di
Aldo Fiorenzano
Facevo
parte di una cooperativa al Porto che si occupava di pesca e di assistenza
nautica.
Da
poco era finito il braccio di ponente del porto e i turisti vi portavano le
loro barche nel mese di luglio e di agosto.
Noi
ci occupavamo di assistenza nautica ed avevamo una bella gatta da pelare in
quanto il porto non era ancora sicuro e la risacca metteva a dura prova le cime
di ormeggio delle barche che sovente sbattevano contro la banchina
danneggiandosi.
Erano
gli anni ‘70, in pieno boom economico e al porto arrivavano i ricchi . Uno era da poco un nostro
cliente, aveva una barca non grande ma con due motori enormi che la facevano
diventare la più veloce del Porto. Già il fatto che a questo
signore piaceva correre ce lo rese subito simpatico, senza dire delle laute
mance che era solito dare. Ci facevamo in quattro per accudirlo e assecondarlo
perché aveva un modo così discreto ed educato nell’agire
che lo rendeva davvero speciale. Ringraziava per ogni piccolo favore ed il 15
Agosto non usciva in barca per rispetto delle nostre tradizioni e per non
creare ulteriore aggravio al nostro lavoro. Veniva però a salutarci e a
lasciarci una generosa mancia.
Maratea
piacque subito sia a lui che alla sua
Prima
Biagio e poi Michele si imbarcarono con lui andandoci anche in crociera. Io fui
chiamato da Michele una volta per andare a Gaeta a prendere la barca
dell’Ingegnere. Fu l’inizio di un lunghissimo feeling che mi ha
legato anche affettivamente a questa famiglia.
La
prima raccomandazione che l’Ingegnere ci faceva era quella che non ci
dovevamo far mancare nulla nel nostro soggiorno a Gaeta, dovevamo vigilare
affinché il cantiere facesse tutti i lavori richiesti sulla barca ,
soggiornare nel migliore albergo e pranzare nei migliori ristoranti. Nonostante
avesse varie segretarie ci seguiva personalmente e telefonicamente; lo dovevamo
aggiornare in continuazione. Con Michele prendemmo alla lettera tale
raccomandazione e ci siamo permessi dei lussi che ci facevano sentire degli
autentici nababbi. Andavamo a prendere la barca a giugno e la riportavamo al
cantiere alla fine di settembre e ogni volta che ciò avveniva era sempre
una bellissima avventura. Tre o quattro volte ho avuto il grande piacere di
andare in crociera con loro, alle isole Eolie e ad Amalfi.
La
prima volta che sono andato alle isole Eolie con loro abbiamo scelto la strada
lunga, costeggiando cioè fino a Vibo Valentia e poi tagliando per
Stromboli. Fu proprio a Vibo che l’Ingegnere mi fece capire quanto il denaro
potesse fare miracoli. Mi ormeggiai vicino la pompa di benzina per fare il
pieno di gasolio e ripartire subito per Stromboli. Stranamente non c’era
fila alla pompa e nessuno si avvicinò, capimmo subito che era chiusa.
Scesi e dissi al gestore che eravamo disposti a dare una buona mancia se ci
avesse procurato il gasolio. Purtroppo disse che era impossibile in quanto era
finito e solo il giorno dopo sarebbe arrivato.
Una cosa mancava spesso
all’Ingegnere, il tempo, aveva già prenotato tutto e questo imprevisto
sconvolgeva i suoi piani. Quando gli riferii ciò che il benzinaio mi
aveva detto, pensò un momento e poi disse alla moglie di passargli il
borsello perché voleva vedere se santo danaro facesse il miracolo.
Andò dalla stessa persona che mi aveva appena liquidato non lasciandomi
alcuna speranza di soluzione al problema e dopo un attimo di conversazione,
seguita dall’apertura del borsello con relativo prelievo di un congruo
numero di biglietti da L.100.000, abbiamo visto quel signore sgommare con un
treruote e dopo pochissimo tempo ritornare con due fusti da due quintali
cadauno di gasolio. Arrivammo a Lipari nel tempo previsto.
Era
agosto e il porto di Amalfi era pieno come un uovo: grandi barche sostavano in
terza fila. Sia l’Ingegnere che la signora non erano molto agili nel
salire sulla barca, volevano sempre che la scaletta fosse comoda e poggiasse
perfettamente perché quel tremolio della scaletta appesa gli dava
enormemente fastidio. Di sostare quindi in seconda o terza fila non se ne parlava
proprio. Fermammo la barca al centro del Porto e l’Ingegnere mi
pregò di scendere con il gommoncino e di andare a parlare col gestore
del Porto, un certo Aniello, pregandolo di trovargli un posticino in prima fila
per permettergli di scendere a terra; gli dovevo fare anche capire che sarebbe
stato molto riconoscente… … . Presi il tender e mi avviai verso il
molo, benché il gommone fosse piccolo ebbi difficoltà a
raggiungere la banchina, tanto era piena di barche. Ormeggiai e scesi, vidi un
signore tutto indaffarato che mi faceva segno di togliere il gommone
perché dava fastidio. Io gli dissi subito che cercavo proprio lui e gli
spiegai in maniera esauriente
Ogni
anno sulla barca facevamo il rito dell’armamento e quello del disarmo che
consisteva nel mettere e togliere la bandierina a prua, sempre la stessa per
molti anni anche se vecchia e logora e nel dotare la barca di ogni tipo di
comfort.
C’era
l’usanza di prendere un aperitivo davvero speciale, un nano ghiacciato con dentro il cassis, un liquore a base di ciliegia
molto aromatico che gli dava un sapore particolare e una voglia di berne tanto.
Bisognava però usare un’accortezza, mangiare prima dei tarallucci
o dei biscottini perché se si beveva a digiuno era un autentico pugno
nello stomaco, specialmente in navigazione. Una volta mi è successo e mi
sono rovinato la giornata rischiando addirittura una congestione.
All’ingegnere piaceva tanto e certe volte ci diceva di aumentare le dosi
aggiungendo in ogni bicchiere dell’altro nano e dell’altro cassis.
Spesso
d’estate vedevo la barca dell’ingegnere ormeggiata in qualche
baietta e facevo in modo che con la mia barchetta, per caso, mi trovavo a passare da quelle parti proprio per ottenere
l’invito a prendere l’aperitivo a bordo, cosa che puntualmente
avveniva.
Sia
lui che
Ogni
fine stagione l’ingegnere offriva una cena a tutta la cooperativa e agli
altri amici del porto, spesso prenotava in un ristorante di Massa, frazione
montana di Maratea e si raccomandava col gestore affinché ci procurasse
le migliori prelibatezze. Esordiva portando un regalino alla figlia del gestore, spesso si trattava di un orologio
di marca o altro dono comunque di valore. Inutile dire che il gestore aveva
un’autentica venerazione per l’ingegnere e gli metteva a
disposizione l’intero locale. Una sera aveva apparecchiato fuori il
loggiato per noi, ma essendoci un poco di venticello, alla signora Paola faceva
un po’ freddo: Non c’è problema disse il gestore e in un
batter d’occhio fece sloggiare da due tavoli dei malcapitati tedeschi e
subito ci fece trasferire dentro la sala,nella quale pendevano dal soffitto
salsicce e prosciutti sia di maiale che di cinghiale, capicolli, soppressate,
formaggi ed altri genuini prodotti della casa. Una volta ci fece trovare un
tavolo di funghi appena raccolti con degli ovuli e dei porcini di rara
bellezza. Quella sera li stupii davvero. Mi videro divorare una sperlunga
enorme di funghi porcini indorati e fritti. Nonostante la caratteristica del locale fosse la
genuinità dei prodotti cotti alla maniera tipica massaiola, quindi
semplice e rustica, il gestore spesso esordiva con delle particolari
prelibatezze: ci servì una sera delle ricottine ancora nel fuscello del
contadino con sopra polvere di caffè appena macinato. Ci siamo commossi
e ne abbiamo mangiato a dismisura. Noi, un po' curiosi e un po' preoccupati da
queste novità eravamo costretti a ingurgitare tutto per non offendere,
così diceva l’ingegnere, la buona volontà del gestore il quale,
come un falco controllava i nostri piatti e guai se lasciavamo qualcosa! Voleva
sapere perché non lo avevamo gradito.
Un altro
locale indimenticabile è stato il Sirio
un ristorante di Gaeta dove un vecchio cuoco, dentro una cucina a vista mi ha
mostrato l’arte del cucinare e mi ha detto che l’ ingrediente
principale di tutte le pietanze che preparava era l’”Amore”.
Memorabili i suoi tagliolini alla
Goffredo e una serie di formaggi tipici europei ad ognuno dei quali aveva
abbinato del miele particolare e del vino altrettanto tipico.
Purtroppo
un male incurabile in poco tempo ha condotto alla morte l’ingegnere e
dopo qualche mese, come spesso succede anche
Di
questa grande amicizia mi è rimasto un rammarico, quello di aver
ricevuto molto di più di quanto io sia riuscito a dare.
Grazie
ancora, ingegnere, per il privilegio di avermi incluso nella cerchia dei suoi
amici. Le persone ricche non mi sono mai state particolarmente simpatiche ma
Lei ha costituito una eccezione formidabile, ho provato per Lei lo stesso
affetto che provo per le persone più care della mia vita e non
certamente per le sue mance che pure sono state tante e laute ma per
Resta ancora una delle persone che più frequentemente mi fanno compagnia nel nugolo dei ricordi che scorrono nella mia mente ogni sera prima di addormentarmi.