Dal libro di Sergio De Nicola:

Maratea … parliamone ancora

Il turismo, il lavoro e le tradizioni nella Monticchio degli anni Trenta

Iannini, odi da Sgarroni fino alle vette del Vulture

É con l’incanto del suo animo poetico che Pasquale Epifanio Iannini, partendo da località Sgarroni, dove nel 1936 era gerente postale, si accinge a raggiungere la grandissima croce posta sulla più alta delle sette cime del Vulture.

Lo accompagna in tale cammino, come scrive su Il Popolo di Roma il 21 luglio dello stesso anno, insieme al canto delle trebbiatrici quello della gente lucana del Vulture che gli inorgoglisce l’anima e gli ritempra lo spirito; gode in estatica contemplazione alla visione di quella bellezza georgica e pastorale che prorompe dall’armonia completa degli elementi pittorici locali... Folti rami di elci e di faggi si intrecciano come gallerie fantastiche, ... branchi di mansuete pecorelle sono disseminati lungo il dorso capriccioso del monte che degradando raccoglie con  graziosa arcata il piccolo lago che pare voglia afferrare la ferrigna roccia, nel quale è incastonata, come monile, l’antica e celebre badia di Monticchio.La sinfonia prodigiosa di colori, continua nello stesso scritto, ha la sua nota acuta nei due laghi, quasi dissimili l’uno dall’altro, perché l’uno più dell’altro carico di violento turchino. É una melodia espressa in colori, sono due grandi occhi che ridono di una grazia infantile.

Di fronte a tale visione l’autore intuisce la valenza turistica del posto e la ricchezza che da un suo organico sviluppo ne può venire per l’economia del luogo.

Plaude perciò, dalle colonne dello stesso giornale, a tutte le iniziative che posso­no favorire un flusso turistico verso Monticchio, come l’istituzione nel 1938, da parte della Saim di corse settimanali di autobus da Potenza e da Bari, all’apertura di strutture recettive, come l’albergo “La Casina ai Laghi” o l’ampliamento dell’albergo “Bagni” di Monticchio Bagni.

Al bivio Centotredici da questo magnifico belvedere mi è apparso poco distante, su un ricco costone di verde, il nuovo albergo ristorante Casina ai Laghi nella zona turistica di Monticchio ...aria di festa, intorno alla struttura in un clima di gaiezza mattinale, commisto alla più ‘splendida aurora e che indica l’evento dell’apertura al .pubblico della civettuola ed invitante costruzione.

Nello scritto poi Il canto di Monticchio Bagni pubblicato su Il Popolo di Roma nel settembre 1938, descrive la funzionalità del complesso termale con le terapie ivi eseguite e le caratteristiche terapeutiche delle varie acque minerali che il ricco sottosuolo vul­canico regala alla superficie.

Il tutto, costruito all’epoca nella tenuta Lanari, circondata da una parte da un suolo già pago dell’offerta del frumento dell’annata... e dall’altra da una tumultuosa ondata di intenso verde che si smorza a pochi passi dal complesso, intorno a giganti alberi ombrelliferi, che esaltano la sovrana bellezza della contrada nella nota dominante della più dolce quiete campestre.

Non vengono trascurate, onde favorire l’afflusso di turisti, la descrizione di avvenimenti mondani, come i ricorrenti trattenimenti danzanti che perfettamente armonizzano con l’atmosfera richiesta nei veri posti di villeggiatura... in locali allietati da magnifici apparecchi radio e dalle note di fisarmoniche suonate dal duo Basunno­-Sabatini e segnanti ritmi splendidi di una lunga va­rietà di danze o intrattenimenti all’albergo Casina ai Laghi come La giornata albanese (23 luglio 1939) organizzata con il patrocinio dell’ente provinciale del turismo di Potenza. In questi trattenimenti non venivano dimenticate le sue stornellate o le sue poesie, spesso declamate dall’allora tenente di vascello Donato D’Angelo.

Per una di tali occasioni scrive ancora: Uno stuolo veramente distinto di signorine hanno danzato con eletto brio sull’arieggiante terrazza della “Casina” al ritmo di scelta musica. Sui volti dei villeggianti si leggeva tutta la gioia che il fascinoso spettacolo della natura intorno offriva nell’amplesso voluttuoso della flora.

Anche il lavoro, le fatiche quotidiane assumono valenza lirica nei suoi scritti, la trebbiatura per la quale scrive il 25 luglio 1939 nella vasta campagna monticchiana vi è tutta una festa di motori che lasciano agguantare nella imboccatura delle trebbie una interminabile litania di biondi fasci di grano ... Festa della natura nella sua inimitabile bellezza coronata dal canto di brune villanelle ... o la vendemmia che già fa pregustare il dolce nettare della malvasia, il sapore del carezzevole moscato d’oro e il sanguigno, forte e aromatico aglianico che volgeranno poi al giubilo ogni forma di malinconia rinsaldando i petti nella più solidale e festosa amicizia.  Negli anni in cui Iannini ha soggiornato nella terra monticchiana, non ha trascurato nessun aspetto della vita locale: dalle battute di caccia, specialmente al cinghiale, ai vari aspetti della pietà popolare nelle varie ricorrenze religiose specialmente quella in onore di San Michele.

Il tutto sempre finalizzato a far conoscere ad un sempre più vasto numero di lettori le bellezze del luogo, la laboriosità, la cultura popolare di questa gente lucana, sperando che il tutto, e siamo negli anni trenta, possa essere di richiamo di un numero sempre maggiore di villeggianti.

 

 

 

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