morte imminente di un suo avo, puntualmente avvenuta.
Donna Teresa
Grillucci parla di un suo figliuolo
di circa un anno ormai in punto di morte, tornato improvvisamente alla vita per
essergli stata applicata la cartella dell’Immacolata, inviata dal Beato
Angelo tramite il signor Giangiacomo Iaconiano,
sindaco della Città.
Il racconto
dei prodigi potrebbe continuare, poiché ne accaddero
tanti! Tali eventi avvengono mentre nel lagonegrese ed anche a Maratea, per le
sue visite al santuario di San Biagio, comincia ad aleggiare la fama di santità
del cappuccino frà Nicola
Molinari da Lagonegro, vescovo di Sala e Ravello. É chiaro comunque che il
popolo di Maratea venera in vita il frate di Acri e lo continuerà di più dopo
la sua morte, tramandandone il ricordo e la fede per molte generazioni.
Beatificato
da Leone XIII il 9 dicembre 1825, i nostri antenati vollero dedicare al Beato
Angelo un altare nella Chiesa del Convento cappuccino dove
fu ospitato, con una sua statua lignea a busto intero, tutt’ora esistente.
Negli ultimi
decenni il culto per il Beato Angelo a Maratea è andato scemando sempre più,
fino ad arrivare alle ultime generazioni che ne ignorano completamente la sua
mirabile figura.
A me è piaciuto ricordarlo perché il Beato Angelo d’Acri ha rappresentato una pagina Viva nella vita di fede della nostra comunità divenendo per oltre due secoli, insieme a San Biagio, patrono della città, il tesoriere di quelle ansie, di quelle gioie, di quelle pene più vere appena sussurrate dei nostri padri.
Da “Il Beato Angelo” Settembre 1988