Maratea: la
fotografia di Biagio Calderano
attento
testimone della vita e dei costumi del secondo novecento
… … e scorrono
fra le mie mani, in una lunga teoria di colori, di volti, di episodi di vita
vissuta, le numerosissime foto con le quali Biagio Calderano (16.03.1948) da
oltre otto lustri documenta con passione la vita di Maratea.
Sono foto
scattate con amore, con grande senso del gusto, talvolta sottolineate
da quella sottile e affettuosa ironia che può cogliere solo chi, nato e vissuto
in un determinato ambiente, ne conosce la poesia dei luoghi, i personaggi che
li hanno animati e i fatti che vi sono accaduti.
E la mia sete di
immagini si alimenta sempre di più perché in esse non solo si confondono
gli anni della mia vita, ma emergono anche con alto valore documentaristico,
gli elementi culturali di una intera comunità.
Ecco allora che, in una aurora di azzurro, di verde, tra mille sfumature di
luce, riprendono vita volti di un tempo, ruderi del nostro antico passato,
angoli di case e familiari stradine dove, da tempi lontani, è stata scritta e
vissuta la nostra piccola grande storia di paese.
Il silenzio, poi, che è sovrano signore
in alcuni rioni del nostro centro storico, traspare e parla attraverso le foto
e sembra raccogliere sospiri e sentimenti che ne hanno impregnato ogni angolo
come quel fumo che, vomitato da artistici comignoli, con larghe volute
irriguardose di ogni barriera, si spande su un poetico gioco di tetti a
testimoniare la sacralità di una unione familiare
intimamente vissuta.
Nelle foto di Biagio Calderano si
riflettono modi e suggestioni di una civiltà, la sua evoluzione, i suoi
atteggiamenti, offrendo una documentazione comparata dell’evolversi o
dell’involversi del nostro sistema di vita e del
nostro gusto.
Esse, dunque, pur in mille
inquadrature diverse, coerentemente confluiscono nell’unico grande
caleidoscopio della nostra pur breve esistenza e, se prese con serietà ed amore, ricompongono ciò che resta della nostra storia
collettiva ed individuale.
Ecco dunque ampiamente documentati
riti e feste cittadine dove, oltre alla testimonianza di antiche tradizioni,
pulsa la fede, la gioia dell’incontro e della partecipazione collettiva, ecco
familiari crocicchi di persone impegnate in animate conversazioni o i numerosi
negozi che, nei giorni di festa o nei periodi estivi, come le piume di un
pavone, espongono, in un allegro susseguirsi di colori, tutto ciò che può
attrarre la fantasia e la curiosità di eventuali compratori.
Le immagini di oggi si confondono
con quelle di alcuni decenni fa, si coglie perciò, attraverso l’abbigliamento,
i costumi, le nuove realizzazioni, il mutare della nostra società; si rivivono
episodi e storie di gioia e di dolore, immagini di volti dimenticati divenuti
però cari per la loro operosità o per la loro originalità.
Particolarmente meritevole è poi
l’inventario fotografico di monumenti, antiche fontane, chiese, statue,
affreschi che nei secoli hanno arricchito il territorio.
Grazie alla sensibilità artistica
e professionale di Biagio Calderano si può ricostruire dunque l’evolversi della
pietà popolare della nostra comunità e potremo continuare ad ammirare grazie
alle sue foto o per via telematica1, se non precocemente restaurati,
i numerosi affreschi che arricchiscono i romitori e le tante cappelle
disseminate lungo i vecchi percorsi pedonali, ora in costante e grave degrado.
Il fremito di tanta vita non
poteva che confondersi e immergersi nell’incanto di un panorama dove notturni,
armonia, evanescenze, ombre vellutate, con l’alito delle loro brezze parlano al
cuore divenendo generatrici di quel canto interiore cha dà leggerezza
all’essere e lo assimila all’armonia dei colori e della luce.
Anche il tempo sembra fermarsi di
fronte a tanto incanto:
scia luminosa di sole
lontano e vicino:
due barche vi
si immergono
scompaiono,
riaffiorano
lente,
ferme nella
luce.
Fermo è il tempo sull’azzurro2
Questa sensazione
di estatica immobile solarità liricamente espresse
dalla poetessa Maria Antonietta Mordente, traspare viva dalle foto di Biagio
Calderano: esse parlano e cantano come le vecchie cartoline sonore degli anni
’50.
In esse parla e canta il mare ora
con la sua spuma, ora con il suo respiro sonnolento e sornione; parla e canta
con i suoi scogli inchiodati in un mare d’argento sotto i riflessi della luna,
parla e canta con i suoi tramonti dalle mille sfumature mentre su di esso
s’inchina
il cielo in un pulviscolo d’oro3.
Da “Il Sirino” Aprile 2004
1http.//www.calderano.it
2Luminosità-
Maria Antonietta Mordente- Un messaggio nel silenzio- Osanna- Venosa 1996
3Crepuscolo
sul mare-idem