La villa comunale di Maratea
Fulgore e degrado di
un monumento
Sono alti, robusti, i
pini e le querce della villa comunale Cardinale Gennari di Maratea.
Sono protesi in alto,
verso l’infinito, con il loro verde intenso che netto si staglia nell’azzurro
del cielo.
Sono lì, come in
preghiera, per scuotere l’indifferenza degli uomini che, con la loro incuria,
hanno ridotto, negli anni, il luogo in un totale degrado; sono i soli, che con
la loro vigoria, affrontando le intemperie della natura e del tempo, ricordano,
oggi, la dignità del luogo che sacrifici di amministratori e di cittadini, un
tempo, vollero bello in una esplosione di giochi di
acqua, di luci e di fiori.
Fu Biagio Vitolo a
volere per il suo paese, appena rieletto sindaco di Maratea nel 1952, un’area
di verde attrezzato, prospiciente il centro storico, sito in luogo ameno e
soleggiato, da dedicarsi ad uno dei più illustri figli
marateoti: il Card. Casimiro Gennari.
Inesistenti erano i
fondi per la sua realizzazione, ecco allora che, individuata l’area,
l’amministrazione civica del tempo chiede ai proprietari: Marchesa Malvezzi ved. Marini e figli, eredi del
Cardinale, la donazione del suolo al comune che prontamente viene concessa con
atto notarile del 7.12.1952.
Un terreno accidentato
e roccioso viene così trasformato in una ridente area di incontro
dove, alle aiuole ricche di fiori, in un ampio spazio reso pianeggiante, si
alternano speroni di rocce con grotte, viuzze, giochi di luce e acqua rendendo,
così, ancora più suggestiva, dai vari terrazzamenti, la visione di un panorama
dagli scenari molteplici e infiniti.
Il tutto viene realizzato, con quella stessa saggezza antica che ci
ha regalato l’incanto dei nostri centri storici, da muratori e lavoratori della
pietra rispettosi delle emergenze della natura e che rendono perciò, ancora
oggi, nonostante il totale degrado, la villa comunale di Maratea come una delle
più belle e originali esistenti nel territorio.
Alla Provincia si deve
la costruzione del suo muro di cinta, al contributo della Prefettura la
possibilità di assumere operai per la sua costruzione, ma anche la comunità
locale non fu assente:
partecipò alla sua edificazione sostenendo, tra l’altro, le spese
per realizzare tutto il sistema idrico, l’impianto di illuminazione e
l’acquisto di piante e fiori.
In meno di sei mesi di alacre lavoro la roccia fu trasformata
in un ridente giardino.
Il 16 agosto 1953 Maratea tutta partecipò alla sua solenne
inaugurazione alla quale presenziarono, tra l’altro,
S. E. Mons. Federico Pezzullo, i familiari del
Cardinale, autorità della Provincia e rappresentanti politici.
Al discorso del sindaco, come si legge nelle memorie di
Biagio Vitolo, seguì quello del Vescovo: il
suo dire fu l’apoteosi del cardinale, della sua vita e delle sue opere.
Parlò poi l’ing. Francesco Fontana, a nome della gioventù
cattolica di Maratea; non mancò la poesia del nostro cantore Pasquale Epifanio Iannini e quella dell’allora studente Franco Sisinni, musicata dal Prof. Massimino Vernucci.
Il maestro Biagio Schettino, nel suo giornale Vita Nuova del settembre 1953 così, tra
l’altro, descrive il festoso pomeriggio di quel 16 agosto: “La banda cittadina prestò servizio per
l’intero pomeriggio. In serata vi fu poi una spontanea
manifestazione di popolo che incolonnato con in testa la banda musicale e molti
componenti l’amministrazione comunale, si portò fin sotto la casa del sindaco
per esprimergli la sua devozione e, rilevatolo, ripercorse le vie del paese tra
gli applausi entusiasti e sentiti”.
Il 18 settembre 1966 la villa comunale si arricchisce del
busto marmoreo del Col. Alessandro Mandarini che difese nel
1806 Maratea assediata dai francesi. I suoi occhi, nel loro candore di
pietra, fissi verso l’infinito, sembrano ammonire quelle mani vandaliche che
ne sfregiarono gratuitamente il viso e sono atto di
accusa per le nostre generazioni poco rispettose della propria storia e della
propria cultura.
Ho ripercorso in questi giorni i tuoi viali che mi videro
spensierato e felice nei primi anni della mia fanciullezza.
Quanta tristezza nel ripercorrerli oggi tra la desolazione
dei sedili divelti, di cumuli di rifiuti e tra le sue aiuole incolte e deserte,
dalle quali, testardo, a testimonianza della dignità di un tempo, sopravvive
solitario qualche piccolo e legnoso elemento di siepe.
Ho avuto sentore che un gruppo di ragazzi, quelli della Iª B e della Iª C della scuola media di Maratea, con i
loro insegnanti (M.A. Cortese, M.R. De Nicola, G. Di Mauro) in questi mesi ti
porteranno, con la forza della loro giovinezza e del loro entusiasmo, la loro
solidarietà con l’impegno a stimolare chi di competenza a ricordarsi della tua
esistenza. Accoglili, come accogliesti noi, suscitando
in essi l’amore e il rispetto per la storia, la natura e tutte le cose belle.
Da “Il Sirino” novembre 2001