Dal libro di Sergio De Nicola:

Maratea … parliamone ancora

La villa comunale di Maratea

Fulgore e degrado di un monumento

 

Sono alti, robusti, i pini e le querce della villa comunale Cardinale Gennari di Maratea.

Sono protesi in alto, verso l’infinito, con il loro verde intenso che netto si staglia nell’azzurro del cielo.

Sono lì, come in preghiera, per scuotere l’indifferenza degli uomini che, con la loro incuria, hanno ridotto, negli anni, il luogo in un totale degrado; sono i soli, che con la loro vigoria, affrontando le intemperie della natura e del tempo, ricordano, oggi, la dignità del luogo che sacrifici di amministratori e di cittadini, un tempo, vollero bello in una esplosione di giochi di acqua, di luci e di fiori.

Fu Biagio Vitolo a volere per il suo paese, appena rieletto sindaco di Maratea nel 1952, un’area di verde attrezzato, pro­spiciente il centro storico, sito in luogo ameno e soleggiato, da dedicarsi ad uno dei più illustri figli marateoti: il Card. Casimiro Gennari.

Inesistenti erano i fondi per la sua realizzazione, ecco allora che, individuata l’area, l’amministrazione civica del tempo chiede ai proprietari: Marchesa Malvezzi ved. Marini e figli, eredi del Cardinale, la donazione del suolo al comune che prontamente viene concessa con atto notarile del 7.12.1952.

Un terreno accidentato e roccioso viene così trasformato in una ridente area di incontro dove, alle aiuole ricche di fiori, in un ampio spazio reso pianeggiante, si alternano speroni di rocce con grotte, viuzze, giochi di luce e acqua rendendo, così, ancora più suggestiva, dai vari terrazzamenti, la visione di un panorama dagli scenari molteplici e infiniti.

Il tutto viene realizzato, con quella stessa saggezza antica che ci ha regalato l’incanto dei nostri centri storici, da muratori e lavoratori della pietra rispettosi delle emergenze della natura e che rendono perciò, ancora oggi, nonostante il totale degrado, la villa comunale di Maratea come una delle più belle e originali esistenti nel territorio.

Alla Provincia si deve la costruzione del suo muro di cinta, al contributo della Prefettura la possibilità di assumere operai per la sua costruzione, ma anche la comunità locale non fu assente:  partecipò alla sua edificazione sostenendo, tra l’altro, le spese per realizzare tutto il sistema idrico, l’impianto di illuminazione e l’acquisto di piante e fiori.

La Casa Lucana, organizzazione commerciale operante all’epoca a Maratea, donò sedili ed altro materiale per arredo, e grazie ad un’offerta di S.S. Pio XII fu realizzato a Pietrasanta di Lucca, dallo scultore Armando Battelli, il busto del Gennari, che un tempo accoglieva il visitatore con il candore del suo marmo.

In meno di sei mesi di alacre lavoro la roccia fu trasformata in un ridente giardino.

Il 16 agosto 1953 Maratea tutta partecipò alla sua solenne inaugurazione alla quale presenziarono, tra l’altro, S. E. Mons. Federico Pezzullo, i familiari del Cardinale, autorità della Provincia e rappresentanti politici.

Al discorso del sindaco, come si legge nelle memorie di Biagio Vitolo, seguì quello del Vescovo: il suo dire fu l’apoteosi del cardinale, della sua vita e delle sue opere. Parlò poi l’ing. Francesco Fontana, a nome della gioventù cattolica di Maratea; non mancò la poesia del nostro cantore Pasquale Epifanio Iannini e quella dell’allora studente Franco Sisinni, musicata dal Prof. Massimino Vernucci.

Il maestro Biagio Schettino, nel suo giornale Vita Nuova del settembre 1953 così, tra l’altro, descrive il festoso pomeriggio di quel 16 agosto: “La banda cittadina prestò servizio per l’intero pomeriggio. In serata vi fu poi una spontanea manifestazione di popolo che incolonnato con in testa la banda musicale e molti componenti l’amministrazione comunale, si portò fin sotto la casa del sindaco per esprimergli la sua devozione e, rilevatolo, ripercorse le vie del paese tra gli applausi entusiasti e sentiti”.

Il 18 settembre 1966 la villa comunale si arricchisce del busto marmoreo del Col. Alessandro Mandarini che difese nel 1806 Maratea assediata dai francesi. I suoi occhi, nel loro candore di pietra, fissi verso l’infinito, sembrano ammonire quelle mani vandaliche che ne sfregiarono gratuitamente il viso e sono atto di accusa per le nostre generazioni poco rispettose della propria storia e della propria cultura.

Ho ripercorso in questi giorni i tuoi viali che mi videro spensierato e felice nei primi anni della mia fanciullezza.

Quanta tristezza nel ripercorrerli oggi tra la desolazione dei sedili divelti, di cumuli di rifiuti e tra le sue aiuole incolte e deserte, dalle quali, testardo, a testimonianza della dignità di un tempo, sopravvive solitario qualche piccolo e legnoso elemento di siepe.

Ho avuto sentore che un gruppo di ragazzi, quelli della Iª B e della Iª C della scuola media di Maratea, con i loro insegnanti (M.A. Cortese, M.R. De Nicola, G. Di Mauro) in questi mesi ti porteranno, con la forza della loro giovinezza e del loro entusiasmo, la loro solidarietà con l’impegno a stimolare chi di competenza a ricordarsi della tua esistenza. Accoglili, come accogliesti noi, suscitando in essi l’amore e il rispetto per la storia, la natura e tutte le cose belle.

Da “Il Sirino” novembre 2001

 

 

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