di Aldo Fiorenzano
Mariuccia ‘i Rosa era la perpetua del Porto. Una donna
bassina, con i capelli bianchissimi, sempre vestita di scuro. Me la ricordo
anziana ma non invecchiò più, era sempre
Mariuccia,
Carmelina e Padre Salerno, parroco della Parrocchia del Porto, avevano in cura
spirituale tutti noi ragazzi, con loro abbiamo fatto la carriera di
chierichetti, prima Fiamma Bianca, poi Fiamma Verde ed infine Fiamma Rossa. In
genere la carriera di chierichetto finiva col Sacramento della Cresima, ma non
sempre.
Mariuccia ‘i Rosa era una presenza costante e silenziosa
nella Chiesa, occupava sempre il primo posto della fila di destra e restava
incantata nell’ascoltare le prediche che facevano i Missionari Oblati di
Maria Immacolata che venivano in occasione delle grandi Feste religiose. Uno di
questi la scandalizzò perché volle mangiare il pollo pur essendo
di venerdì, affermando che per loro missionari, quando erano in
missione, il digiuno del venerdì era sospeso.
Ogni
tanto imbucava una lettera alla posta, era una di quelle colorate che
indicavano la via aerea, diceva che
scriveva a suo fratello Antonio in America.
Un
bel giorno ecco comparire al Porto una persona con i capelli bianchissimi e
molto somigliante a Mariuccia, era proprio
Antonio’i
Rosa.
La
vita d’inverno al Porto è abbastanza triste e solitaria
perché siamo in pochi quindi ogni nuovo arrivo è particolarmente
gradito. Antonio ‘i Rosa parlava
una lingua italo-americana molto comprensibile ed aveva una grande voglia di
raccontare sia vicende del Porto che vicende della sua vita in America, a
Caracas e sull’isola Margarita, nei Caraibi. Lui aveva fatto il
contrabbandiere, nel senso buono del termine, comperava la merce
sull’isola che era porto franco per rivenderla a Caracas realizzando
discreti guadagni. Sapeva leggere e scrivere quando è partito per
l’America ed aveva fatto tanti mestieri. Aveva fatto anche una figlia con
una donna venezuelana, figlia che aveva più o meno seguito pur avendo
perso di vista la madre. Figlia scomparsa nel periodo di malattia di Antonio e
ricomparsa quando ha ereditato la casetta, giusto il tempo però di
venderla per poi scomparire di nuovo.
Anche
lui non aveva fatto fortuna in America ma aveva comunque condotto una vita,
fatta spesso di stenti ma che raccontava senza particolari rimpianti. Si era
integrato bene in America, aveva buoni amici coi quali si divertiva tanto.
Al Porto ci invitava spesso a mangiar
Soffriva
di gotta, l’acido urico gli faceva gonfiare le caviglie e spesso era
costretto a fare ferree diete per un periodo di tempo, ma appena le sue
condizioni di salute miglioravano ecco che ci invitava di nuovo a casa per
mangiare, spesso giocavamo anche a carte ma sempre intercalando bevute e
racconti.
Anche
per lui la pensione sociale fu una fonte di reddito che lo faceva stare bene e
diceva che lo Stato italiano, quello che gli aveva negato da giovane, almeno
glielo aveva reso da vecchio. Avendo una piccola ma garbata casetta, essendo
abituato a vivere in ristrettezze anche estreme, la condizione di pensionato
sociale la viveva senza alcun lamento anzi era contento.
Era
dotato di buona pazienza e noi ne approfittavamo per farci rimettere in ordine
le lenze che immancabilmente imbrogliavamo durante le pescate.
Un
malore agli intestini in poco tempo lo condusse alla morte.
Anche da lui ho ricevuto lezioni di vita e lo ricordo con grande simpatia, quando lo rivedo al cimitero mi provoca un sorriso velato di tristezza.