Casa Lucana
originale esperienza
imprenditoriale degli anni ‘50
Un’organizzazione commerciale che stupisce ancora oggi
Correva il 1919 quando Antonio Cernicchiaro, nato
a Maratea nel 1903, approdò a Orizaba, in Messico, accolto da alcuni congiunti
che lo avevano preceduto.
Un innato senso dell’avventura e una spiccata irrequietezza, come lo
avevano spinto a fuggire gli angusti orizzonti del suo paese, così, in Messico
lo stimolarono presto ad abbandonare un lavoro poco soddisfacente e dalle
prospettive limitate.
Nel 1925 approdò, perciò, a Bogotà, capitale
della Colombia, fondandovi l’associazione ITALCASA, tuttora esistente.
Tale struttura, rivolta prevalentemente alla ristorazione e all’import-export, si impose subito sul mercato locale,
proponendo per prima, in quella realtà, tutte le peculiarità della cucina
mediterranea come dimostra il logo che da oltre settantacinque anni la
distingue.
Il Ristorante Internazionale e il Caffé Italia,
divenuti punti di incontro di politici, di artisti e
di amanti della buona cucina, diedero al Cernicchiaro
una buona disponibilità economica e nel 1948, affidata la sua creatura ad
Antonio Iannini, suo congiunto, ritornò a Maratea con
una liquidità di circa cento milioni che si aggiunsero ai vasti beni immobili,
acquistati nel suo paese, durante il soggiorno in America o avuti in eredità.
Ritengo doveroso ricordare quest’uomo per alcune sue intuizioni ed iniziative di carattere economico e turistico che ebbero
però la sfortuna di essere proposte o realizzate senza una reale conoscenza
analitica del tessuto economico-sociale a cui venivano rivolte e per di più
nell’immediato e difficile periodo post-bellico.
All’epoca, nella costa tirrenica del Golfo e in tutto l’entroterra del
lagonegrese, stentava a decollare quell’opera di ricostruzione socio-economica che caratterizzava le altre aree italiane.
L’assenza di qualsiasi tradizione industriale e la stagnazione di quelle
poche iniziative imprenditoriali a carattere artigianale ne avevano
ulteriormente impoverito il tessuto sociale.
La lontananza dai grandi centri, poi, rendeva difficoltosa agli
imprenditori locali più intraprendenti la conoscenza diretta, la fornitura e
l’assistenza tecnica di nuove metodologie produttive scoraggiandone ogni iniziativa.
In questa realtà, nel 1950, Antonio Cernicchiaro
fondò
Un fermento nuovo percorse le nostre comunità; anche nei paesi più
piccoli si ebbe la possibilità di conoscere concretamente quanto la nuova
tecnologia immetteva sul mercato.
Macchine da cucire e per maglieria dalle
versatili funzioni, nuovi materiali da costruzione e attrezzature per
l’edilizia e l’artigianato in genere permisero ai più intraprendenti di
iniziare una qualche attività lavorativa grazie anche all’azione promozionale
dei numerosi corsi di cucito, rammendo e di sperimentazioni di macchine
agricole e di interesse artigianale capillarmente organizzati su tutto il
territorio.
Per incentivare, poi, una motorizzazione
pressoché assente e facilitare le comunicazioni,
Grazie alla Casa Lucana, le
prime cucine a gas cominciarono gradualmente a soppiantare, nelle nostre case,
i tradizionali fornelli a carbone e i primi frigoriferi a rendere più facile la
conservazione dei cibi.
Apparecchi radio, grammofoni a manovella, in molte famiglie, stimolarono
nuovi momenti di aggregazione per l’ascolto di eventi
sportivi, di varietà e di serate danzanti allietate dal gracidante suono dei 78 giri dell’epoca.
Tutta questa attività era accompagnata da
un’enfasi propagandistica nuova per le nostre zone e sproporzionata alle
capacità di assorbimento del mercato locale.
Sin dal 1950 grande curiosità destarono le
elezioni, in alcuni paesi, delle miss Casa
Lucana mentre nelle nostre strade spesso si sentiva fischiettare il
ritornello di Un vero tesor nel quale si
esprimeva la gioia che suscitava tra le nostre mamme questa istituzione
commerciale nell’offrire i più moderni modelli della Borletti...
dai punti perfetti.
Vennero ampiamente distribuiti budget pubblicitari, apparvero sulle strade
cartelloni con slogan come Cercate
l’amico della Casa Lucana nel vostro comune, si promosse una capillare
campagna di stampa su quotidiani e periodici locali e si partecipò a fiere
campionarie come quella del 1950 tenutasi a Potenza, inaugurata dagli On.
Colombo e Marotta.
E così i primi elettrodomestici si iniziarono a
diffondere capillarmente fin nelle più sperdute contrade del territorio grazie,
anche, ad un sistema di vendite rateali basato principalmente sul semplice
impegno verbale dell’acquirente.
L’insolvenza dei più, dettata anche dalle precarie condizioni delle
famiglie, la difficoltà di un controllo diretto sulle attività delle numerose
succursali, per la carenza della rete telefonica e per
il pessimo assetto viario, portarono tale iniziativa, nel 1956, al fallimento.
Ma si deve anche alla Casa Lucana, durante la sua attività, il funzionamento
a Maratea di un moderno frantoio per la molitura delle olive, una campagna di
sensibilizzazione tra i marateoti emigrati nelle americhe
onde potenziare la strumentalizzazione sanitaria del
nostro ospedale, di cui A. Cernicchiaro fu presidente
dal 1948 al 1952, e la promozione sul territorio di escursioni turistiche come
quella del 10 aprile 1950.
In quel giorno, infatti, sul monte S. Biagio di Maratea si fecero
incontrare convivialmente gitanti giunti
da Lagonegro, Lauria, Sapri, Praia a Mare e altri centri circostanti per
far capire loro la straordinaria vocazione turistica del territorio e stimolare
i più intraprendenti ad avviare una attività volta in
tal senso, sull’esempio di quanto, nello stesso anno, il Cav. Biagio Vitolo,
con la fondazione dell’E.V.I.R.N.A. (Ente
Valorizzazione Riviera Maratea) aveva iniziato. L’originale e articolata
organizzazione della Casa Lucana rappresentò una moderna visione di
organizzazione commerciale, certo condotta con i mezzi del tempo, ma tuttora
validi; il suo ideatore, tra l’altro, intuì l’importanza delle campagne
pubblicitarie e sperò di far capire ai suoi concittadini che, per il decollo
del territorio, bisognava superar l’asfittica visione di una economia
chiusa, ristretta al piccolo negozio di quartiere o alla circoscritta influenza
territoriale di una qualsiasi attività artigianale.
Cernicchiaro capì, inoltre, che solo stimolando e favorendo attività lavorative
autoctone si sarebbe creata progressivamente nel tempo una graduale e solida
economia con relativo miglioramento del mercato e del tenore di vita degli abitanti.
Egli, senza essere un economista attuò un progetto che gran parte degli
studiosi di geografia economica considerano, ancora oggi, come l’unico valido
per una crescita economico-culturale di un qualsiasi territorio e che trova
nelle peculiari risorse ambientali, nel rispetto della sua cultura e delle sue tradizioni
l’unico momento per un progresso stabile e duraturo di una società depressa.
In questo suo disegno A. Cernicchiaro fu solo,
non capito dalla gente e dalle istituzioni che vedevano anzi, nella sua
attività, l’opera di un folle.
Nel 1953 calò a Maratea Stefano Rivetti con una pioggia di miliardi e di
protezioni politiche; con le prime buste paga migliorarono celermente le condizioni
economiche degli abitanti, ma si crearono, anche, quelle gravi contraddizioni
ampiamente denunciate dagli studiosi di quel tipico modello di sviluppo calato
dall’alto e che gli stessi definiscono come colonizzazione aristocratica.
Antonio Cernicchiaro fu uomo sognatore e
romantico; cercò a suo modo di vivacizzare e migliorare la stagnante condizione
di vita della gente della sua terra non comprendendo,
però, che da solo non gli sarebbe stato possibile affrontare la realizzazione e
la gestione di quanto aveva sognato e realizzato.
Morì, novantenne, nella locale casa di riposo, provato ma... non vinto.
Da “Il Sirino” Ottobre 2001