Dal libro di Sergio De Nicola:
Maratea … parliamone ancora

Un messaggio nel silenzio

Colori sentimenti affetti nella poesia di Maria Antonietta Mordente

Dice Neruda che la poesia è un’intuizione passeggera e solenne, nella quale solitudine, solidarietà, sentimento, speranza, intimità dell’uomo e segrete rivelazioni della natura emergono tra realtà e sogno unendosi e confondendosi tra loro.

Questa sintesi unificante mi sembra di leggere nella poesia di Maria Antonietta Mordente, infatti, quasi sempre, dopo una descrizione rapida ed essenziale del paesaggio, la poesia si interiorizza confondendosi e dando anima alla natura e alle cose:

Abbandonato pontile galleggiante

sospeso come la mia anima,

Vi attraccavano speranze,

progetti, illusioni, sogni.

Nel grigiore che ti avvolge

soffia gelida la tramontana.

Ma una ventata improvvisa

porta un raggio di sole.

Ed è proprio in quel raggio di sole, che si coglie il grande amore per la vita, non sempre benevola, dell’autrice, che si evidenzia ancor di più nel respiro di quell’acqua, elemento dominante della sua poesia, prima culla e rifugio dell’uomo, ma anche componente primaria ed essenziale della vita. Come nei canoni della poesia latina il mare le parla con le sue maree, con la sua schiuma che ne avviluppa il fisico e l’anima, con le sue capacità a scom­porre fra le onde la luminosità del sole al tramonto o della luna, quasi a decodificare e rendere più comprensibile l’arcano messaggio della vita ed intrecciarlo con quel richiamo di liquida dolcezza che spesso invade l’anima, inumidisce gli occhi, rigenera il cuore di quel pianto grande per dirla col Pascoli che poi riposa.

Grande è la capacità dell’autrice a cogliere l’impressione fugace e transitoria della luce, dell’atmosfera e dei sentimenti; di coagulare il tutto in quell’attimo fuggente, metafisico ed irrazionale, in cui l’essere perde la sensazione della sua materialità. Ed è solo in quel momento magico dell’estasi che gioia e malinconia diventano come una ca­scata, che inconsciamente travolge e stordisce permettendo di raggiungere la solarità non razionalmente esprimibile della misteriosa bellezza della vita:

Scendo al mare

ebbra di sole,

mi immergo nella calda scia luminosa

smemorata come un gabbiano,

con gli occhi socchiusi

verso l’azzurro.

Sento nelle narici il mare

col sapore della sementella.

E ancora:

Io sono alga cullata

fra intenso profumo di pini

smemorata nuvola

leggera e soffice

nell’azzurro infinito.

Si, bellezza della vita, compare anche nella descrizione del sen­timento più umano come quello dell’amore, dove il dono dell’offerta di sé, e una sensualità velata, ven­gono colti con un delicatissimo lirismo in quella genesi globale di vita rappresentata da:

Voli e ragnatele di api

sui fiori tremolanti del trifoglio

nell’offerta del polline.

O come, quasi in un quadro impressionista, in quel sorriso che:

... appariva e spariva,

ma­linconico e malizioso

come la luce tra i filari dei pioppi

irraggiun­gibile e lontano.

La stessa dolcezza espressiva che si risolve in immagini sempre rapide ed incantevoli, mai sovrac­cariche o troppo insistite, né soprattutto retoriche, leggiamo nella descrizione dei borghi lucani dove troviamo:    

Le porte una dopo l’altra

a fianco a fianco

come a resistere meglio

al vento del tempo e della vita ,

fino a scivolare dolcemente sul tema più caro ed esclusivo degli affetti familiari, come nel ricordo del padre, teorico dell’umanesimo internazionalista e proletario:

Sei lungo i binari del mondo, o padre mio,

sei sotto le chiome assordate da uccelli infiniti

sei accanto i rifugi dei poveri,

col cuore in tormentati ritorni.

o nel caldo ricordo degli ex alunni ai quali l’autrice ha tanto dato e che ora immagina con gli sguardi chini su bimbi appena nati, chiedendo loro di comunicarle l’emozione di generare una nuova vita. Il volume Messaggio nel silenzio edito in elegante veste tipografica da Osanna di Venosa, è un crogiuolo, dove sentimento, paesaggio, ricordi, nei versi di Maria Antonietta Mordente, diventano poesia, ma anche attualità sociale e denuncia come nell’ultima lirica della raccolta: Fabbrica del mio Sud, con la quale mi piace chiudere questo mio scritto:

Ruderi di fabbriche

frantumi di speranze

... ... ...

tetti sfondati di edifici attesi

venerati

... ... ...

rimane la pioggia

su ferri arrugginiti, pavimenti sconnessi.

Un operaio si sofferma sulla soglia di una di esse,

il suo piccino vorrebbe fare pipì

ma l’uomo ha ancora il coraggio di dirgli:

“non farlo, non profanarla anche tu”.

 

Da “Il Corriere del Giorno” 24 Giugno 1997

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