Dal libro di Sergio De Nicola:
Maratea … parliamone ancora

Attese e vissute ricorrenze religiose a Maratea

La religiosità espressa sin dai tempi più antichi dai marateoti è stata particolarmente ricca, sia nell’accettazione e diversificazione dei culti sia nella particolare ricchezza degli atti devozionali.

Lo dimostrano l’ambiente favore­vole che i monaci basiliani trovarono per il loro insediamento, tra i nostri antenati, le numerose edicole, chiese, conventi, romitori e grotte adibite al culto, diffuse su tutto il territorio.

La stessa toponomastica, le numerose congreghe e i tanti sacerdoti nati e vissuti nel nostro paese, specialmente nei secoli scorsi, ne sono una ulteriore testimonianza.

L’elemento unificatore della religiosità popolare è stato il culto verso San Biagio, le cui  ossa del sacro torace, nel 736, giunsero, secondo la tradi­zione, a Maratea. San Biagio, da allora, è diventato l’elemento catalizzatore di tutte le gioie, le angosce individuali e collettive dei marateoti.

A Lui, come un padre e un amico, ci si rivolge singolarmente e collettivamente.

Gli si chiede protezione su tutto, per un parente ammalato, per una partenza, per invocare la pioggia, per difendere la comunità dalle incursioni, un tempo dei pirati, o dai danni della guerra poi.

E le preghiere, le tante preghiere. escono dal cuore, con una commozione che si estrinseca negli occhi inumiditi della gente, e salgono globalmente al cielo, come i fumi delle numerose lampade votive offerte dai fedeli.

Non vi è casa dove l’immagine di San Biagio non trovi il suo spazio, dove un fazzoletto imbevuto di manna non venga gelosamente custodito, non vi è marateota che nel momento del dolore e del bisogno non stringa sul suo cuore sofferente l’immagine del Santo.

E a Lui, su in cima al monte, si corre da secoli a piedi scalzi, singolarmente o in processione orante, con le cosiddette cinte sul capo per implorare e ringraziare.

Non a caso, con particolare intensità, vengono celebrati i festeggiamenti del Santo: qui il sacro, misto al profano, riesce a creare un’atmosfera emozionale che si percepisce nelle invocazioni collettive dove ogni singolo, diventato popolo implorante, affida tutto se stesso al Protettore, al Patrocinatore di tutte le grazie; ciò sia nella festa canonica del Santo che ricorre il 3 febbraio sia a maggio, per ricordare il ritrovamento dell’urna, con le ossa del sacro torace, sull’isoletta di Santo Janni, prospiciente la costa di Maratea, ivi posate secondo la tradizione, da un naviglio durante una furiosa tempesta.

Ritrovamento miracoloso, favorito dall’avvistamento di una particolare luminosità notturna, come mirabilmente descritto dal poeta marateota, Pasquale Epifanio Iannini, in un suo inno a San Biagio:

noi ti trovammo Amore

su uno scoglio marateese

chè mistico bagliore

nel tenebror s’estese.

 

Nei secoli scorsi, anche i cosiddetti quaresimali ai quali il popolo in tutta la sua globalità partecipava, si concludevano intorno alla sua Urna.

Famosi furono i quaresimali del 1786 predicati dal Beato Angelo d’Acri durante i quali si verificò in maniera particolarmente miracolosa il prodigio della Manna.

 Le pratiche devozionali si snodano durante tutto l’arco dell’anno nelle numerose cappelle e chiese, sparse sul territorio, dove si nota una esplosione di affre­schi.

Essi, oggi, custodiscono le tradizioni popolari del culto nella maniera più genuina ed integra.

Da essi traspare l’arte e la religiosità popolare più spontanea, essi testimo­niano storicamente l’evolversi di un mondo sociale complesso, dove comunque la devozione resta il cardine di tutta la vita.

Particolarmente diffusi gli affreschi dedicati alla Madonna, una Madonna particolarmente protettiva ed umana, mediatrice di tutte le grazie e tanti, tanti santi: San Biagio, San Vito, San Rocco, Santa Barbara, San Michele Arcangelo ed altri, il tutto, anche qui come richiesta di protezione psicologica e reale di fronte alla straordinaria presenza del negativo che si evidenzia nella vita quotidiana.

Ogni cappella ha, in genere, un suo altare, significato di propiziazione e di ringraziamento intorno al quale si compiono le ritualità di cui è stata sempre ricca ha cultura religiosa di Maratea.

Basta ricordare per tutti i riti di ringraziamento all’altare di Sant’Anna, dopo un parto ben riuscito, e le orazioni a Santa Brigida per intercedere una buona morte.

Abitini e santini, diffusi ampiamente tra la gente, rappresentano poi, l’intimizzazione e personalizzazione di una storia di fede individuale; rispondono al bisogno di protezione, di memorizzazione delle virtù e di privatizzazione della pietà come quelle rappresentate dal santo raffigurato.

Ricchi ne sono gli altarini pre­senti in ogni famiglia, confusi con i ritratti degli antenati, e su ogni altarino immancabilmente è la solita lampada votiva, a testimonianza di una profonda fede nell’ultraterreno.

E al suono delle zampogne e al canto delle ninne nanne, infine, nei giorni di Natale, sorgono numerosi nelle case private e nelle chiese, i presepi, che nella loro varietà, semplicità, mentre testimoniano devozione e amore verso Gesù Bambino, rappre­sentano anche l’anelito verso una società ideale, dove il lavoro, l’offerta dei doni e la concordia rappresentano i vincoli della comunità attenuandone i conflitti.

Da “Il Sirino” Marzo 1997

 

 

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